Una mamma del Moesano non vuole mandare a scuola il figlio, con qualche problema respiratorio. La direzione fa muro e minaccia multe
MOESANO - Se alcune mamme in Ticino si lamentano (o non osano, a sentirne altre, farlo) perché le scuole li ostacolano nel loro intento di non mandare a scuola i figli, nel Grigioni italiano non va meglio. A raccontarci la sua vicenda è una donna, nome noto alla redazione, che ha ricevuto la minaccia di una multa di 5'000 franchi.
“Il venerdì prima della ripresa, su consiglio dell’insegnante che ci aveva visti angosciati, ho parlato con lo psicologo scolastico. Lui ha detto che avrebbe interceduto presso il consiglio scolastico. Ma non c’era nessuna apertura. La chiusura era da parte della direzione, la maestra di classe era stata molto disponibile e voleva comunicarmi il programma che seguiamo per farlo restare al passo”, ci ha raccontato. “Lo psicologo ci ha detto che non era necessario che chiamassimo noi il direttore. Ma lui ci ha telefonato, domandando perché non ci eravamo fatti sentire, con tono indignato. Ho spiegato che era stato lo psicologo a consigliarci così. Lui ha ribadito che stiamo impedendo a nostro figlio di usufruire del diritto all’istruzione e di socializzazione. Gli ho fatto presente come il bambino sia terrorizzato all’idea non tanto di ammalarsi lui ma di contagiare me, che comunque non scoppio di salute”.
Il bambino ha avuto problemi di respirazione da piccolo, che avevano costretto la famiglia a recarsi più volte al pronto soccorso, nei momenti di crisi prendeva medicine pesanti. Addirittura il trasferimento in Grigioni è nato per permettergli di vivere con aria migliore che in città. La madre ha paura, spiega che quando lui ha la tosse il suo non è un decorso normale, rimane per molto tempo e ha tanto catarro. “Non rientra nella categoria a rischio, però mi preoccupa. E anche per chi è in salute non viene garantito che non ci succede niente: statisticamente è difficile che il caso diventi grave, ma non è in ogni caso sicuro. Per quanto concerne la socializzazione, non si avvicinerebbe ai compagni, sarebbe terrorizzato e vorrebbe la mascherina. Può finire senza problemi l’anno, ha anche ottimi voti”.
“Il direttore insisteva sul diritto all’istruzione, allora ho chiesto di poter avere i compiti e il materiale da fargli seguire. Mi ha risposto che non crede sia possibile, dimostrando che del diritto allo studio di mio figlio non gli importa granchè. L’insegnante di classe ci aiuterebbe ma si trova a non poter andare contro l’idea della direzione, per cui non potrà probabilmente continuare a darci una mano”, prosegue.
C’è stata la minaccia di conseguenze. “Volevo sapere se pensavano addirittura di far venire la Polizia a prendere il bambino, per fortuna no, ma il direttore parlava di una multa di 5'000 franchi. Vorrei sapere se saremo avvisati prima C’è anche l’incognita che possa perdere l’anno scolastico. Lo accetteremmo? Non lo so, sicuramente solleveremmo un polverone, sarebbe un ricatto ingiusto!”.
La famiglia sta pensando a una soluzione, a “trasferirci in Ticino, dove abbiamo un piccolo appartamento. Ho chiamato il Comune e ci è stato detto che la multa esiste ma che nessuno penserebbe mai di spedircela e che il bambino potrebbe completare l’anno da casa. Il problema è che mia figlia frequenta le superiori in Grigioni, vorrebbe dire dividerci: ci stiamo riflettendo. Anche se tutto si risolve nel migliore dei modi, pensare che il bambino debba frequentare un altro anno in quella scuola, dove il direttore è anche docente (si tratta di una scuola bilingue con insegnanti diversi per le varie materie) non mi piace”.
In Grigioni ci sono solo altri tre casi a Coira e un paio nella Val Poschiavo, loro hanno avuto il permesso di tenere i figli a casa, loro sarebbero, secondo loro informazioni, gli unici con questa problematica.
“Non ci sono sensibilità e comprensione, è normale che le persone siano spaventate, invece da parte del direttore non c’è nessuna pietà. Sopra il direttore, nella gerarchia, c’è il consigliere scolastico, che da quanto sappiamo non vorrebbe esasperare i toni”, si lamenta la mamma.
“Stavamo pensando, un po’ per protesta aperta e un po’ per protezione, di mandarlo a scuola bardato di tuta e maschera. Se ci costringono, siamo sicuri che viene a casa senza essersi infettato e non infetta noi. Ci è stato detto che un bambino era andato a scuola con guanti e mascherina e gli è stato imposto di toglierli. Teniamo conto che non viene imposta nessuna distanza fra i bambini, con l’idea che se anche si ammalano non succede niente e che se qualcuno in famiglia teme un decorso difficile deve trovare il modo di isolarsi”.
E in caso di multa? “Lo terremmo a casa comunque, la vita della nostra famiglia vale ben più di 5'000 franchi”.