Una mamma, che ha lanciato diverse petizioni, racconta la sua vicenda. "Il medico mi è venuto incontro, ma so di una famiglia a cui non è andata così e il bambino non riceve il materiale: ma così si punisce il bimbo, perchè?"
BELLINZONA – Un lutto, terribile, in famiglia, solo pochi mesi fa, con un uomo che se ne va lasciando la moglie e due figli di 7 e 14 anni. Un ragazzo, adolescente, che chiede alla mamma: “Ma se io tornassi a scuola e contraessi il Coronavirus, poi lo dovessi attaccare a te, cosa faremmo noi se ti succedesse qualcosa?”. È lo scenario che si è trovata a vivere B.R. (nome noto alla redazione), la donna che ha lanciato dapprima da sola poi con Claudio Schneeberger delle petizioni per tenere chiuse le scuole e poi per chiede il non obbligo alla frequenza.
Lei i suoi figli li tiene a casa. Per il più grande, alle medie, non ci sono stati problemi: continua a studiare da casa, col materiale scolastico consegnato dalla scuola.
Alle elementari, invece, per ricevere i compiti a casa le è servito un certificato medico. “Le maestre non ci hanno creato nessun problema, capiscono la situazione. Il difficile è stato con la direzione”, ci racconta.
E così in diversi, che hanno paura a mandare i figli a scuola, hanno dovuto ricorrere a un certificato medico. Dove la motivazione “paura” non basta. Nel suo caso, ovviamente, il dottore ha precisato che i ragazzi non se la sentono di frequentare a causa del recente lutto, ma per altri è stato più difficile: dopo varie insistenze, il medico di un’altra famiglia alla fine ha motivato “problemi psicologici familiari”. Un’altra mamma ancora, invece, il certificato non l’ha ottenuto. Il medico, secondo la nostra interlocutrice perché spaventato, non glielo ha rilasciato.
Così il ragazzino non riceve i compiti. “Per avere il materiale scolastico, serve il certificato. Ma non ha senso, così si punisce il bambino”, prosegue B.R. “Sono dei ricatti morali senza senso, non te la puoi prendere col bimbo. Ora sta studiando assieme al mio, faccio scuola a entrambi per aiutarli a finire l’anno”.
Tanto più, insiste, che non c’è l’obbligo di frequenza. “Lo ha detto anche Bertoli, però molti comuni non lo sanno. Non serve il certificato eppure tanti lo richiedono. Nel Bellinzonese per esempio so di zone comprensive e di altre che lo vogliono”.
Secondo lei, in molti genitori desideravano tenere i figli a casa. Ma poi non l’hanno fatto. “Non se la sentono di andare contro la scuola, sono minacciati e non hanno voglia di discutere. Hanno subito pressioni e hanno deciso di farli andare a scuola anche se erano assolutamente contrari”. Lei stessa, grazie alla petizione, è venuta a contatto con molte famiglie: “C’era chi la pensava come me e chi in un altro modo ma si discuteva civilmente. Ora in tanti non riescono a opporsi e fanno andare i ragazzi a scuola”, è la sua denuncia.
A settembre, cosa succederà? La sua idea sarebbe stata di far riprendere ai figli la vita normale, “dato che tredici mezze giornate non cambiano la vita e da qui a settembre docenti, direzioni e comuni avranno più tempo per organizzarsi. Però dipende dalle condizioni. Nella nostra sede so che disinfettano i bagni solo dopo la ricreazione, non dopo il passaggio di ogni singolo allievo, per cui se si continua così, non so…”