CORONAVIRUS
Coronavirus in Ticino: serve maggiore trasparenza sui dati
Intanto il Professor Burioni lancia l'allarme: "I pazienti restano contagiosi anche dopo due settimane dalla scomparsa dei sintomi. Va fatto il tampone ai guariti"

di Andrea Leoni

La fotografia che giornalmente ci viene fornita sullo stato dell’arte del Coronavirus in Svizzera e in Ticino, è imprecisa, sfuocata, fuorviante.

I dati sono pochi, affluiscono in ordine sparso o con ritardo - ciò vale sul piano federale - e raccontano solo una parte della realtà. È incredibile come nel Paese conosciuto in tutto il Mondo per la precisione, ad oltre un mese dal primo caso positivo, si verifichino ancora queste lacune nella raccolta e nella diffusione delle informazioni.

Si tratta di cifre importanti per gli studiosi, per i giornalisti e per una popolazione disorientata, che giustamente cerca risposte anche nei numeri: i più emotivi solo per tirarsi su un po’ su il morale. Sono dati importanti oggi, ma lo saranno anche domani quando riguarderemo e rifletteremo su ciò che è accaduto.

Facciamo qualche esempio. Diverse persone sono convinte che in Ticino ci sono oggi quasi 2’000 positivi al Covid19, cioè 2’000 malati, di diversa gravità. Non è così, ovviamente. Questo accade perché il nostro Cantone fornisce soltanto la somma dei casi positivi registrati dal 25 febbraio, che viene giornalmente aggiornata, senza tuttavia comunicare al contempo il numero dei tamponi effettuati. Non esiste, o comunque non viene comunicato, il dato di chi è “attualmente positivo”, cioè degli ammalati che stanno effettivamente affrontando il virus in questi giorni. 

Da qui nasce il problema dei guariti, altra informazione che non viene comunicata e che una parte importante della popolazione reclama. Da oggi il Cantone fornisce la casistica dei pazienti che vengono dimessi dall’ospedale, che sappiamo però essere solo una parte, minoritaria, dei malati. Dal 28 marzo si contano 58 persone. Ma i guariti, dall’inizio dell’epidemia, e considerando solo i casi censiti, è infinitamente superiore. Basti solo pensare a coloro che hanno fatto la malattia a casa o a chi si è ammalato alla fine di febbraio o all'inizio di marzo.  Anche qui, una cifra che manca tra gli “attualmente positivi”, è quella degli ammalati che combattono il virus a domicilio, che va censito separatamente da chi è in ospedale. 

Quest’ultimo aspetto ci consente di aprire una parentesi. Diversi medici sostengono che, dalla scomparsa dei sintomi, la quarantena dovrebbe essere estesa per due settimane, per evitare che il “quasi” guarito possa continuare ad infettare gli altri. Lo sostiene ora anche uno studio realizzato sull’asse Cina-Stati Uniti dal Treatment Center of PLA General Hospital di Pechino e dall’Università di Yale.

Tale tesi è appoggiata anche dal Professor Roberto Burioni, il quale da qualche settimana si batte affinché vengano fatti i tamponi ai guariti. Ieri lo ha ribadito durante la trasmissione Che tempo che fa, su Rai2: “Noi cominciamo a conoscere adesso questa malattia. Una delle caratteristiche non piacevoli di questo virus è che è piuttosto lungo, e quando scompaiono i sintomi, il paziente può essere contagioso ancora per molto tempo, settimane addirittura. Ci sono persone che sono contagiose anche dopo 20 giorni che gli sono passati i sintomi. Cosa dobbiamo fare allora affinché queste persone, in perfetta buonafede, non contagino gli altri? Chi ha avuto dei sintomi da Coronaviurs, a distanza di 14 giorni dalla fine dei sintomi, deve essere sottoposto a tampone”.

Questo, ha precisato Burioni, deve valere sia per i malati che hanno già fatto il test, sia per coloro che hanno una diagnosi da Covid19 da parte del medico, su base sintomatica, ma non sono mai stati sottoposti a tampone. In quest’ultima condizione clinica vi sono diversi pazienti anche in Ticino. Avere il censimento dei malati a domicilio e dei guariti "veri", sarebbe utile anche come strumento sanitario. 

Chiusa parentesi, torniamo al discorso principale Un altro dettaglio importante della fotografia che manca, è quella legata al numero di casi nei singoli comuni. Franco Denti, la scorsa settimana, ha affermato che si tratterebbe di uno strumento utilissimo. Giorgio Merlani, dal canto suo, ha detto che ormai il virus è ovunque nel Cantone e che non si registrano particolari focolai. Quindi, secondo il medico cantonale, non serve.

Al di là dell’oggi - ovvero dell’utilità o meno dello strumento per contrastare il Covid19 in queste settimane - la mappatura per comuni potrebbe rivelarsi molto importante in futuro, per capire come si è sviluppata la malattia sul nostro territorio. Ovviamente, questa mappa, deve essere composta da una sequenza di fotografie scattate sulla linea temporale, in grado quindi di cogliere l’evoluzione dal 25 febbraio fino alla fine dell'epidemia, giorno dopo giorno.

Non possiamo infatti escludere a priori che sia sfuggito qualcosa. Vuoi per l’emergenza. Vuoi per la novità rappresentata dalla malattia. Vuoi per distrazione. Mettere a disposizione questa mappatura della comunità scientifica in primis, e dell’opinione pubblica poi,  potrà facilitare il lavoro di analisi. Capire se si è sbagliato qualcosa o se invece si è agito per il meglio. Potrebbe essere utile per dotarci di nuovi strumenti per il futuro.

Tutti i buchi statistici che vi abbiamo elencato, vengono giornalmente forniti dall’Italia, dal livello nazionale a quello locale. Non si tratta d’inventare nulla. Qualcuno dirà che oggi non abbiamo le risorse per farlo, e non è vero: basti pensare alla massa comunque gestibile di dati, e alle decine di persone in grado di elaborare questi numeri tra amministrazione cantonale, SUPSI e USI (che tra l’altro stanno già lavorando alle previsioni epidemiologiche). Qualcun altro si appellerà alla privacy, che invece non verrebbe in alcun modo violata, potendo facilmente anonimizzare i pazienti nella mappatura per comuni.

Noi crediamo che, in questa fase drammatica, tutto ciò che che aiuta la comprensione (oggi come domani) e porta trasparenza, vada messo in atto.

Oggi piangiamo 105 morti e bene ha fatto il presidente del Consiglio di Stato a raccogliersi in un minuto di silenzio a nome di tutta la popolazione ticinese. Ma quando tutto questo sarà finito, il cordoglio non basterà. Dovremo ripercorrere questa maledetta storia giorno dopo giorno. Lo dobbiamo alla memoria dei defunti e ai loro cari.

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