ANALISI
La croce come un palo da lap dance, l'autoerotismo della suora e i cardinali gay: il nuovo scandaloso Papa di Sorrentino
La seconda stagione della serie tv firmata dal regista italiano, accende la polemica tra accuse di blasfemia e "di colpi bassi alla Chiesa". E il patriarcato di Venezia insorge. Recensione e riflessioni

di Andrea Leoni

Provate a fare mente locale e a riassumere tutto il peggio - esclusa la pedofilia - che avete pensato negli anni sul Vaticano.

Cardinali senza scrupolo disposti a tutto pur di salvaguardare il proprio status e le loro ricchezze, omosessualità diffusa e repressa nel clero, l’extrema ratio dell’omicidio di un Pontefice, perversioni d’ogni sorta, ricatti demoniaci, ipocrisia come se piovesse, l’erotismo e il sesso come fil rouge nell’amministrazione del potere.

Paolo Sorrentino sgrana questi macigni come un rosario del peccato nelle prime due puntate di The New Pope, il sequel non  sequel di The Young Pope, dove il regista napoletano si era già ampiamente sbizzarrito nel caricaturare Sancta Romane Ecclesie .

Ma in questa seconda stagione il tono si alza ulteriormente. Il premio Oscar, è proprio il caso di dirlo, scherza con i Santi. Il suo racconto è sacrilego, nel senso che vìola e sbeffeggia il cattolico senso del sacro.

Qualche recensore ha scomodato un termine impolverato, blasfemia. Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani, ha scritto di “un ennesimo colpo basso” da parte del cineasta. La stampa laica e specializzata ha accolto con entusiasmo questi primi spizzichi della seconda stagione.

Di sicuro la messa in scena è tanto audace quanto irriverente. Così, su due piedi, non ricordiamo altri lavori cinematografici recenti, in cui il cuore della cristianità viene stressato in questo modo. 

Pronti, via. Papa Pio XIII è in coma. La giovane suora che si occupa di pulire con una spugna il corpo di Lenny Belardo (Jude Law) è in estasi per il fisico statuario del Pontefice, tanto da non poter resistere all’autoerotismo.

Sigla. La madre superiora manda a letto le novizie in un camerata. Ma non appena si spengono le luci e e cala il silenzio, le giovani saltano fuori dalle brande, si truccano, indossano scarpe col tacco e si aggrumano attorno a una gigantesca croce fluorescente, ingaggiando un sensuale ballo da discoteca, dove il simbolo religioso diventa una sorta di mega palo da lap dance.

“Una scena offensiva, che profana il simbolo della croce”, secondo il patriarcato di Venezia. A maggior ragione perché “la sigla, risulta in sé offensiva mancando di un contesto narrativo che ne giustifichi la ragione e il contenuto" (clicca qui per vederla).

Naturalmente Paolo Sorrentino utilizza l’iperbole come unico e potente filtro alla sua narrazione dissacrante. The New Pope è una serie tv fantasy ambientata nel mondo della Chiesa. E il cortocircuito tra realtà - l’ambientazione in Vaticano, l’istituzione, i riti e le maschere che la incarnano, i riferimenti alla cronaca - e la fantasia onirica del regista produce una scintilla formidabile che lascia incollati allo schermo. La tecnica è la stessa utilizzata ne “Il Divo” per narrare il Giulio Andreotti privato. Il senatore, dopo aver visto il film, lo definì “una mascalzonata”.

Altra scena. Il Conclave convocato per eleggere il successore del Papa in coma da mesi (altro riferimento alla realtà, anche nel Vaticano di Sorrentino i Pontefici saranno due), i cardinali si riuniscono nella Sistina al suono di una travolgente Tamurriata. Dopo un’infinità di votazioni andate a vuoto, il segretario di Stato, Cardinal Angelo Voiello, il Frank Underwood prima maniera di questo sceneggiato, con una manovra di Palazzo riesce ad intronare il più manovrabile e debole dei suoi colleghi, lo scemo del villaggio.

Solo che quello, una volta assurto al Soglio, capisce che gli piace e assume la funzione in chiave francescana. E allora spalanca le porte del Vaticano ai migranti, riempie la santa sede di fraticelli, spoglia i cardinali delle loro croci dorate e dei loro anelli e da ordine di chiudere la banca vaticana e di mettere in vendita ogni ricchezza per aiutare i poveri. I Principi della Chiesa non hanno neppure più il refettorio dove mangiare, perché è occupato dai clandestini.

Con questo personaggio Sorrentino fa un po’ il verso a Bergoglio, tanto è vero che il Pontefice si chiama Francesco II. La Curia ovviamente si rivolta, sia nei prelati che nell’apparato. Una ribellione che il regista incarna nella scena nella quale la potente e allupata responsabile della comunicazione, seduta su una panchina dei giardini Vaticani, accenna un lussurioso spogliarello per un gruppuscolo di giovani frati, salvo poi mostrargli il dito medio. 

Serve un nuovo Papa, alla svelta. Come fare? “Affidandoci alla preghiera”, afferma Voiello. E infatti poco dopo al Pontefice viene un coccolone più che sospetto e muore. Impossibile non pensare alle mille speculazioni sulla morte di Papa Luciani.

Ma seppur attingendo ad ogni esagerazione, e non negandosi alcuna una provocazione, lo sguardo di Sorrentino non è mai moralista. Il suo Vaticano è un serraglio carnevalesco, ricco di sfottò e di allegorie, dove il regista muove i pupi inseguendo il gusto dell’immagine e del divertimento solo per il gusto. Il suo sguardo è quello dello scugnizzo prendiculo, non certo del censore laico. La sua è una satira sul Potere e sui limiti degli esseri umani che l'amministrano, verso i quali mostra (quasi) sempre indulgenza. A tratti l'autore sembra quasi suggerirci la risposta tra le righe: ma se tutto il mondo è mosso da queste leve, come si può pensare che ciò non accada solo all'interno delle mura vaticane? 

Non mancano i momenti di delicata e struggente poesia, come quando due cardinali omosessuali si ritrovano faccia a faccia sulla soglia della porta di una camera da letto. Devono decidere se concedersi carnalmente o se reprimere il loro desiderio. Il primo dice: “Improvvisamente mi sono sentito solo”. E l’altro gli risponde: “Ma se ora ti faccio entrare ci sentiremo ancora più soli, dopo”.

La seconda puntata si conclude conclude con la spedizione dei vertici della Curia in terra inglese, con l’obbiettivo di convincere Sir Brannox (John Malkovich), cardinale dandy e talvolta depresso (“Ma conosci un prete che non lo sia?”)  che vive in una sfarzosa magione in campagna con gli anziani genitori che non gli rivolgono la parola da anni.

E probabile che la serie continui su questo filone per le restanti otto puntate. Vi è da chiedersi se Sorrentino sconfinerà altri confini e quale sia la soglia di sopportazione del mondo cattolico, finora piuttosto tollerante (o timido?) rispetto al lavoro del regista. D’accordo che “Dio è emotivo” e la Chiesa no, come dice il Cardinal Voiello. Ma i fedeli?

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