ANALISI
Coronavirus: coerenza e toni sfumati per far comprendere ai cittadini le restrizioni
Piena fiducia e sostegno alle nostre autorità cantonali e un grazie a tutto il personale del nostro sistema sanitario. Un Ticino del quale andare orgogliosi
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Coronavirus: due mondi diversi tra Italia e Ticino. Il cortocircuito alla frontiera

25 FEBBRAIO 2020
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25 FEBBRAIO 2020

di Andrea Leoni

I due mondi diversi, separati solo da un confine sconosciuto ai virus, non potevano coesistere a lungo. E infatti la distinzione non ha retto e si è sgretolata in tre giorni. Da una parte la Lombardia che chiude tutto quello che può fino a ridosso della frontiera, anche dove non si sono ancora registrati malati da Coronavirus, dall’altro il Ticino che non stringeva neppure un bullone. Politiche troppo antitetiche per due territori abituati a mescolarsi quotidianamente. Un cortocircuito, come lo abbiamo definito martedì (leggi articolo correlato), insostenibile e fomentatore di domande, dubbi, confusione. 

Il Consiglio di Stato mercoledì ha fatto un passo verso l’approccio lombardo. Ha vietato tutti i carnevali fino a domenica e ha chiuso le piste di Ambrì e Lugano, anche per l’atteso derby di sabato. Non le scuole, che riapriranno come da programma lunedì, riaffermando in questo modo l’approccio ticinese, quello del passo dopo passo e della proporzionalità degli interventi.

Quelle decise dal Governo sono misure fastidiose ma sopportabili, serenamente. Queste restrizioni riportano in un quadro di minima coerenza il contrasto alla diffusione della malattia con i territori che ci circondano. Ma anche sul piano interno. Da un paio di giorni si respirava sottotraccia un certo fastidio nel mondo sanitario ticinese per le limitazioni a cui si stanno sottoponendo le strutture e gli studi medici (nelle visite agli ammalati, nei consulti e nel rinvio delle operazioni meno urgenti) rispetto al nulla che accadeva all’esterno. Tutti devono la propria parte, anche in termini di sacrifici.

Bene, quindi, che si sia fatto questo passo. A sfuggire semmai sono alcuni passaggi nella gestione della crisi degli ultimi tre giorni in Ticino.

Prima di entrare nel merito occorre però ribadire con forza un concetto: dobbiamo avere piena fiducia nel Consiglio di Stato e negli specialisti, a cominciare dal medico cantonale Giorgio Merlani. Da giorni stanno lavorando senza sosta, giorno e notte, al servizio della comunità. Lo stanno facendo al meglio e con un carico di responsabilità e di pressioni abnorme sulle spalle. Sosteniamoli, incoraggiamoli, concedendoanche qualche sbavatura nella comunicazione. In pochi, tra noi, vorrebbero essere al loro posto in queste ore.

Sia detto quindi senza alcuna polemica, ma come contributo  positivo alla causa. Come scrive Andrea Manna stamane in prima pagina sulla Regione, si fa fatica a comprendere la linea sul divieto per i grandi eventi tenuta dalle autorità cantonali da lunedì a mercoledì. Ad inizio settimana, nel corso della prima conferenza stampa, era stato infatti bollato negativamente e con termini piuttosto perentori lo stop ai carnevali: “inefficace” , “non raggiungerebbe l’obbiettivo”, “utile in caso di pandemie, non in questo contesto”. Una presa di posizione forte, proprio perché antitetica rispetto a quanto avveniva in Italia, che il Governo aveva approvato su consiglio del gruppo di esperti. Poi martedì pomeriggio si scopre il primo caso, ampiamente annunciato, ma il Rabadan va avanti lo stesso con la sua serata di chiusura, mentre a mezzogiorno si svolge la risottata in Piazza a Lugano: due eventi da migliaia di persone. Mercoledì invece arriva il blocco, con la comprensibile motivazione che se per caso qualcuno s’infetta a Tesserete, poi è difficile ricostruire la catena delle persone con cui è entrato in contatto.

Ecco, così, è complicato seguire il discorso, ancorarsi a una logica comprensibile, che è uno degli antidoti migliori contro il panico. Probabilmente l’errore sta nella prima comunicazione, quando si era stati un po’ troppo netti nel bocciare i divieti. In una situazione in continua evoluzione, i toni sfumati sono sempre i migliori. Ma come ha detto Giorgio Merlani, meglio essere rimproverati piuttosto che non avere la forza di fare un passo indietro.

Il tema della chiusura degli eventi pubblici pone anche un altro problema, questa volta di condivisione civile e sociale. Anche in questo caso serve coerenza, se vogliamo che il messaggio sia comprensibile e la popolazione sia unita. Qualora fossero necessari nuovi divieti nelle prossime settimane, occorrerà che gli stessi non si limitino allo sport o alle feste popolari, ma che vengano estesi ad altri luoghi di forte aggregazione, che portano in dote gli stessi rischi. Tutti noi pensiamo ai cinema, ai teatri, ai concerti. Non possiamo lasciare circolare il dubbio che esistano eventi di serie A e di serie B.

Infine lasciateci approfittare di questo spazio per rivolgere un grazie enorme a tutti gli operatori del sistema sanitario cantonale. I collaboratori di EOC, cliniche private, medici di famiglia, militi della protezione civile e dell'esercito, stanno svolgendo un lavoro straordinario per far fronte a questa crisi. Un lavoro poco visibile dall’esterno ma che impegna al fronte e senza sosta decine e decine di persone, allo scopo di attrezzarsi nel miglior modo possibile. È un Ticino del quale andare orgogliosi.

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