LUGANO - Lo scoppio della pandemia e il successivo lockdown hanno messo un freno al commercio globale, con ordini cancellati e tagli alla produzione. Dopo il lockdown, la propensione al consumo della popolazione e la rapida ripresa dell’economia hanno portato ad un rilancio del commercio globale molto più celere del previsto, con un aumento vertiginoso della domanda di tutti i tipi di beni e di energia. La conseguenza: tempi di approvvigionamento più lunghi e prezzi di produzione più elevati. La situazione, già difficile, è ora esacerbata dalla guerra in Ucraina e dalle numerose sanzioni internazionali. Ecco l’analisi della Camera di commercio ticinese.
Preoccupazione nei principali settori produttivi
La penuria di materie prime e l’esplosione dei prezzi preoccupa i principali settori produttivi. È infatti salito il prezzo di carta e cartone: il materiale scarseggia e ne risente non solo l’editoria, ma anche l’industria del packaging. Stesso dicasi per il vetro, dove mancano le bottiglie per il mondo del beverage e i contenitori per i cosmetici. Altre materie prime come il legno, l’acciaio e la plastica sono in cima alla classifica dei prezzi. Esse servono in grandi quantità per beni durevoli come immobili, macchine, cellulari, elettrodomestici e, nel caso della plastica, gli imballaggi alimentari.
La scarsità di alluminio e nichel è una conseguenza diretta del conflitto in corso: la Russia è infatti il terzo rispettivamente il secondo produttore mondiale di nichel e nichel raffinato, mentre il gruppo Rusal è il maggiore produttore industriale di alluminio al di fuori della Cina. Grazie alla sua resistenza alla corrosione, il nichel è fondamentale per la produzione di batterie, di acciaio inossidabile e di materiali utilizzati nelle industrie del petrolio e del gas, della produzione di energia, delle tecniche mediche. Mancano anche palladio, rodio e il più economico platino, utilizzati principalmente nei catalizzatori automobilistici, di cui la Russia è il secondo produttore mondiale. L’industria automobilistica non ha pace: assieme all’aerospaziale dipende anche dal titanio proveniente dalla Russia, con alternative limitate disponibili. Il conflitto ha compromesso anche la speranza di una ripresa delle catene di fornitura di microchip, essenziali non solo per il settore auto, ma anche per oggetti di uso quotidiano quali cellulari, elettrodomestici e computer: tra le materie prime essenziali alla produzione dei chip, oltre al palladio, vi è infatti anche il neon, di cui il 70% della produzione mondiale proviene dall’Ucraina.
Infine, anche le materie prime secondarie metalliche (ottenute attraverso il riciclaggio di prodotti metallici smaltiti e usate come materia prima per nuovi beni) registrano un aumento notevole di prezzo.
Russia e Ucraina granai del mondo
Sale anche il prezzo delle materie prime agricole, ambiti in cui Russia e Ucraina primeggiano: i due Paesi generano il 53% del commercio globale di olio di girasole e semi, il 27% di grano, il 23% di orzo, il 16% di semi di colza e il 14% di mais.
Alcuni Stati sono fortemente dipendenti dal grano proveniente dai due Paesi, è il caso della Turchia, dell’Egitto e di molti Paesi del Nordafrica e del Medio e Vicino Oriente. Si prospettano una crisi alimentare mondiale e ripercussioni politiche: non dimentichiamoci che la Primavera araba cominciò proprio a causa del prezzo del pane. L’effetto della guerra si sta già facendo sentire anche in Europa: in Italia c’è allarme grano per il settore della pasta e mais per l’alimentazione del bestiame, mentre la Germania sembra aver esaurito le scorte di olio di girasole.
Emergenza fertilizzanti
La Russia è il secondo produttore al mondo di ammoniaca, urea e potassio e il quinto produttore di fosfati lavorati. La Bielorussia è responsabile di un quinto della produzione mondiale di potassio. Tutti elementi essenziali per produrre fertilizzanti: la loro scarsa reperibilità mette a rischio la quantità e la qualità dei raccolti per gli anni commerciali 2021/22 e 2022/23. Le attuali perturbazioni spingono i prezzi dei fertilizzanti verso l’alto e gli agricoltori dovranno assorbire costi sostanziali per raccolti meno voluminosi. Il rischio di effetti a catena sui consumatori è molto elevato: la crisi delle materie prime potrebbe infatti rendere il pane quotidiano più costoso.
Anche la Svizzera soffre
Se nel medio-lungo termine altri attori potrebbero sostituire Ucraina e Russia nell’industria di alcune delle materie summenzionate, le interruzioni di produzione e consegna stanno minando l’attività economica globale.
Il settore svizzero delle costruzioni soffre già della mancanza di materie prime e semilavorati e dei loro prezzi elevati. Essendo un’economia molto aperta e priva di materie prime, la Svizzera risente degli effetti della guerra anche in altri settori. Le prossime settimane determineranno quanto forte sarà l’aumento dei prezzi in generale e se la produzione ristagnerà.
Complice il franco forte e una produzione interna meno energivora di quella europea, in complesso la Svizzera dovrebbe però cavarsela meglio dei Paesi europei. Il caro franco crea tuttavia pressioni sulle esportazioni: la perdita globale di potere d’acquisto rischia infatti di abbassare la domanda di prodotti e servizi svizzeri.
La Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino sta attualmente conducendo un sondaggio tra le aziende della Svizzera italiana, volto ad ottenere una fotografia regionale dettagliata delle difficoltà legate agli approvvigionamenti e alle esportazioni (CLICCA QUI).