Il presidente dell'UDC: "Flop contact-tracing. Ora servono aiuti in tempi brevi e senza burocrazia"
TICINO – Che il presidente dell’UDC Marco Chiesa sia scontento di come Berna sta gestendo la pandemia non è un mistero. Lo ha ribadito in un’intervista a Tio/20 Minuti approfondendo i motivi della sua delusione. “Non si è stati in grado – dice – di formulare un concetto di protezione dei gruppi a rischio. Il contact-tracing si è rivelato un flop. Si sono chiusi i ristoranti lasciando la gente libera di circolare sui mezzi pubblici, senza dimenticare che le mascherine inizialmente venivano etichettate come ‘inutili’”.
“Al primo posto – chiarisce – viene la salute. Ma il lockdown non è certo l’unica soluzione. Controlli alle frontiere, test rapidi e un contact tracing funzionante potrebbero essere degli strumenti utili”.
Chiesa loda il comportamento del Ticino durante la prima ondata. “Si è mosso bene, ma ora la palla è nelle mani di Berna. E di questo, purtroppo, ne dobbiamo prendere atto. Ma ora ci vogliono altri aiuti. Le chiusure costano circa sei milioni di franchi all’ora. Urgono aiuti in tempi brevi e senza burocrazia”.
E ancora: “Finita la pandemia, dovremo affrontare una crisi economica globale. Dovranno entrare in gioco investimenti pubblici e privati e una sana politica di preferenza indigena”.