ANALISI
Siamo d’accordo con Lisa Bosia Mirra: non si deve dimettere dal Gran Consiglio. Il giudizio penale l'ha espresso un giudice, il verdetto politico spetta al popolo
L'ANALISI - Lisa Bosia Mirra ha indiscutibilmente compiuto un atto politico, che le nostre leggi sanzionano, questo sì, ma che va risolto, per quanto attiene la sua carica, all’interno delle regole della democrazia: cioè con il voto dei cittadini alle prossime elezioni che giudicheranno se rieleggerla o meno, qualora deciderà di ripresentarsi
©Ti-Press / Samuel Golay
di Andrea Leoni

Siamo d’accordo con Lisa Bosia Mirra: non si deve dimettere dalla carica di Gran Consigliera. La sentenza di condanna che il giudice Siro Quadri ha emesso nei suoi confronti, conferma che ha violato la legge, e per questo è stata punita, ma il verdetto e la colpa non ci sembrano disonorevoli rispetto alla carica che ricopre nel parlamento cantonale.

 

Sia il giudice che la procuratrice Lanzillo, infatti, pur criticando, anche con severità e senza sconti, l’agire illecito, e organizzato, e reiterato di Bosia Mirra, ne hanno sottolineato la bontà d’animo e lo spirito solidale. Questo per la legge, secondo l’interpretazione che ne è stata fatta in sentenza, non è sufficiente per evitare una condanna. Ma sul piano politico il discorso è diverso e in quell’ambito va soppesato e giudicato con altri parametri e altri stumenti.

 

La Gran Consigliera, insomma, in scienza e coscienza, ha compiuto un atto disobbediente, illegale, ma non criminale. Non ha ammazzato nessuno, non ha rubato, non ha tratto benefici economici dal suo agire. Appellarla con disprezzo come passatrice o trafficante è dunque profondamente sbagliato: un’offesa che non si giustifica in alcun modo.

 

In aula ha ammesso i fatti come si deve fare in ossequio al principio della disobbedienza civile (anche se, come avevamo avuto modo di scrivere, meglio sarebbe stato autodenunciarsi prima di farsi beccare, ma vabbé, sorvoliamo…). E ha espresso piena consapevolezza che il suo comportamento era contrario alle leggi.

 

Nel corso del processo si è detto a più riprese che la politica doveva rimanere fuori dall’aula della pretura. Ed è giusto così. Ma per la stessa logica non può essere un giudizio penale a innescare automaticamente una conseguenza politica, salvo in quei casi dove l’incompatibilità è manifesta.

 

Non è il caso di Lisa Bosia Mirra che ha indiscutibilmente compiuto un atto politico, che le nostre leggi sanzionano, questo sì, ma che va risolto, per quanto attiene la sua carica, all’interno delle regole della democrazia: cioè con il voto dei cittadini alle prossime elezioni che giudicheranno se rieleggerla o meno, qualora deciderà di ripresentarsi.

 

A nostro avviso non ha alcun senso per la deputata trascinare per via giudiziaria la vicenda. Accetti la condanna che, in fondo, non è altro che una medaglia appuntata sulle sue convinzioni etiche e politiche. Accettare non significa condividere e pagare il prezzo della patacca vuol dire assumersi pienamente la responsabilità del proprio dissenso. Tutto qui. E chissenfrega se aveva detto che in caso di condanna definitiva - quella di oggi non lo è ancora - avrebbe dato le dimissioni. Se dovessimo sezionare ripescando dagli archivi tutte le dichiarazioni fatte dai politici, nessuno supererebbe l’esame della coerenza. Ed è normale che sia così: chi di noi non si è mai contraddetto? Badiamo alla sostanza e non alle chiacchiere, che sempre e per chiunque se le porta via il vento.

 

Qualche solone moralista e senza peccato, almeno apparentemente, afferma che chi fa leggi, sedendo in un Legislativo, non può permettersi di violarle, restando nel consesso. Sempre e comunque. Se ripenso a tutti i casi di deputati condannati per questo o per quello, prima o durante il mandato, mi scappa da ridere. Questa è una verità che non si può tacere per opportunismo d’occasione o per grattare la pancia alla marmaglia forcaiola dei social. È proprio vero che i giustiziasti per convenienza politica sono sempre in servizio permanente quando tocca a qualcuno dell’altra parte.

 

Si dice che Bosia Mirra, facendo entrare illegalmente dei profughi in Svizzera senza conoscerne a fondo la storia, le intenzioni o l’approdo, ha messo potenzialmente in pericolo sia i disperati che la collettività. Il che, soprattutto di questi tempi, non è un’obiezione infondata. Ma lo stesso discorso si potrebbe fare per quelli che vengono condannati, ad esempio, per abuso di alcol al volante o per eccesso di velocità. Non risultano dimissioni per questi peccati penali.

 

Perciò, soprattutto chi detesta Lisa Bosia Mirra, dovrebbe rinunciare a sventolare una condanna per eliminare dalla scena l’avversaria. Se è capace la combatta politicamente. E politicamente tenti di sconfiggerla.

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