SECONDO ME: “Si tratta di un sussidio deciso dal CC in occasione della ricapitalizzazione della SA, limitatamente al triennio 2011-2013”. E sui posti di lavoro: “Forse confondono l’Aeroporto con un programma occupazionale”
di Martino Rossi, consigliere comunale e capogruppo PS
PS e Verdi propongono al consiglio comunale di Lugano di stralciare un contributo di 733'000 fr. che compensa l’affitto che LASA (Lugano Airport SA) deve pagare per le infrastrutture. Si tratta di un sussidio deciso dal CC in occasione della ricapitalizzazione della SA, “limitatamente al triennio 2011-2013”.
Dopo 8 anni di vita di LASA, protrarre ancora quel sussidio e altre misure “transitorie” per tappare i buchi della sua gestione è controproducente: non fa che incoraggiare l’inerzia sia dell’azionista di maggioranza (la Città), sia di minoranza (il Cantone), sia del Consiglio d’amministrazione di LASA. Tutti attori che non vogliono vedere la realtà di una SA che ha mancato tutti i suoi obiettivi, nonostante il Comune, in 8 anni, le abbia fornito 11 milioni per la gestione corrente e deliberato 18 milioni per investimenti nell’aeroporto. Ciò nonostante, i passeggeri, le compagnie, e i collegamenti da Lugano non sono aumentati, bensì diminuiti, mentre i disavanzi annui sono aumentati anziché diminuiti.
Invece di riflettere sul senso dell’interruzione dei sussidi, alcuni hanno subito deviato la questione sui posti di lavoro che andrebbero persi. Forse confondono l’Aeroporto con un programma occupazionale.
L’argomento è delicato, ma non si deve cadere nella trappola ricattatoria. La perdita di posti di lavoro è evocata quando si vuole uscire dal nucleare, vietare l’esportazione di armi ai dittatori, togliere il segreto bancario ai riciclatori di capitali, rifiutare i Gripen, chiudere le produzioni inquinanti. Gli occupati direttamente da LASA sono una settantina. Per i suoi fornitori, LASA spende 5 milioni all’anno: il cosiddetto “indotto” non può rappresentare gran che. Ricordiamo che in Ticino il numero di posti di lavoro supera di 60'000 unità la popolazione attiva residente (da cui il gran numero di frontalieri): c’è quindi spazio per ricollocare, se necessario, tutte le persone. Va da sé che, se l’Aeroporto avesse esaurito il suo ciclo di vita, l’azionista dovrebbe prevedere un programma di ricollocamento ed eventuale riqualifica dei suoi addetti.
Ma, soprattutto, i 37 ettari di terreno di proprietà della Città, se fossero liberati dall’aeroporto, potrebbero essere valorizzati con progetti molto interessanti dal profilo ambientale (parco fluviale, zona di svago e sport), sociale (mix di abitazioni a pigione moderata e di standard più elevato) ed economico (servizi per l’area residenziale, per le vicine aree industriali, per il turismo e lo sport). I posti di lavoro persi sarebbero ampiamente compensati. È uno scenario da studiare.
Oggi si parla però molto anche di privati interessati a investire nell’aeroporto. Alcuni di loro sostengono che, mentre i voli di linea sono fonte di perdite, l’aviazione privata è fonte di profitti e permetterebbe all’aeroporto di farcela senza contributi. Ma non lo dimostrano.
Perché l’azionista non si decide a verifica una volta per tutte la sostenibilità finanziaria, ma anche ambientale e sociale, di questo scenario e del precedente?