Riflessioni sulla clamorosa mossa leghista che ha scompaginato la politica cantonale: basta cambiare cadrega, per modificare il risultato?
di Andrea Leoni
O sono geni o sono matti. Lo confesso subito: con le mie modeste capacità analitiche, faccio fatica a intravvedere la genialità della mossa. Sarà che l’intreccio tra disperazione e intuizione, tra coraggio e incoscienza, è un dilemma irrisolvibile, quando si fa una scommessa da all-in. Confesso di nuovo: da spettatore l’arrocco leghista appare più come una spericolata manovra da ultima spiaggia, piuttosto che come una sofisticata mossa del cavallo. Appuntamento ad aprile 2027 per il verdetto.
Quando le notizie sorprendono e spiazzano, occorre anteporre la calma e la riflessione, all’istinto e all’emotività. Mettere in fila i fatti, le informazioni raccolte in camera caritatis e miscelarle con quel po’ di esperienza che aiuta ad orientarsi e a formulare delle ipotesi credibili.
Cominciamo da ciò che è fattuale. Non si può non rilevare come lo scambio di Dipartimenti tra Norman Gobbi e Claudio Zali, si manifesti come una manovra di Palazzo volta a risollevare le sorti della Lega attraverso un utilizzo disinvolto delle cariche istituzionali. Si interviene su quello che è stato il principale tallone d’Achille del Movimento, in termini di perdita di consensi elettorali: la politica dei due ministri, troppo spesso contraria al Verbo leghista.
Basta cambiare cadrega, per modificare il risultato? Non è da escludere, almeno in assoluto. Al giorno d’oggi la cronaca tambureggiante divora il presente, sbiadisce il passato e cancella la memoria. Il percepito conta più dei fatti. La Lega vuol sbarazzare dal tavolo del dibattito pubblico la narrazione del Gobbi di Giustizia 2018 e di Ticino 2020, il ministro dei radar e che ha gonfiato a dismisura la polizia, quello dell’incidente in Levantina e dell’abbattimento dell’ex Macello, due casi ancora in attesa di un verdetto penale. Così come via Monte Boglia vuol sbianchettare la retorica di Zali amico dei lupi, l’anti-vallerano, il paladino delle ecotasse e di molte altre politiche care all’area rossoverde. Ora, provate a immaginare tra qualche mese il nuovo Direttore del DT che lancia la campagna contro il grande predatore, o il nuovo Direttore del DI che toglie un po’ di radar e assume qualche magistrato. Già solo per l’effetto novità, la narrazione cambierebbe notevolmente. In positivo.
Poi, ovvio, parliamo di una tinteggiatura, di un gioco di prestigio, se vogliamo. Gli avversari non mancheranno di denunciare il trucco. Il colpo di bacchetta magica andrà a scontrarsi con i macro temi governativi, sui quali Gobbi e Zali non hanno mai inciso con una politica leghista. Al contrario hanno spesso e volentieri proposto un approccio iper statalista. Parliamo di finanze pubbliche, di dipendenti dello Stato e così via. Lì potrebbe verificarsi il solito cortocircuito. E allora addio magia.
Altro fatto. Le modalità scelte dalla Lega per condurre l’operazione arrocco, sono una summa di sgrammaticature istituzionali. Dalla prima del Mattino, all’annuncio durante l’apertura dell’anno giudiziario, dettando persino i tempi (autunno), senza che il Consiglio di Stato abbia ancora formalmente deciso alcunché. E chissà se qualcuno dei colleghi di Zali e Gobbi gli dirà: questo Governo non è un albergo. Ma dubitiamo che questo modus operandi, sfrontato e garibaldino, turbi più di tanto il sonno dell’elettore medio, soprattutto leghista, anche alla luce del fatto che più volte si è proprio rimproverato alla Lega di essersi appiattita nella bambagia del galateo incravattato di Palazzo.
Al netto della baraonda di queste ore, l’impressione è che il blitz sia stato ben congegnato, tessendo in silenzio le giuste alleanze e ottenendo un deflagrante effetto sorpresa. La mossa ha riportato di prepotenza la Lega al centro del palcoscenico politico, dopo che nelle ultime settimane, dall’insediamento di Daniele Piccaluga alla guida, vi erano già stati segnali di risveglio. Oggi tutti, nel bene e nel male, parlano di loro. È un risultato, non ci piove. Ora però viene il difficile: gestire le onde d’urto della bomba sganciata all’improvviso. Non sarà semplice, basta un attimo per finire da bombaroli a suicidi.
E veniamo alle ipotesi. Perché l’hanno fatto? Qual è l’obbiettivo? La prima risposta è ovvia: se la Lega fosse stata in salute, non avrebbe mai fatto una mossa tanto spregiudicata. Gli indizi sembrano suggerire l’intenzione di ricandidare i due ministri uscenti alle prossime elezioni. Gobbi lo ha annunciato da tempo, Zali non ha ancora sciolto le riserve. Ma sarebbe davvero lunare, per usare un eufemismo, un cambio di Dipartimento solo per pochi mesi, considerata anche la storica improduttività dell’anno elettorale. Ciò, a cascata, significherebbe la fine dell’alleanza Lega-UDC, avendo ribadito i democentristi che con Zali in lista non se ne fa nulla. E qui, francamente, qualcosa sfugge. Già perché questa strategia sembra far a pugni con la matematica: arrocco o meno, che la Lega abbia i numeri per confermare in solitaria i due ministri, pare solo un'illusione o poco più.
E quindi? Qui entriamo nel terreno della pura speculazione, prendete quanto segue con le pinze. Agli osservatori pare evidente come l’operazione arrocco abbia goduto della complicità, più o meno esplicita, del PLR. In cambio di cosa? In queste ore se ne dicono tante, ma abbiamo l’abitudine di scrivere di ciò che sappiamo e su questa storia non ne sappiamo ancora abbastanza. Si parla di un’intesa su più livelli. Di certo l’asse Lega-PLR nelle ultime settimane ha preso corpo anche a livello parlamentare. Altra certezza: se i liberali vogliono avere una speranza di raddoppio in Governo, il prerequisito è che l’alleanza tra il Movimento e l’UDC, salti. E da questo punto di vista sostenere l’arrocco potrebbe favorire il divorzio. Non è un mistero poi che una parte della Lega, ma solo una parte, nella prospettiva di perdere comunque un seggio in Governo, preferirebbe che lo stesso venisse riconquistato dal PLR, anziché dai cugini usurpatori. E poi chissà che le idee di Gobbi al Territorio e di Zali alla Giustizia, in particolare sul sistema di nomina dei magistrati, non si incastrino meglio con i desiderata liberali. Staremo a vedere. Per ora son chiacchiere. Il tempo ci dirà.