SECONDO ME
Morisoli: "Meglio la decadenza occidentale che i valori dei cannoni!"
In questo lungo articolo il capogruppo UDC si schiera contro la guerra di Vladimir Putin: "Usa gli argomenti dei terroristi islamici"

di Sergio Morisoli*

Inizio con una citazione del primo ‘800 di Fréderic Bastiat : “se sui confini non transitano le merci, transiteranno i cannoni”; riprenderemo più in là questo tema. Scrivere un articolo sulla guerra è difficilissimo. Vorresti metterci dentro tutto ma è impossibile, vorresti focalizzarti su una sola cosa ma è ingiusto. Provare a scrivere in una concatenazione logica di cause ed effetti di fatti, è un abuso della realtà. Una realtà drammatica che non si fa rinchiudere in nessun testo sommario, parziale, selettivo. Mi scuserete, quindi, per procedere con una serie di pensieri sparpagliati, tuttavia forse è il modo più giusto e onesto per dire qualcosa che abbia un minimo di senso a proposito di qualcosa che ci supera nettamente.

Sulla scena del crimine, di regola, si raccolgono gli elementi per cercare di scoprire chi è il colpevole; poi si valutano gli alibi delle persone sospettate e infine, individuato il colpevole, si cerca di capirne il movente. L’aggressione subita dall’Ucraina è chiara e non occorrono prove aggiuntive che la dimostri, quanto a chi la sta perpetrando è altrettanto chiaro per cui gli alibi non esistono; infatti, salvo poche eccezioni, su questi due aspetti tutti concordano. Sul “movente” che ha scatenato la distruzione invece, le spaccature e i dubbi emergono anche qui da noi. È la vecchia storia infinita di scovare chi ha iniziato per primo, è così fin dal piazzale dell’asilo infantile, e rimarrà così.

C’è chi non giustifica, ma però… e chi giustifica, nonostante; e poi ci sono quelli dei sofismi e dei distinguo ubriacanti. Questo atteggiamento di distacco “ragionato” può diventare la trappola nella quale cadere per non esprimere un giudizio su quel che capita. Una via di fuga per non sollecitare le nostre coscienze troppo disabituate ormai a distinguere ciò che è bene e ciò che è male, e per risparmiarci la fatica di scegliere da che parte stare. Nella fattispecie chi è l’aggressore e chi è l’aggredito dovrebbe essere chiaro, ma i tentennamenti non mancano. In quest’ottica è utile smontare alcuni fantasiosi “moventi legittimi del delitto” vieppiù insinuati con insistenza.

La fine dell'Unione Sovietica

Il primo è quello che la Russia dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della URSS, è stata umiliata dall’Occidente. È una giustificazione assurda. Il sistema dell’URSS ha perpetuato per 70 anni, in forme diverse, il terrore, la menzogna e la miseria collettiva e ha eliminato milioni di persone che si opponevano. Quello era un lungo periodo liberticida e di umiliazione delle proprie popolazioni e dei propri popoli, in virtù di una ideologia demoniaca imposta da una élite senza scrupoli. Nel dopo caduta del muro le popolazioni dell’est sono venute ad ovest e non è avvenuto l’inverso, tutti abbiamo ancora viva l’immagine di chi scavalcava il muro verso Berlino ovest e non il contrario; un verdetto storico irrefutabile di umiliazione per gli ex dirigenti sancito dai propri popoli, e non pronunciato da governi occidentali cha hanno offerto libertà. 

L'allargamento della NATO

Il secondo è quello che la NATO stava minacciando la Russia con il dislocamento sempre più a est del suo armamentario. Si tratta di una scusa bella e buona, risaputo che la NATO non è in grado di generare nessuna operazione offensiva militare ormai da decenni in nessun luogo. L’assoluto silenzio delle sue armi in queste settimane di guerra lo confermano. Inoltre, l’adesione spontanea e libera di Paesi sovrani dell’ex impero URSS all’intesa atlantica, dimostra ancora una volta che questi hanno meno paura e si fidano più dell’Occidente che della Russia. Di nuovo un problema di credibilità mai risolto e tutto interno all’ex perimetro sovietico e non di imperialismo occidentale.

Un errore della storia

Il terzo punto è nostalgico e imperialista: correggere un errore della storia. Cioè ricuperare il momento fallito della perestroika e della glasnost. Gorbaciov non era un liberale democratico occidentale, odiava il capitalismo e l’economia di mercato, incarnava ed era il prodotto burocratico dell’evoluzione interna del partito comunista sovietico, che in decadenza, a maggioranza voleva riformare e rilanciare il comunismo di stampo marxista. Le riforme di Gorbaciov però sfuggirono di mano, e provocarono l’implosione del sistema URSS. Dovettero dire addio al “new sovietism”. A quel punto alla Russia non rimaneva che tentare di agganciare il treno della globalizzazione e cercare una rivincita, se non più politica, almeno economica. È il secondo fallimento; dopo 30 anni questa sfida è persa e l’economia Russa è insignificante a livello mondiale, salvo per il gas e il petrolio; e di fatto un flop interno.

Parimenti alla Cina sta riuscendo quello che Gorbaciov sperava per la Russia trent’anni fa: crescita economica e prestigio attraverso il mix fatto di capitalismo di stato e di nuova oligarchia comunista (lusso occidentale e dirigismo sovietico). Il movente che il marxismo è buona cosa e va recuperato in forma moderna non è mai scomparso dal pensiero dominante dell’élite politica e amministrativa russa. Il marxismo prevede lo strumento della violenza per accelerare la storia, lo scriveva Marx nel Capitale “La violenza è la levatrice di ogni società antica, gravida di una nuova società”. Siccome le rivoluzioni sono complesse da organizzare e difficili da gestire, la guerra di aggressione appare una buona alternativa. Solo molta propaganda, censura, repressione e l’uso di moderni Story telling può tenere in piedi questa motivazione.

Le tesi del terrorismo islamico

Il quarto movente riguarda la presunta decadenza e perversione dell’Occidente. L’azione di forza e violenta si giustificherebbe per ripristinare un’etica che l’opulento e vizioso occidente si sarebbe mangiato, insinuando e contaminando le virtù del resto del mondo. Una declinazione, questa, sviluppata non solo dal Cremlino ma dalla massima autorità religiosa dell’ortodossia russa e che si interseca guarda caso perfettamente con uno dei moventi del terrorismo islamico: liberare il mondo facendo fuori il satana occidentale. Questo movente è molto, molto pericoloso perché parzialmente trova alleati potenziali (coscienti o incoscienti) all’interno del nostro “mondo occidentale” e chi ha scatenato la guerra lo sa perfettamente. Sono quelli che hanno sposato da tempo il dogma che l’uomo bianco occidentale è ormai il colpevole di tutte le malvagità umane, le ingiustizie sociali e le rovine ambientali del pianeta. Quelli che se scomparisse sarebbe meglio per tutti. Sono i sacerdoti di quella neo-religione pagana che vuole distruggere la memoria, tagliare le radici, quella che abbatte le statue e brucia libri; quella dell’autocolpevolizzazione a senso unico e del debito morale eterno dei bianchi verso gli altri.

Estremizzando il discorso c’è qui e là chi sostiene che tutto ciò che ci castiga e ci fa male ce lo siamo meritato, siamo andati a cercarcela. Purtroppo, questo è il terreno fertile sul quale, noi dimentichi e sbadati, può crescere quello che già Hanna Arendt definiva come “la banalità del male”, nella sua opera atemporale ed eterna de “L’origine del totalitarismo”. C’è una parte di occidente che è attratta da una prospettiva di ordine e progresso totalitario, una parte che scambierebbe volentieri pezzi di libertà importanti con qualche piccolo pezzo di finta sicurezza in più.

Il marxismo

Il movente filosofico-religioso è potentissimo anche in questa guerra, specie a oriente, e i marxisti del Cremlino lo sanno benissimo. L’opera di Marx è infatti geniale perché facendo finta di essere scientifica e materialista, usa a fondo le leve profetiche, religiose e filosofiche metafisiche: quella del paradiso terrestre, della fiducia illimitata nella potenza umana, quella della giustizia mondana, quella della perfezione massimalista della realtà, quella della redenzione degli sfruttati e quella della missione salvifica di pochi eletti. Il marxismo ha subito una sconfitta sul piano economico cocente e senza pari, ma a partire dal 1989 il suo messaggio profetico e utopico è tutt’altro che scomparso. Dopo la classe, la razza è ora l’uomo occidentale democratico e capitalista ad essere nel mirino di chi il mondo lo vuole distruggere per ricostruirlo a sua immagine e somiglianza nel delirio di onnipotenza sia trascendente che immanente, cioè sia religiosa che materiale. I violenti e i totalitari, in tutta questa propaganda denigratoria nei nostri confronti, se ne guardano bene dal dire che in Occidente invece ci vorrebbero venire a vivere tutti (i terroristi) e dal dire che per trent’anni hanno cercato di replicarlo (i russi). Evitano di ammetterlo, semplicemente perché sanno che da noi, decadenti e perversi, si sta davvero meglio e che la loro menzogna non crea benessere e prosperità, bensì morte, distruzione e povertà.

Questi quattro moventi, ce ne sono certamente altri, con la loro giustificazione continua, la loro ripetibilità e il loro uso capillare ci devono mettere in allarme; seminano il dubbio nel nostro districarci tra il bene e il male (quanti talk show ruotano ormai ore e ore attorno ai “moventi” dell’aggressione russa? Quanti esperti oltre che di guerra si esprimono ormai sulle presunte cause dell’azione russa?). Accendono quel dubbio diabolico che i nemici della libertà hanno saputo e sanno sempre usare contro la libertà. Dunque, i falsi moventi: l’umiliazione subita, la minaccia occidentale, la nostalgia per l’incompiuta riforma marxista sovietica e la violenza etica, possono essere stati per i dirigenti russi un cocktail incendiario potente per scatenare la guerra, ma sono sufficienti per reggerne il dopo? Potranno passare sopra con i carri armati a un popolo post boomers di dissidenti: generazioni X, Millennial, Z, Alfa; quelli cresciuti con il cervello, gli occhi e il cuore rivolti ad Occidente? Sarà facile farlo digerire al resto del mondo ? Il tutto si giocherà attraverso la credibilità dei nostri media, attraverso la rinascita degli intellettuali, dei dissidenti, attraverso la rinuncia di carriere nei main streem del politically correct.

Le immagini dal fronte dopo un po’ provocano assuefazione, le fake news creano disinteresse; ma i commenti giustificativi a favore della guerra sulla base dei “falsi moventi” di cui sopra che maturano in occidente a poco a poco, possono diventare la vera bomba ad orologeria per la nostra libertà. C’è solo un’arma potente contro l’annientamento del giudizio civile, contro la relativizzazione tra bene e male; quella della verità. Ma per divulgarla dobbiamo tornare a convincerci che ce ne sia una e che questa esista, e che merita di essere cercata e una volta trovata: gridata sui tetti. La verità che, indipendentemente dai tempi, dalle circostanze siamo fatti per amare ed essere amati singolarmente; l’opposto dell’imposizione di sistemi ideologici talmente perfetti con i quali non sarebbe più necessario essere buoni (T.S. Eliott).

L'economia e la libertà

Per andare oltre ai falsi motivi della guerra e chiudere il cerchio, torno alla frase di Frédéric Bastiat annunciata all’inizio: “se sui confini non transitano le merci, transiteranno i cannoni”. Come in tutte le lotte umane l’economia c’entra. La statistica che misura lo sviluppo economico mondiale sull’arco di più secoli mostra chiaramente che tutto l’Occidente con Russia compresa è in declino. A partire dall’ Illuminismo e dalla rivoluzione industriale il potere economico dell’Occidente si è sviluppato fino a raggiungere quasi il 70% del PIL mondiale nei primi anni ’50 del Novecento. Da quel punto è in atto un declino che negli anni ’10 di questo secolo ha portato il PIL occidentale alla quota del 40% di quello mondiale, più o meno il livello di metà ‘800. A guadagnare una costante crescita sono Cina, India e altri Paesi del sud es asiatico.

La Russia dopo il 1989 ha tentato l’aggancio con l’economia occidentale cavalcando la globalizzazione. Per un po’ è stata in crescita il suo PIL da livello di terzo mondo alla fine degli anni ’90 è salito fino a 2'300 miliardi di $ nel 2013. Un volume considerevole ma sempre molto modesto rispetto a quello che l’immaginario colletivo pensa della Russia, soprattutto perché la dipendenza energetica della Germania e dell’Italia ingigantisce artificialmente la forza russa che di fatto non esiste. Dal 2013 via il PIL è in costante decrescita fino a raggiungere solo 1'480 miliardi l’anno scorso, valore che lo colloca più o meno ai livelli del 2007. Gli USA avevano un PIL di 15 volte superiore (23'000 miliardi) e la Cina di 11 volte ( (17'000 miliardi). E’ evidente che l’economia non gira, è tornata ai livelli di 14 anni prima e il volume è appena superiore a quello dell’Italia o della Spagna con la differenza che ci devono far vivere quasi 150 milioni di abitanti. Rispetto all’economia mondiale il PIL russo rappresenta appenda l’ 1.6%. Quasi il 70% delle esportazioni sono legate al petrolio, al gas (assieme fanno quasi il 50%) e alle materie estrattive; il resto del 30% è circa soli 440 miliardi, a titolo di paragone la Svizzera esporta per 225 miliardi e l’Italia 803 miliardi! Sui confini russi passano pochissime merci verso l’Occidente solo circa il 35% delle sue esportazioni e di questo oltre 2/3 solo di petrolio e gas; un evidente segno che i prodotti russi industriali non legati alle materie prime e all’energia sono scarsi sul mercato interno e assolutamente non attrattivi per i mercati occidentali. Il test è molto facile: provate, se siete capaci, a trovare nei vostri armadi di casa un prodotto con un’etichetta “made in Russia” e fare lo stesso esercizio cercando un prodotto con “made in China”; il risultato sarà devastante per l’economia russa. Secondo l’Economic complexity index dell’OEC, un indice che raccoglie diversi indicatori economici, sociali, democratici, la Russia era al 29. posto nel 2010 con un fattore di 0.91 ed è retrocessa al 45. posto nel 2019 con il fattore a 0.58 (la Svizzera è terza con un fattore 1.96). Ma ciò che sorprende è che quasi tutti i Paesi dell’ex blocco sovietico l’hanno sorpassata in classifica! È ovvio come diceva Bastiat che se l’economia non cresce, e le merci del Paese non circolano all’estero (nella parte ricca del mondo) a un certo punto sorge un problema di politica interna. Di redditi stagnanti, di poteri d’acquisto in diminuzione, di indebitamento privato, di scarsità, di ridistribuzione equa e di mezzi per sostenere lo stato sociale.

La crescita economica modesta e ora in decrescita non ha creato quel ceto medio benestante e forte che contraddistingue l’Occidente e gli assicura stabilità, dopo trent’anni si ritrova invece un ceto medio debole ed escluso dalla rappresentanza democratica. La crescita iniziale ha creato una concentrazione di ricchezza in poche mani che non è stata tradotta in investimenti interni per rafforzare l’offerta interna e l’esportazione, l’innovazione e la qualità dei beni di largo consumo del ceto medio. La ricchezza è finita in beni di lusso, investimenti immobiliari di prestigio e in acquisti di proprietà e di azioni all’estero. I cannoni che passano sui confini ucraini nascondono una difficoltà economica notevole ed evidenziano il potenziale di fermento popolare rimasto a mani vuoti dopo oltre 20 anni di promesse irrealizzate. Il sogno della Russia “post muro di Berlino” di diventare una potenza economica è ormai svanito da tempo; quello di trasformare il paese in una democrazia liberale con un’economia libera di mercato non è mai decollato; quello di ricattare l’Occidente con il vettore energetico è parzialmente riuscito ma è molto fragile; quello di superare la Cina è fallito.

Umiliazione autoinflitta

Non è un caso se ai dirigenti russi non resta quindi che un ultimo sogno. Quello di ripristinare militarmente la grande Russia almeno territorialmente e di tornare a far paura al mondo; questi due obiettivi sembra volerli realizzare a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo. La questione economica, contrariamente agli altri moventi, non è sventolata per giustificare la guerra ma è certamente il tema che non lascerà tranquilla la Russia e chi la dirige, sia che vinca o che perda. Se c’è un’umiliazione, che la Russia si è autoinflitta per la seconda volta dopo il fallimento sovietico, è quella economica delle riforme mancate. Nonostante l’enorme disponibilità di materie prime e l’enorme arricchimento di una casta dirigente nel commerciarle, non sono riusciti a tradurre la ricchezza accumulata in benessere per gli individui e in prosperità diffusa per tutti. Il rischio di rivolta interna forse è il vero motivo per cui hanno deciso di mettere a ferro e fuoco chi si è allineato con l’Occidente. Un Occidente che stanno abbandonando senza prima però ridurne, barbaramente, una parte in macerie e provare poi ad agganciarsi definitivamente all’Oriente economico. Quell’Oriente dove libero mercato, diritti umani e democrazia liberale sono banditi.

Al netto di tutto però, se i violenti e i despoti della terra, che vogliono imporci i loro valori con i cannoni, per decadenza occidentale intendono: il nostro capitalismo, l’economia libera di mercato, i diritti umani e la liberaldemocrazia; allora lunga vita alla decadenza occidentale! Per finire, la cosa più importante che mi ha colpito di questa guerra assurda e inutile, è l’abisso umano e di senso tra chi aggredisce e chi si difende. Basta guardare lo sguardo perso dei ragazzini siberiani fuori dai panzer per capire che non sanno perché dovrebbero morire, mentre sul fronte opposto sanno perfettamente che il rischio di perdere la vita ha un perché.

*Capogruppo UDC in Gran Consiglio

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