Negli ospedali si osservano malati con un quadro clinico sempre meno grave. Il motivo? Ancora sconosciuto. Ma alcuni specialisti si sbilanciano: "Il virus è mutato: diventerà un raffreddore". GUARDA IL VIDEO
di Andrea Leoni
LUGANO - Il segnale ancora una volta arriva dagli ospedali. Se all’inizio della crisi provocata dal Covid19, dal fronte ospedaliero, giungevano notizie drammatiche circa l’aggressività e la pericolosità di questo nuovo virus, ora le indicazioni vanno nella direzione opposta. Da ormai qualche giorno, infatti, in Italia come in Ticino, si osserva come i malati presentino un quadro clinico assai meno grave.
Per il momento, è bene sottolinearlo con la penna rossa, si tratta solo di un’ipotesi positiva, di una bella speranza. E in ogni caso nulla dovrà cambiare nei rigorosi comportamenti personali che abbiamo imparato ad adottare e che, a maggior ragione, sarà fondamentale mantenere dopo le riaperture generalizzate dell’11 maggio. Ma la sensazione che qualcosa potrebbe essere cambiato, si percepisce, eccome.
Per quale motivo? Una risposta certa non esiste. La scienza, a dire il vero, per il momento non concorda neppure sull’ipotesi che la malattia si presenti oggi generalmente in una una forma meno aggressiva. Tuttavia, tra le ipotesi formulate da chi ci crede, c’è l’onda lunga del lockdown, l’incidenza della stagionalità - il Generale Caldo di cui spesso abbiamo parlato - il fatto che i pazienti siano curati prima e meglio rispetto alle ore più buie della pandemia: d’altronde ogni settimana che passa questo virus lo conosciamo meglio e gli ospedali possono occuparsi dei pazienti con meno pressione.
Poi c’è chi, come il Professor Massimo Clementi, uno dei massimi specialisti italiani, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia all’Ospedale San Raffaele, si dice convinto che il virus sia diventato più buono a seguito di una mutazione.
“L’analisi del profilo clinico della malattia - ha spiegato Clementi intervenuto ieri sera a Otto e mezzo - dimostra che la malattia è mutata o sta mutando. All’inizio arrivavano 100 persone al pronto soccorso, la maggior parte delle quali avevano necessità di ricovero in terapia intensiva, adesso non arrivano più da due settimane. Questo Coronavirus se continua così potrebbe adattarsi all’ospite”.
Già nei giorni scorsi, il virologo, intervistato dal Corriere della Sera, aveva espresso un’opinione simile. Clementi, infatti, si era detto convinto che il Coronavirus si fosse indebolito: “L’infezione non arriva più alla fase gravissima della cosiddetta tempesta citochinica, in cui le persone rischiano la vita. In generale, sono in forte calo i pazienti che hanno bisogno di ospedalizzazione. L’epidemia c’è ancora, ma dal punto di vista clinico si sta svuotando. Ci aspettiamo che questo Coronavirus pian piano possa diventare innocuo, com’è successo ai suoi cugini, responsabili del semplice raffreddore”.
“Il fattore caldo? Per ora - spiegava Clementi al Corsera - è una supposizione, ma è molto probabile che sia così. Nell’uomo circolano quattro coronavirus “ingentiliti”, di cui due molto simili a Sars-CoV-2 per caratteristiche chimico-fisiche (beta-coronavirus). Uno di questi esiste probabilmente dal 1200 e si è adattato a noi con grande successo. Tutti provocano infezioni modeste, tranne nei bambini molto piccoli, da 0 a 2 anni, in cui possono portare allo sviluppo di bronchiolite. E tutti circolano solo in inverno, per sparire invece nei mesi caldi. Come ha giustamente osservato il virologo americano Robert Gallo, la diffusione di Sars-CoV-2 ha dapprima interessato l’emisfero Nord e ora si sta spostando nei Paesi dell’emisfero Sud, dove sta iniziando la stagione invernale”.
La tesi del Professor Clementi, per lo meno rispetto alla minor aggressività della malattia, è condivisa da altri esperti italiani. Tra questi Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive al Policlinico San Martino di Genova e componente della task force della Regione Liguria: “A marzo era uno tsunami, oggi è un’ondina”. Da Francesco Le Foche, primario di Immuno-infettivologia al Day hospital del Policlinico Umberto I di Roma: “Oggi vediamo delle sindromi meno importanti dal punto di vista clinico. Questo potrebbe essere dato da una riduzione della virulenza del virus”. Da Giorgio Remuzzi, Direttore Istituto Mario Negri: “I malati oggi sono meno gravi rispetto a un mese fa. Perché? Non lo so”.
Il dottor Christian Garazoni, interpellato da TeleTicino, dal canto suo non si è sbilanciato più di tanto: “È difficile dirlo, perché oggi abbiamo dei numeri molto piccoli, non abbiamo abbastanza pazienti per dire che ne abbiamo una grande fetta di gravi oppure il contrario. Quello che sappiamo è che i virus hanno una velocità di evoluzione molto rapida, anche solo nell’arco di mesi possono cambiare la forma. Ed è anche chiaro che per un virus sia meglio essere meno aggressivo e rendere meno ammalate le persone, perché in questo caso le persone vanno in giro e quindi riescono a diffondere il virus, mentre lui si replica. Ma queste sono solo ipotesi, stiamo aspettando dei dati sull’analisi dei virus: i virus vengono sequenziati e analizzati e si vede se vi sono delle differenza, nelle prossime settimane ne sapremo di più”.
Sia come sia tutti i medici - compreso il Professor Clementi - raccomandano grande prudenza sulla Fase 2. Comportamenti sbagliati potrebbero infatti far ripartire l’epidemia in maniera incontrollata e pericolosa. Quindi, ricapitolando: distanza sociale di due metri, lavaggio costante delle mani e mascherina nei luoghi chiusi e sui mezzi pubblici.