ANALISI
Il PPD e la questione Beltraminelli. All'interno del partito c'è chi vuole un nuovo ministro. È questo il vero grande nodo che dovrà sciogliere il presidente Fiorenzo Dadò
L'ANALISI - È un problema che gorgoglia ormai da qualche tempo nella pancia del partito, ed è tema ricorrente sulla bocca di tutti nei sussurri anonimi della sagrestia azzurra. Le ragioni alla base di questo progetto nella mente di diversi rappresentanti azzurri, a vari livelli, sono molteplici: da critiche argomentate e oneste alle classiche antipatie umane. I possibili scenari
© Ti-Press / Samuel Golay
di Andrea Leoni
 
Lo scandalo Argo ha portato sotto le luci delle evidenza come all'interno del PPD ci sia pendente una questione Beltraminelli. 
 
Non vogliamo qui fare sensazionalismo o sciacallaggio, soprattutto in un momento di oggettiva difficoltà da parte del direttore del DSS, e di riflesso inevitabilmente del suo partito, ma soltanto collegare con il ragionamento i vari puntini che sono sul foglio: il disegno è sotto gli occhi di tutti quelli che vogliono vederlo.
 
Registriamo per dovere di cronaca sia il silenzio del gruppo parlamentare quando Beltraminelli ha riferito nell'aula del Gran Consiglio sul caso Argo, sia la presa di posizione odierna della presidenza che ha difeso il proprio Consigliere di Stato ("È stato trasparente: si è assunto le sue responsabilità").
 
Ciò che andiamo ad argomentare non è dunque frutto degli avvenimenti delle ultime ore e neppure di soffiate interessate fatte circolare ad orologeria per colpire l'avversario in difficoltà. Si tratta piuttosto di un problema che gorgoglia ormai da qualche tempo nella pancia del partito, ed è tema ricorrente sulla bocca di tutti nei sussurri anonimi della sagrestia azzurra. Non crediamo di sbagliare se ipotizziamo che la faccenda prenderà sempre più consistenza pubblica nelle settimane e nei mesi a venire.
 
Il tema è semplice e non certo sorprendente se analizzato sotto la lente degli ingranaggi più elementari che muovono il processo politico. C'è chi pensa, con crescente convinzione, che al termine della legislatura il PPD debba eleggere un nuovo Consigliere di Stato. 
 
Le ragioni alla base di questo progetto nella mente di diversi rappresentanti azzurri, a vari livelli, sono molteplici. Si va da argomentate e oneste critiche sull'attitudine di Beltraminelli nello svolgere la sua funzione, alle più classiche antipatie umane, che da sempre affollano il palcoscenico della politica. 
 
Per carità: c'è anche chi sostiene il ministro, dentro e fuori il suo partito. Ma la sensazione del cronista - può darsi imprecisa ma non infondata - disegna un cerchio ostile che va piano piano stringendosi attorno a Beltraminelli. 
 
Prima delle conclusioni va fatta una premessa: due anni di politica sono un tempo estremamente lungo. Può ancora succedere tutto e il contrario di tutto prima delle elezioni. Ma se il vento non dovesse girare più di tanto, gli scenari che si aprono sono fondamentalmente due.
 
Il primo prevede un'uscita di scena di Paolo Beltraminelli, più o meno indotta,  più o meno ricompensata, più o meno serena o inevitabile. A questo proposito: nel recente passato abbiamo assistito all'abbandono di Laura Sadis (anche lei dopo 8 anni in Governo). Abbandono cucinato a fuoco lento e servito dalla presidenza di Rocco Cattaneo. E questo, lo precisiamo, è solo un esempio di scuola: non abbiamo indizi concreti che Fiorenzo Dadò voglia emulare nella strategia l'ex presidente del PLR. 
 
A nostro avviso, questa prima ipotesi, non sarà così facilmente percorribile considerato il temperamento di Paolo Beltraminelli. In particolare per l'agonismo da competizione, impiantato nel carattere del ministro dalla sua nota passione sportiva. Un tratto caratteriale che, se da un lato, può portarlo a sovvertire i pronostici (come quando sconfisse il favorito Giovanni Jelmini nella corsa al Consiglio di Stato), dall'altro può annebbiare la capacità di giudizio sulla scelta più difficile che ogni politico prima o poi si trova a dover compiere: sapere scegliere quando è il momento di andarsene senza essere cacciato dagli elettori. Che è sempre il modo peggiore di salutare la compagnia, soprattutto quando si ricopre una carica di prestigio. 
 
E veniamo alla seconda ipotesi. Ovvero sia la sfida aperta con un concorrente credibile in grado di scalzarlo. Con un PPD che dichiara apertamente agli elettori: "scegliete", tralasciando il giochino retorico della conferma dell'uscente come primo obbiettivo. Sarebbe un'opzione da un lato più democratica -  e inevitabile se Beltraminelli decidesse di ricandidarsi - dall'altra assai pericolosa per gli strascichi che potrebbe produrre ad urne aperte e chiuse (do you remember Masoni vs Sadis?). 
 
Vada come vada, questo sarà il vero grande nodo che il presidente Fiorenzo Dadò dovrà in qualche modo sciogliere da qui ai prossimi due anni. Un nodo non particolarmente fortunato per una presidenza appena cominciata.  
 
 
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