"Da quando ho annunciato la mia candidatura al Consiglio di Stato, devo convivere con gli sguardi di chi non mi considera all’altezza del compito. Ma..."
di Jean-Jacques Aeschlimann *
Da quando ho annunciato la mia candidatura al Consiglio di Stato, devo convivere con gli sguardi di chi non mi considera all’altezza del compito. Nella versione meno maligna, si tratta di persone che vedono solo la mia esperienza di sportivo, senza considerare tutte le altre componenti della mia identità – consigliere comunale, manager, genitore, ticinese d’adozione, per citarne solo alcune.
Se è vero che non mi sento un candidato monotematico, d’altra parte so bene che lo sport è il settore che conosco meglio – e quello in cui l’elettorato si aspetta, giustamente, che io formuli proposte in grado di distinguermi dagli altri candidati.
Credo di avere iniziato a rispondere a queste attese con le mie prese di posizione, molto chiare, sul tema dello sport nella scuola dell’obbligo. La cultura del movimento oggi è del tutto trascurata nei piani di studio, dimenticando il fatto che chi non si muove crea danni a sé stesso e alla società – come dimostra, in ultima analisi, l’aumento dei costi della sanità.
Per prima cosa, quindi, bisogna che tutti si rendano conto che occorre puntare sull’educazione precoce al movimento, come misura di prevenzione concreta per migliorare la salute di tutti. La politica ticinese, però, al momento non sembra molto sensibile al tema. Prendete le lettere che compongono i nomi dei Dipartimento dell’Amministrazione cantonale: nessuno credo possa contestare che la «S», che sta per «Sport», sia quella che riceve meno attenzione in assoluto, in Parlamento e sui media.
Fino a qui tutto chiaro, ma come facciamo a puntare seriamente sullo sport? Non ci sono ricette magiche: servono semplicemente le strutture e le persone. Questo significa anzitutto investire per colmare il nostro ritardo infrastrutturale, non solo nelle Città ma soprattutto in periferia (fatevi un giro nei centri sportivi dei Comuni alpini d’oltre Gottardo, poi ne riparliamo).
Le mura, però non bastano: bisogna stimolare il volontariato, che è l’anima di ogni disciplina sportiva, e permettere a chi si mette a disposizione di formarsi adeguatamente – per esempio rimuovendo gli ostacoli assurdi all’ottenimento dei diplomi da allenatore, che in alcune discipline sono uno strumento per escludere chi non ha un pedigree da grande atleta.
Sempre a proposito di formazione, credo che sia proprio questo il settore nel quale posso formulate la proposta più ambiziosa. Una proposta per la quale una sede c’è già, generosamente offerta dalla Confederazione: il Centro sportivo nazionale di Tenero (CST). Il nostro compito ora è di riempirla con un contenuto all’altezza. La mia idea è che il passo finale, per dotare il Ticino di una vera cultura sportiva, consista nel creare all’Università della Svizzera italiana una facoltà di scienze dello sport e del movimento.
Il progetto sembra ambizioso, anche troppo: ma non lo è stato anche inventarsi una facoltà di «scienze della comunicazione»? E poi, va ricordato ciò che già esiste a breve distanza dal CST: una storica scuola di teatro di movimento affiliata alla SUPSI (l’Accademia Dimitri) e una realtà storica legata alla nascita della danza contemporanea (il teatro San Materno). Sul Lago Maggiore, insomma, la cultura del movimento è già di casa.
Come per tanti altri progetti, anche in questo caso la risposta alla domanda «quanto costa?» è che per il momento costa soprattutto crederci. Considerati i potenziali vantaggi però, mi sembra si tratti di una spesa che possiamo permetterci serenamente di mettere a preventivo.
* candidato PLR al Consiglio di Stato