CRONACA
Signùr guarda giò! Coronavirus in Ticino, settimana prossima rischiamo il collasso
La comunicazione interna di Moncucco, i rimpianti per il Carnevale, e le previsioni da allarme rosso. Intanto anche la Toscana vara la politica del tampone di massa. E noi?

di Marco Bazzi e Andrea Leoni

LUGANO – In Ticino siamo arrivati a 1,2 casi ogni mille abitanti, o se preferite 1'200 contagiati su un milione. Sono purtroppo numeri ‘lombardi’ quelli delle statistiche di Coronavirus nel nostro cantone. Numeri che fanno tremare gli esperti e i dirigenti delle strutture ospedaliere. Anche qualora la curva epidemiologica dovesse rallentare nei prossimi giorni grazie alle misure drastiche decretate sabato dal Consiglio di Stato (i cui effetti tangibili si vedranno a circa 10-14 giorni dalla loro introduzione), la prossima settimana il sistema sanitario rischia il collasso.

C’è chi dice, come Daniel Koch, capo della Divisione malattie dell’Ufficio federale della sanità, che già lunedì “le cure intense in Ticino rischiano di essere piene”. C’è chi, tra gli esperti ticinesi, ritiene che il punto critico si raggiungerà entro metà-fine settimana prossima.

Ovviamente la speranza di tutti è che ciò non avvenga, ma come detto si tratta di una speranza, e le previsioni indicano un’altra realtà. Molto dipenderà dall’impegno che tutti i cittadini metteranno nel rispettare le regole dell’isolamento.

La strategia indipendente di EOC e Moncuccp

Intanto, il Caffè ha pubblicato alcuni estratti di una comunicazione interna del direttore della Clinica Luganese Moncucco, Christian Camponovo, che da ieri è il secondo centro ospedaliero ticinese dedicato ai malati di Covid-19. Ecco i passaggi salienti della comunicazione, il primo dei quali ribadisce l’autonomia con la quale i vertici dell’Ente Ospedaliero Cantonale e della Clinica Moncucco, si sono mossi rispetto alle autorità sanitarie cantonali.

“Rapidamente – scrive Camponovo -, Ente Ospedaliero Cantonale (EOC) e Clinica Luganese Moncucco (CLM) si sono mosse in modo indipendente per dare una prima risposta alla problematica che si è mostrata in tutta la sua drammaticità tra il 20 e il 22 febbraio in Italia (a Codogno e, più in generale, in tutto il Lodigiano): cercare di diagnosticare tutti i casi che si sarebbero sviluppati sul territorio, contenendo così la diffusione del Coronavirus grazie a misure di quarantena”.

 Una divergenza strategica già emersa in modo lampante con la famosa lettera che i due istituti avevano scritto al Governo scavalcando lo Stato Maggiore e contestando la linea della Confederazione per chiedere l’introduzione di misure drastiche.

“Dopo il grido d’allarme lanciato dalla nostra Clinica e dall’EOC alle autorità cantonali – precisa Camponovo -, messaggio che ha probabilmente aiutato il potere politico a trovare un patto per il paese per l’adozione di misure incisive di contenimento, e dopo la constatazione dell’onda lunga che ha travolto la vicina Lombardia, il Consiglio di Stato del Canton Ticino ci ha chiesto di prevedere delle misure ulteriori, atte a garantire una migliore copertura dei bisogni”.

I rimpianti per il carnevale

Il passaggio successivo mette in evidenza che dopo la settimana di carnevale la situazione è nettamente peggiorata. Si ricorderà che il Governo aveva deciso di vietare le manifestazioni carnevalesche soltanto dopo la fine del Rabadan, nonostante tutti i carnevali sulla fascia di confine fossero già stati cancellati.

“La Lombardia – disse il 23 febbraio il medico cantonale Giorgio Merlani - ha 9 milioni di abitanti, il Piemonte penso poco meno, quindi la probabilità di incontrare una di queste 133 persone positive (era il dato di allora sui contagi oltre confine ndr) sui circa 20 milioni di abitanti del nord Italia… diciamo che è molto più facile ritrovarsi a carnevale da parte a Miss Mondo che non a qualcuno con un’infezione di questo tipo”.

Invece… 

“Purtroppo, dopo la settimana delle vacanze di carnevale – scrive Camponovo -, il virus ha iniziato a diffondersi anche su suolo cantonale e rapidamente la strategia della Confederazione è passata dall’evitare la diffusione al suo contenimento. Le prime rudimentali simulazioni condotte ad inizio marzo hanno permesso di meglio comprendere la sfida per il settore sanitario cantonale. EOC e CLM hanno rapidamente compreso l’entità della sfida e si sono da subito alleati nell’intento di dare la migliore risposta alla sfida posta da quella che è subito sembrata un’epidemia secolare (l’ultima grande epidemia, l’influenza spagnola, risale al 1918-1920)”.

 Questo non significa che l’epidemia di Coronavirus si sia propagata solo a causa del carnevale: basti pensare ai molti ticinesi che in quelle settimane di vacanza si sono recati in Italia. La successi riapertura delle scuole in Ticino – nonostante in Lombardia fosse già tutto chiuso – ha probabilmente fatto il resto.

 Il piano d'emergenza per le cure intense

“Considerate le notizie che nel frattempo erano filtrate dalla Cina e le prime che giungevano dal Lodigiano e dalla Bergamasca – aggiunge Christian Camponovo -, l’obiettivo posto è stato quello di concentrare i casi in poche strutture dedicate alla cura dei pazienti affetti da COVID-19, mirando nelle stesse ad una massimizzazione dei letti di terapie intensive con possibilità di ventilare i pazienti.

La strategia EOC-Clinica Luganese è stata affinata tra il 5 e il 9 marzo ed è stata presentata il 10 marzo al Consigliere di Stato De Rosa e al Presidente Vitta, i quali hanno approvato la stessa e hanno invitato le strutture coinvolte a voler massimizzare gli sforzi per garantire la presa a carico di un numero ancora maggiore di pazienti, soprattutto nelle terapie intensive, vero collo di bottiglia del sistema”.

 

Di seguito le cifre delle forze messe in campo:

Ospedale Regionale di Locarno (ODL)

Fino a 183 letti

Fino a 32 letti ventilati

Clinica Luganese Moncucco

Fino a 184 letti

Fino a 25 letti ventilati

 

A questo punto il direttore della Clinica Luganese lancia un nuovo allarme: “I grafici che permettono di prevedere il numero di pazienti da ospedalizzare e dei pazienti che necessiteranno di terapie intensive, l’offerta creata (dedicando due strutture di cura al trattamento di pazienti COVID-19) riuscirà a malapena, diluendo su almeno 12/14 settimane, a coprire il fabbisogno”.

Ieri, lunedì 15 marzo, le direzioni di EOC e Clinica Luganese hanno presentato un concetto per ampliare i letti di terapia intensiva ventilati e i letti a disposizione per le degenze.

“Per limitare la durata della degenza – spiega Camponovo - hanno proposto l’attivazione di una struttura cuscinetto e hanno poi indicato la necessità di preparare da subito le strutture riabilitative affinché i pazienti dimessi dalle cure intense possano essere trasferiti celermente per l’avvio della fase riabilitativa”.

La strategia del tampone di massa 

Intanto in Italia prende piede la strategia del tampone di massa. Dopo la Regione Veneto anche la Toscana ha introdotto questa misura volta a scovare il maggior numero possibile di pazienti asintomatici che potrebbero infettare altre persone. La Toscana eseguirà mezzo milione di “strisci”. L’iniziativa parte dallo studio realizzato a Vo’ Euganeo, uno dei primi focolai italiani, dove furono testati tutti gli abitanti e oltre la metà dei positivi risultò completamente asintomatico, pur rappresentando una formidabile fonte di contagio. Con l’isolamento dei soggetti infettati, il totale degli ammalati è sceso da 88 a 7 nel giro di 7/10 giorni.

Come abbiamo già scritto oggi, il Ticino dovrebbe guardare con grande attenzione a queste esperienze che arrivano da oltre confine. Sarebbe interessante sapere se esiste una mappatura dei casi per comune, in modo da poter avviare quantomeno un progetto pilota in una località particolarmente colpita. Questa strategia è stata adottata anche in Corea del Sud con ottimi risultati, soprattutto per individuare i nuovi focolai, bloccando così i colpi di coda del virus.

 

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