Stando alla ricerca effettuata dalla Chapman University, il fattore letale nei pazienti Covid è la coesistenza di alcune malattie come diabete e ipertensione
ITALIA/SVIZZERA – L’età non sarebbe il fattore principale che porta alla morte per il Covid-19. È quanto emerge da uno studio della Chapman University (California) pubblicato in anteprima dal team di ricercatori ed analisti di Start Insight, attivo in Svizzera e in Italia. Stando allo studio – citiamo – “è evidente che i pazienti anziani senza comorbidità non muoiono di coronavirus”.
La ricerca effettuata da Start Insight prova che identificare la presenza di malattie cardiache, ipertensione, diabete, ictus e malattie del fegato in fase di triage aumenta la possibilità di sopravvivenza in caso di contagio da Covid-19. Analizzando i dati di pazienti cinesi, italiani e americani emerge che solo lo 0.8% di tutti i decessi in Italia riguarda individui sani. Il rimanente 99,2% dei morti, invece, presentavano almeno uno (o più) fattori di malattia.
I primi studi di comorbidità – stando alla ricerca – effettuati in Cina, Italia e Stati Uniti mettono in evidenza che “i tassi di mortalità aumentano con l’età, soprattutto dopo i 60 anni”. Secondo i ricercatori, “sono i fattori di comorbidità e non l’età ad abbassare le probabilità di sopravvivenza in un paziente affetto da Covid-19”. Tesi, questa, provata da i dati messi a disposizione dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS). In Italia (dati aggiornati al 17 marzo), il 48,5% dei casi fatali presentava 3 o più fattori di comorbilità, il 25,6% due fattori e il 25.1% un solo fattore.
Per Start Insight, dunque, individuare il quadro clinico di ogni singolo paziente è imprescindibile per stabilirne il decorso, oltre a sgravare da una certa pressione il sistema sanitario italiano. “Le decisioni del triage – sostengono gli analisti – devono essere prese indipendentemente dall’età del paziente”.