Le dichiarazioni del primario del San Raffaele scatenano un pandemonio. Il Mister Coronavirus del Veneto: "Purtroppo ci siamo già dimenticati la sfilata dei morti a Bergamo"
LUGANO - “Il Covid 19 è clinicamente morto”. Un’affermazione, quella del Professor Alberto Zangrillo, che in poche giorni ha scatenato un pandemonio in Italia e oltre i confini della Penisola. Un dibattito dai toni accesi tra favorevoli e contrari, dove si mescolano in una pozione esplosiva ingredienti scientifici, medici e politici.
A sostegno della tesi del primario di rianimazione dell’ospedale San Raffaele di Milano, si sono schierati diversi clinici. Per loro non ci sono dubbi: il Coronovairus non produce più la stessa malattia di un paio di mesi fa. Un dato di fatto che viene tenuto in grande considerazione anche dagli studi attualmente in corso, realizzati da importanti virologi, come Massimo Clementi o Guido Silvestri. La stessa osservazione viene fatta anche da un super Prof come Giorgio Remuzzi.
Sui motivi per i quali il Covid19 sarebbe meno aggressivo, le tesi si dividono. C’è chi si appella al caldo e alla forza dei raggi ultravioletti. Chi dice, come Ilaria Capua, che il merito è delle nuove abitudini di igiene e distanza sociale e del fatto che, conoscendo meglio la malattia, la sappiamo trattare meglio. Chi ancora asserisce che il virus sia mutato (ma su questo aspetto non vi è davvero alcune evidenza scientifica).
C’è poi l’aspetto più squisitamente politico, ovvero gli effetti che un’affermazione come quella di Zangrillo più produrre sui comportamenti individuali.
Poi ci sono quelli che proprio non sono d’accordo con il Professore del San Raffaele. Anche in Ticino. Tra quesi il Professor Enos Bernasconi, responsabile del servizio malattie infettive dell'Ente ospedaliero cantonale: “Sicuramente quella di Zangrillo – ha spiegato il medico ai microfoni della RSI – è un’affermazione incauta, se non pericolosa, dato che parte da un’osservazione scientifica preliminare – sottolineo preliminare – in cui i colleghi italiani hanno effettivamente trovato, nei pazienti ricoverati più di recente, una quantità inferiore di virus nelle vie respiratorie rispetto a quelli ricoverati in marzo. Un’osservazione che può dipendere da molti fattori, inoltre si tratta di qualcosa ancora da confermare da altri lavori e che va quindi interpretato con molta cautela”.
“Oggi - ha aggiunto Bernasconi - si tratta di lavorare su diverse ipotesi e credo che al momento quella più importante è quella che associa la diminuzione molto importante di casi nel nostro Paese, ma anche in Italia e in altri paesi europei, all’introduzione delle misure di lockdown, distanziamento sociale e di igiene… non a un cambiamento del virus”.
Anche in Italia non mancano le voci ultra critiche. Tra queste quelle del Professor Andrea Crisanti, il Mister Coronavirus del Veneto che, intervistato da Panorama, ha usato parole durissime nei confronti del collega lombardo: “Zangrillo ha utilizzato una frase infelice, inopportuna e scientificamente mistificante, perché riporta una sua esperienza parziale. È vero: i casi sintomatici e gravi sono in diminuzione, ma sono in diminuzione grazie a tutte le misure che abbiamo adottato finora. Non c’è niente a che vedere con il virus, intrinsecamente. Ma proprio niente”.
“Zangrillo - ha aggiunto Crisanti - avrebbe fatto la stessa affermazione se avesse visto i primi casi di Covid a Vo’ Euganeo. I primi casi a Vo’ nella prima settimana di gennaio erano totalmente asintomatici. Il primo morto lo abbiamo avuto un mese e mezzo dopo. La realtà è che questo virus, purtroppo, nelle fasi iniziali probabilmente è a carica bassa e ha solo infezioni leggere. Se Zangrillo fosse venuto a Vo’ nella prima settimana di gennaio avrebbe detto: “Il virus è clinicamente irrilevante”. Sarebbe stata un’affermazione avventata perché poi abbiamo visto cosa ha causato il virus”.
Il Professor Crisanti ce l’ha anche con le manifestazioni politiche che si sono tenute nelle ultime ore in Italia: “La sfilata dei camion con le bare a Bergamo avrebbero dovuto farla vedere più volte, perché ce la siamo già dimenticata. Il problema è che qui le lezioni non s’imparano. Non c’è memoria. Cosa vogliamo fare? Dare una chance al virus? Dopo tutti gli sforzi e i sacrifici che sono stati fatti?”
Infine, una previsione sul futuro: “Se non ci aiuta il caldo avremo qualche problema. Glielo dico sinceramente: se abbiamo la fortuna che questo virus sia sensibile alla temperatura e all’irraggiamento ultravioletto, forse quest’estate ci salviamo. Ma non certo per le misure che abbiamo messo in atto. Il rischio che il virus si ripresenti è reale. Quanto remoto o quanto probabile non lo so”.