POLITICA E POTERE
I partiti, la Magistratura, gli 'scandali', da Argo1 a Rimborsopoli... Parla Fulvio Pelli: "Al Ministero pubblico spetta il ruolo di stabilire se c’è un reato oppure no. Punto e basta. E dovrebbe occuparsi di cose più importanti che delle beghe politiche”
L'ex presidente del PLR ed ex procuratore pubblico: "Oggi sempre più spesso fare politica si riduce a fare rumore, ad alzare i toni del confronto, a fare a gara a chi la spara più grossa, a sollecitare le sensibilità popolari, quando non anche il Ministero pubblico. I rimborsi dei ministri non sono stati regolamentati in modo corretto: va bene. E ogni dieci anni salta fuori questa storia, che però è di forma non di sostanza"
foto: TiPress/Gabriele Putzu
di Marco Bazzi

La tesi del direttore della Regione, Matteo Caratti, è:
(esecutivo e legislativo) nel disinnescare le tensioni, ha finito per chiamare a dirimere le controversie la magistratura inquirente (…). Il momento è grave perché si sta utilizzando la Procura per sanzionare comportamenti comunque politicamente ed eticamente molto discutibili, delegando ad altri poteri le proprie responsabilità”.

Fulvio Pelli è stato presidente del PLR, ticinese e svizzero, consigliere nazionale e procuratore pubblico.

Avvocato, condivide le riflessioni di Caratti e che cosa pensa dell’attuale situazione politica e dei vari “scandali” che dominano la scena, da Argo1 ai rimborsi spesa dei consiglieri di Stato?

“È molto semplice: il Ministero pubblico è obbligato a prendere posizione sulle segnalazioni che riceve. E a volte la politica, consapevole di questo obbligo, attua forme di opposizione o di battaglia che coinvolgono la magistratura inquirente. Anche se si tratta di casi che non hanno alcun fondamento penale. Ma questo è irrilevante per chi utilizza queste strategie”.

Forse perché se un procuratore indaga su fatti legati alla politica il caso assume un’eco e una rilevanza maggiori. Non crede?

“È chiaro che se c’è un’inchiesta penale, indipendentemente dal suo esito, il caso assume maggiore rilevanza politica e mediatica. Purtroppo oggi sempre più spesso fare politica si riduce a fare rumore, ad alzare i toni del confronto, a fare a gara a chi la spara più grossa, a sollecitare le sensibilità popolari, quando non anche il Ministero pubblico...”.

Però nel suo primo decreto di abbandono, firmato settimana scorsa, il procuratore generale John Noseda non ha lesinato severi giudizi al Governo per come ha gestito la questione dei rimborsi. In questo senso, l’intervento della Magistratura può essere un segnale alla politica…

“Uno dei grandi difetti del nostro sistema penale è che quando si fa un decreto di abbandono non c’è via di ricorso, e qualsiasi cosa scriva il magistrato le sue parole o suoi giudici vengono considerati corrette, fondate e indiscutibili. Ma l’unica cosa che conta, o che dovrebbe contare, è l’abbandono del procedimento. Ecco perché la motivazione secondo me dovrebbe essere la più breve possibile, e soprattutto non scivolare in giudizi morali. Al procuratore pubblico spetta il ruolo di stabilire se c’è un reato oppure no. Punto e basta. Ma siamo arrivati al punto che se il magistrato non reagisce alle sollecitazioni della politica viene quasi considerato complice di chissà chi… Io dico invece che il Ministero pubblico dovrebbe occuparsi di cose più importanti che delle beghe politiche”.

Insomma, la politica abdica al suo ruolo, e non sa più prendersi le responsabilità che le competono, come sostiene Caratti?

“Un tempo le responsabilità politiche venivano prese dai partiti, e quando in un partito c’era qualcosa che non andava, indipendentemente dall’importanza delle persone coinvolte, si interveniva con fermezza. Oggi non si ha più il coraggio di prendere il toro per le corna, e si va avanti a suon di comunicati stampa, di atti parlamentari, di difese, di accuse e di contro-accuse sulla stampa. Alla fine tutti pensano che nel marasma generale vada bene così, ma secondo me stiamo imitando costumi latini che non ci appartenevano quando eravamo un po’… più svizzeri. In buona sostanza: i problemi non vengono risolti, ci si limita a parlarne”.

Lei ritiene quindi che la politica non stia giocando come dovrebbe le partite importanti. È così?

“È un po’ così. Un esempio tipico di questa rinuncia all’assunzione di responsabilità è la nomina dei magistrati: una volta era dei partiti, che nel loro insieme la prendevano sul serio, designando o rimuovendo gli attori della giustizia. Oggi ci sono le commissioni di esperti, private di responsabilità, e anche di potere. Secondo me si stava meglio quando si pensava di star peggio”.

Ma rispetto al passato anche i partiti hanno perso potere, e spesso hanno un’immagine negativa nell’opinione pubblica.

“Questa ostilità sistematica verso i partiti, nutrita da anni di costante delegittimazione, ha portato al caos. Un caos al quale i partiti hanno dovuto cercare di adattarsi. Però non credo che oggi in Ticino i partiti siano deboli. Possiamo dire che il PPD è in difficoltà per la nota polemica che coinvolge i due suoi maggiori esponenti, e che non ha saputo finora risolvere la questione, che probabilmente non è nemmeno di facile soluzione. Ma gli altri partiti non hanno problemi particolari. In fondo anche tutto il pasticcio che ha preceduto la nomina del procuratore generale è stato risolto dal Gran Consiglio, dunque dai rappresentanti dei partiti in Parlamento, che alla fine hanno deciso rivendicando la sua competenza istituzionale. Non senza code polemiche, certo, ma queste fanno parte delle regole del gioco. Poi c’è chi sa perdere con stile e chi no”.

Secondo lei cosa bisognerebbe fare?

“Anzitutto smettere di ingigantire tutto. Di trasformare ogni caso in uno scandalo. I rimborsi dei ministri non sono stati regolamentati in modo corretto: va bene. E ogni dieci anni salta fuori questa storia, che però è di forma non di sostanza. I consiglieri di Stato sono già pagati relativamente poco, viste le responsabilità che hanno. Non devono avere il diritto a dei rimborsi spese? Hanno delle spese nell’esercizio della loro funzione, sì o no? Se sì, è giusto che queste spese vengano coperte con dei forfait, come si fa in tutte le aziende. Ma mi rendo conto che su questa vicenda possiamo discutere e polemizzare ‘ab aeterno’. Aggiungo una cosa: i giornalisti dovrebbero avere maggiore senso critico nel riferire certe notizie o certe prese di posizione. Invece oggi chiunque scriva qualcosa che ‘fa rumore’, al di là se sia ragionevole o no, trova ampio spazio sui media”.

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