CORONAVIRUS
Test di massa e fai da te: una strategia benedetta. No al teorema della "falsa sicurezza"
Il nuovo piano della Confederazione rappresenta un cambio di paradigma da accogliere con positività. Il meglio è nemico del bene

di Andrea Leoni

È passata un po’ in sordina la nuova strategia del Consiglio Federale in ambito di test. Per quanto ci riguarda è una notizia benedetta e che attendevamo da settimane. Rappresenta infatti un cambio di paradigma enorme nel contrasto alla pandemia.

Secondo quanto comunicato lo scorso fine settimana, infatti, dal 15 marzo la Confederazione si farà interamente carico dei costi di tutti i test nelle farmacie e nei centri dedicati, compresi quelli per gli assiomatici. Aziende e scuole potranno inoltre controllate a ripetizione e in loco, frontalieri compresi. In questo modo le imprese che metteranno in atto un depistaggio sistematico, potranno godere del vantaggio di evitare l’obbligo di quarantena per i dipendenti entrati in contatto con un collega risultato positivo. Non solo. Presto - speriamo molto presto - la Svizzera metterà a disposizione per ogni cittadino cinque “test fai da te” al mese, da poter svolgere direttamente a casa propria. Costo dell’operazione: un miliardo.

Premesso che solo la vaccinazione di massa potrà sottrarci dalle grinfie della pandemia e restituirci la tanto agognata normalità (o qualcosa che gli assomigli molto), il nuovo piano di depistaggio rappresenta un prezioso strumento in più per una riapertura graduale e in sicurezza della vita economica e sociale del Paese. Senza illuderci che possa essere una panacea salvifica, questa opzione va accolta e verificata con positività e coraggio. E dispiace che taluni, anche nel mondo medico, abbiano già cominciato a storcere il naso con una certa dose d’ingiustificato pregiudizio e di dannoso perfettismo.

Innanzitutto, testare a manetta, non ha controindicazioni. Può darsi che per finire l’arma non si rivelerà affilata come oggi si può sperare, ma male di sicuro non fa. A meno che non ci si aggrappi in modo ossessivo al teorema della “falsa sicurezza”. Ricordiamo che la tesi della “falsa sicurezza” è già stata causa dei tentennamenti sull’introduzione delle mascherine obbligatorie, una volta che  le avevamo reperite sul mercato. Dicevano certi esperti: e ma poi non tutti la indossano correttamente; e ma poi la gente dimentica le altre misure di sicurezza; e ma poi non tutte le protezioni sono efficaci in egual modo. E a furia di “e ma poi” abbiamo perso almeno sei mesi.

Teniamo qui a ribadire un concetto a noi molto caro. Mai come in una situazione d’emergenza il meglio è nemico del bene. Se aspettiamo di avere il test attendibile al 100%, se desideriamo che tutti lo sappiano utilizzare in modo ineccepibile, se tergiversiamo perché l’obbiettivo è che nessuno faccia il furbo, allora lasciamo perdere subito, perché il giorno che tutto si sarà incastrato perfettamente non arriverà mai.

Dobbiamo smetterla di concentrarci sul segmento potenzialmente negativo o incerto del problema, focalizzandoci invece sull’80% che potrebbe portare benefici positivi. Se tra qualche giorno sapremo testare molto più di adesso, sarà comunque un passo avanti e non indietro o sul posto.

Un altro elemento fondamentale della nuova strategia è che ci mettiamo a cercare il virus capillarmente, laddove si nasconde. Sarà banale ma finora non abbiamo mai avuto la possibilità di farlo davvero. Ci mancavano le armi. E allora ben venga una ricerca a tappeto, persona per persona, per bloccare la circolazione virale direttamente nelle case, nelle aziende o nelle scuole, anziché, come siamo stati costretti a fare finora, bloccando interi settori, con una caccia un po’ all’ingrosso e un po’ alla cieca: ndo cojo cojo.


Come sempre in questa pandemia è buona prassi guardare fuori da casa nostra per osservare cosa fanno gli altri. Nei supermercati tedeschi, negli scorsi giorni, sono stati messi in vendita i primi test fai da te e sono andati a ruba, anche se la Germania ha scelto un’uscita dal confinamento con un piano iper prudente, sovrapponibile a quello varato dal Consiglio Federale. A Barcellona, il 27 marzo, intendono autorizzare un concerto con 5’000 persone. Al chiuso. Per accedervi sarà necessario mostrare un test negativo effettuato in giornata ed indossare la mascherina FFp2, ma non sarà previsto distanziamento sociale.

Questi tentativi sono benvenuti e si poggiano tutti sulle nuove capacità di testare. Ben venga, quindi, se anche in Svizzera e in Ticino si proverà a sperimentare in tal senso, magari aprendo al pubblico un teatro, una partita di calcio o di hockey, le piscine e le palestre. Ci auguriamo insomma che questi test, come una chiave inglese, consentano al Consiglio Federale di allentare con più decisione la morsa del lockdown.


Come tutti sappiamo all’orizzonte c’è la Pasqua. Nel nord Italia la situazione volge al peggio. Per molti settori falcidiati dalle chiusure - in primis la ristorazione e il turismo, con tutto l’indotto legato ai fornitori - il periodo pasquale rappresenta l’occasione per cominciare a rialzare la testa dopo un inizio d’anno terrificante. D’altro canto però quella stesa occasione rappresenta anche un potenziale pericolo sanitario, a causa delle molte persone che circoleranno nel nostro Cantone, profittando delle vacanze. Il ministro Raffale De Rosa si è fatto messaggero di questa fondata preoccupazione: “Sarebbe devastante riaprire tutto a Pasqua e richiudere due settimane dopo”.

Mancano ancora molti giorni e la situazione è assai fluida: nessuno è in grado di fare previsioni (a parte la maggioranza del Nazionale…). Ma ci auguriamo che la nuova strategia dei test di massa possa aprire la strada per trovare un compromesso ragionevole.

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