La decisione di non chiudere bar, ristoranti e negozi porterà "alla loro chiusura visto che comunque la clientela diminuisce senza però che questi potranno contare sul sostegno di misure economiche importanti. Si chiuda ciò che non è essenziale"
BELLINZONA - L'MPS chiede il lockdown, lasciando però le scuole aperte. La richiesta fa parte di una mozione presentata oggi dal Movimento, che lancia anche varie accuse al Governo. Che Pronzini e i suoi ce l'avessero con Bertoli per la questione delle mascherine nelle scuole, ora se la prende con la strategia in generale.
"In realtà il continuo e martellante richiamo alla responsabilità individuale non diventa altro che un alibi per non affrontare le responsabilità di chi svolge ruoli decisivi. Sarebbe colpa nostra, delle nostre scelte individuali se il virus si è diffuso: una logica che vuole nascondere la mancanza di decisioni collettive e d’insieme che, non prese o prese con grave ritardo (come l’obbligo della mascherina), hanno in parte vanificato i comportamenti virtuosi individuali", afferma infatti l'MPS.
"La popolazione comincia davvero a essere stufa di questa deresponsabilizzazione da parte dello Stato nei confronti della salute pubblica: è perfettamente inutile dire che sono vietati assembramenti con più di 5 persone se poi, per andare al lavoro, devo ammassarmi sui mezzi pubblici con ben più di 5 persone, se sui luoghi di lavoro non sono obbligatorie le mascherine e se perfino nell’amministrazione cantonale ci si ostina ancora a negare il diritto al telelavoro, non si garantisce la rotazione del personale e si organizzano riunioni in presenza con 10/20 dipendenti", prosegue.
Per poi lanciare le stoccate: "è chiaro le misure adottate fino ad ora a livello federale e cantonale si muovono in una chiara e semplice logica: quella di difendere l’apparato produttivo, di nuocere il meno possibile agli affari, anche se questo dovesse costare il sacrificio di vite umane. Anche dal punto di vista economico le scelte federali (così come quelle cantonali) sviluppano una logica tesa a sacrificare i settori più deboli dal punto di vista economico e produttivo, quei settori non legati alla grande industria, alla grande distribuzione e commercio, alle grandi imprese finanziarie. La decisione di non chiudere ristoranti bar e piccoli negozi alla lunga porterà alla loro chiusura visto che comunque la clientela diminuisce senza però che questi potranno contare sul sostegno di misure economiche importanti".
Quindi, ecco le richieste: "La nostra interpellanza procede su due binari. Il primo è quello della richiesta, di fatto, di un altro lookdown (anche se più limitato rispetto a marzo – le scuole rimarrebbero aperte). Il secondo è quello di una serie di misure sociali che permetterebbero di rispondere alle conseguenze materiali e sociali di questa decisione. Questo secondo aspetto, da noi come in altri paesi nei quali ha suscitato e suscita proteste, diventa centrale" (anche le misure economiche non piacciono).
Il lockdown consisterebbe in "chiusura di tutte le attività produttive e commerciali, pubbliche e private, non essenziali; chiusura di bar, ristoranti, luoghi di svago e tutte le altre strutture che prevedano dei contatti, tranne i servizi di cura alle persone; mantenimento, il più a lungo possibile, dell’insegnamento in presenza, potenziando le misure di distanziamento, di igiene e di protezione (obbligo delle mascherine in tutti gli ordini di scuola); il coinvolgimento, su tutti i luoghi di lavoro, del personale nella definizione dei piani di protezione e nella loro applicazione (competenze che possono essere demandate, dove esistono, alle commissioni del personale)".
E infine, un'altra frecciatina (dopo aver elencato una serie di misure economiche, dal reddito di pandemia di 4'000 franchi alla moratoria sui licenziamenti economici): "La nostra impressione, per finire, è che il governo abbia la speranza che a togliere le castagne dal fuoco sia il Consiglio federale che, magari già la settimana prossima, potrebbe tornare ad adottare misure straordinarie".