CORONAVIRUS
Le Camere di commercio non ci stanno: "Il Consiglio Federale ci ripensi"
Le CLCI alzano la voce: "Indignati. Limitazioni a ristorazione e negozi vanno riviste"
TIPRESS

BERNA – È con grande "sorpresa e sconcerto che le Camere latine di commercio e dell’ndustria (CLCI) hanno preso atto delle varie misure annunciate martedì dal Consiglio Federale, riferite a un nuovo piano strategico per fronteggiare la pandemia di COVID-19". Inizia così il comunicato congiunto dell'associazione che riunisce le Camere di commercio e industria di Ticino, Friburgo, Ginevra, Giura, Neuchatel, Vaud, Vallese e Berna. 

"La perplessità maggiore – si legge – è stata la constatazione che queste misure sono state messe in consultazione senza preavvertire né i Cantoni né le parti sociali. Le CLCI hanno sempre mostrato assoluto rispetto per le questioni di salute e supportato le aziende nell’allestimento dei piani di protezione. Tuttavia, esprimono la loro insoddisfazione e la loro indignazione per la procedura di consultazione in corso da martedì. Pur comprendendo l'urgenza della situazione, ritengono che l'esclusione dei rappresentanti dell'economia dalla procedura di consultazione sia del tutto incomprensibile.
Il Consiglio federale non sembra prendere sufficientemente in considerazione i numerosi provvedimenti presi nei nostri cantoni dall'inizio di novembre (dall’inizio della pandemia in realtà). La lotta al Coronavirus non è certo facile e i risultati di misure severe, anche draconiane, in termini di riduzione della diffusione del virus non sono paragonabili in tutte le regioni".

E ancora: "I nostri cantoni, però, sono intervenuti prontamente, facendo molti sacrifici, per limitare il più possibile la diffusione del virus e mettere in sicurezza i cittadini e le realtà aziendali correlate. In generale, anche se i « numeri » restano importanti, nei nostri cantoni tendono a essere in calo o, per lo meno, stabili. In questo contesto, è difficile capire perché, ora, tutti debbano essere improvvisamente soggetti alle stesse restrizioni, indistintamente. I nostri cantoni continuano a compiere quotidiani grandi sforzi. Gli annunci di martedì costituiscono quindi una doppia sanzione. Restano incomprensibili i drastici divieti proposti l'8 dicembre dal Consiglio federale. In primo luogo, nessuno ha potuto stabilire o ha mai indicato ristoranti, hotel e negozi come uniche fonti di trasmissione. La responsabilità delle persone continua a essere al primo posto nel bene e nel male di questa pandemia. Non possiamo sottovalutare che, per tutti questi settori, le festività natalizie rappresentano un momento decisivo per un miglioramento del proprio fatturato annuo".

"Non è un caso – conclude la nota – che queste aziende abbiano adottato misure di grande impatto, in termini commerciali e finanziari, per garantire la sicurezza dei collaboratori e dei clienti. Inoltre, durante le celebrazioni delle feste natalizie, queste realtà sono tra le uniche che restano pienamente attive sul territorio, mentre industria, edilizia, artigianato e servizi sospendono, con qualche eccezione, le loro attività o le esercitano in modo moderato (p. es. Telelavoro). Anche i controlli sul rispetto delle regole saranno qiuindi certamente più facili da attuare, in quanto anche meno numerosi rispetto al totale delle attività economiche. Le misure draconiane previste, in totale contraddizione con quanto deciso e annunciato dai nostri Cantoni nei giorni scorsi, screditano l'azione dello Stato a tutti i livelli. Illeggibili e ingestibili nel nostro contesto di federalismo, si rivelano controproducenti e del tutto ingiustificate. La chiusura dei ristoranti alle 19.00 e il divieto di apertura domenicale dei negozi sono misure che non rispettano il principio di proporzionalità. Tanto più che gli aiuti finanziari citati, limitati e senza effetti immediati, non impediranno molte chiusure di imprese, con gravi conseguenze sociali ed economiche. Chiediamo pertanto al Consiglio federale di riconsiderare le sue proposte, in particolare le limitazioni alla ristorazione e all'apertura di negozi".

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