"Serve un freno all’appetito della sinistra più radicale, sempre a caccia di aumenti di tasse e imposte. Ma non solo..."
di Giuseppe Cotti *
Le finanze sono il banco di prova in cui viene misurata la serietà di ogni politico. Il paragone con l’economia di una famiglia non piace a tutti, ma esprime una dura verità – a lungo termine, nessuno può spendere più di quanto guadagna, e prima o poi ogni debito deve essere ripagato.
Come ogni municipale, anche io in questi anni mi sono occupato a fondo di finanze pubbliche. So bene che le variabili sono tantissime e so quanto pesano i fattori imponderabili – pensiamo solo alle conseguenze della pandemia, della crisi energetica e della guerra al confine dell’Europa.
Una prima verità è che le ricette facili non esistono, malgrado i numerosi proclami di piazza ai quali siamo regolarmente abituati. L’unica vera ricetta, che però non è facile, consiste nel ricercare l’equilibrio finanziario. È un impegno fondamentale per la nostra generazione, ma soprattutto per quella dei nostri figli.
Non possiamo nasconderci che l’evoluzione delle finanze cantonali è preoccupante. Dopo gli anni positivi dal 2017 al 2019, in cui abbiamo visto perfino chiusure in positivo, siamo nuovamente tornati nella realtà delle cifre rosse.
Le previsioni del piano finanziario non ci possono lasciare indifferenti. Dagli 820 milioni di franchi del 2001, il debito pubblico salirà a oltre 3 miliardi di franchi nel 2026 – un macigno che rappresenta la nostra triste eredità politica, destinata a pesare sulle spalle dei ticinesi del futuro.
La prima risposta a questa deriva consiste nel frenare l’aumento della spesa pubblica. Questo è ciò che vogliono i ticinesi, che nel maggio di quest’anno hanno approvato il cosiddetto «decreto Morisoli». Ma non è solo questione di rispetto della volontà popolare: non serve un master in economia per rendersi conto che uno Stato non può sopravvivere a lungo con un indebitamento così elevato.
È qui che entra in gioco la serietà. Bisogna agire sulle uscite e per farlo occorre il coraggio di fissare priorità esplicite. Sfruttare le potenzialità della digitalizzazione sarà una delle parole d’ordine – e sappiamo che di lavoro da fare ce n’è molto, in tutti gli ambiti, compresa la scuola.
D’altra parte, sarà essenziale agire anche sulle entrate. La pressione fiscale deve rimanere equilibrata, sia per le aziende sia per le famiglie. Serve un freno all’appetito della sinistra più radicale, sempre a caccia di aumenti di tasse e imposte. Allo stesso modo, bisogna stare attenti a non cadere nel circolo vizioso della concorrenza fiscale: un’azienda o un privato cittadino non decidono scegliere il Ticino solo per le sue aliquote. La qualità di vita e l’offerta di servizi di primo livello sono fondamentali per essere attraenti – di conseguenza, investire nel territorio e nella mobilità è irrinunciabile.
Il percorso per riequilibrare le finanze di questo Cantone non sarà una passeggiata in pianura. Sarà alpinismo politico, pieno di ostacoli e possibili passi falsi. È però indispensabile che tutti insieme imbocchiamo al più presto questa via, senza venire meno alle nostre responsabilità di politici.
Avere conti in ordine è un dovere collettivo che appartiene a tutti. Nessuno potrà chiamarsi fuori, dal mondo economico a quello sindacale. Chi vuole bene al proprio paese non può pensare di lasciare in eredità ai propri figli un Cantone a corto di fiato, strozzato dai debiti e privo di prospettive di sviluppo.
* vicesindaco di Locarno, candidato al Gran Consiglio per il Centro/PPD