SECONDO ME
Sergio Morisoli: "C’è una via d’uscita, ma è lunga e impegnativa"
"La politica da tempo ha dimenticato il soggetto della sua azione e ha ridotto tutto al cosa fare. Ma la domanda giusta è: per chi lo facciamo?"
© Ti-Press / Carlo Reguzzi

di Sergio Morisoli*

Non occorre fare rivoluzioni, individuare nuovi nemici; ma dobbiamo riscoprire il nesso tra la buona vita e la vita buona e cercare di riavvicinarle. Le ideologie politiche ed economiche al tramonto, che la nostra generazione ha conosciuto, hanno tutte puntato a raggiungere, con risultati alterni, la buona vita (benessere e prosperità). Hanno a poco a poco dimenticato, se non volontariamente tagliato fuori, quell’humus e quelle condizioni di base per ottenerle, cioè la vita buona (fare il giusto, il buono e il bello). Questo percorso “divisorio” sta facendo emergere, senza molti dubbi, le crepe sempre più ampie nelle fondamenta che hanno supportato il nostro benessere individuale e la prosperità collettiva; ne individuo almeno cinque.

Identità smarrita

Se non sappiamo più chi siamo non possiamo sapere chi vogliamo essere nel futuro. Ma soprattutto, chi sa molto bene chi è potrebbe imporre a noi chi dobbiamo essere. Riscoprire le nostre radici, coltivarle e promuoverle è una necessità per rimanere protagonisti.

Cultura relativista

Se una cosa vale l’altra, il giusto e lo sbagliato sono indifferenti, il bene e il male dipendono da che angolazione si osservano. A un certo punto se una verità ultima non interessa più allora si smetterà anche di cercarla “oltre”. Urge ripartire con lo spirito del pioniere, dello scienziato, del filosofo, dell’artista, del religioso, della madre: desiderare, cercare, lottare per scoprire il meglio.

Democrazia in affanno

Se chi può scegliere non partecipa, se chi vince non sa cosa fare, se salta la fiducia tra elettori e eletti; c’è un grave problema di rappresentanza e di legittimità del potere. Solo attraverso forme nuove di collaborazione tra società civile e politica si potrà riappacificare il rapporto Cittadino - Stato.

Statalismo inarrestabile

Se sempre più spazi di vita sono delegati alla politica, alle leggi e quindi allo Stato, la conseguenza è che lo Stato con i suoi apparati occupa le nostre vite. È indispensabile che cittadini e società civile si attivino e si riprendano indietro la libertà con la responsabilità, i diritti con i doveri attraverso il principio di sussidiarietà.

Capitalismo rinnegato

Se al mercato e alle sue regole non viene riconosciuto il merito di farci vivere tutti meglio, di permetterci scambi altrimenti impensabili, se il profitto e la concorrenza sono ritenuti dei mali; allora l’educazione deve riprendere in fretta ad insegnare perché stiamo meglio degli altri, e che non è un caso.

Conclusione

Teniamo conto che ogni politica, ogni slancio nuovo, ogni programma tecnico, ogni pretesa di cambiamento volge verso l’insuccesso se la domanda che occorre porsi, prima di muoversi, non è: ma per chi lo facciamo?  La politica da tempo ha dimenticato il soggetto della sua azione e ha ridotto tutto al cosa e al come fare, e ci litiga pure! Non per cosa lo facciamo, ma per chi lo facciamo deve essere la domanda che non può mai lasciarci tranquilli.

Questo comporta che dobbiamo assolutamente tornare a lavorare, se del caso difendere e combattere, sul verbo “educare” e sui due sostantivi “famiglia” e “azienda” che sono l’energia e  il nucleo della nostra civiltà occidentale, il nostro patrimonio genetico. Che, in altri termini producono: identità, carità e lavoro; che fanno funzionare due istituzioni irrinunciabili come la democrazia e il libero mercato.

*capogruppo UDC

 

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