Locarno, l'audit sulla casa anziani: resistenze ai cambiamenti, lacune nelle cure, troppi frontalieri, dipendenti in cura psichiatrica, autoritarismo, minacce velate e ricatti...
di Marco Bazzi
LOCARNO – È un documento “politicamente esplosivo”, che delinea una situazione non critica ma catastrofica. Ecco perché, alla luce dell’audit commissionato in gennaio alla società iQ Center, il Municipio di Locarno ha deciso di azzerare i vertici del San Carlo, prospettando il licenziamento al direttore degli Istituti sociali e alla direttrice (o responsabile) della Casa.
Le oltre venti pagine firmate dai consulenti a cui la Città ha fatto capo – Daniele Intraina e Alberto Cotti – delineano una situazione gravissima.
Riassunta così nelle righe finali del documento, che liberatv ha potuto leggere: “Scelte errate a livello dirigenziale e di quadri, organizzazione inadeguata, insufficiente utilizzo delle tecnologie, scarso sviluppo e valorizzazione del personale hanno portato al punto in cui siamo oggi. L’intervento nostro è tardivo: fossimo stati chiamati in settembre gli scenari di soluzione sarebbero stati diversi”.
Il documento indica una totale mancanza di leadership da parte della Direzione, atteggiamenti autoritari e non autorevoli, la rottura del rapporto di fiducia tra la Direzione stessa e il personale, il ruolo invasivo dei sindacati (in particolare della VPOD), che ha peggiorato le cose, l’eccessiva presenza di personale frontaliero, il degrado del clima di lavoro, gli effetti negativi sugli anziani ospiti... E segnala anche i rischi legati al fatto che quattro dipendenti dell’Istituto siano in cura psichiatrica.
I consulenti del Municipio premettono che il San Carlo è “una struttura con un passato, un presente e un futuro caratterizzato da forti resistenze al cambiamento, palesi lacune di gestione, errori di comunicazione”.
I colloqui hanno evidenziato che “sono presenti in buon numero persone coscienziose, affidabili, desiderose di far bene, sostanzialmente riservate e orientate all’ospite”.
Ma poi l’analisi complessiva è impietosa.
L’organizzazione generale
Aver creato un Dicastero degli istituti sociali è stato un errore, scrivono: “È una struttura anomala, palesemente inadeguata ai bisogni della Città di Locarno. Un modello del genere, simile a quello applicato a Lugano, presuppone l’esistenza di almeno due o tre case subordinate al Direttore”.
“Un Direttore Istituti sociali con una sola casa anziani alle sue dipendenze rimane ‘il Direttore’ agli occhi di tutti, e non potrà, per evidenti ragioni, dar spazio effettivo e adeguato alla Responsabile della casa, anche se nei mansionari si tenta di farlo. È un doppione innaturale, che di fatto concorre a limitare l’autonomia delle due persone nelle rispettive funzioni”.
Questa organizzazione crea evidenti problemi: “La Responsabile di sede non ha tutte le competenze e responsabilità necessarie per far funzionare nel migliore dei modi la casa: non è coinvolta nei budget, non conosce gli stipendi, ecc., per cui non può decidere, dettare il ritmo, dovendo concordare sempre una linea d’azione”.
E “di fronte al personale questo ha un effetto devastante e dà alibi a contestazioni su piani diversi”.
Una storia travagliata
“La storia della casa è oggettivamente travagliata, frutto di una pluriennale gestione a prima vista poco professionale”, rilevano i consulenti, per cui sarebbe sbagliato interpretare gli eventi recenti solo alla luce della gestione degli ultimi due anni.
L’assenza di schede sanitarie informatizzate, e una turnistica desueta e non più conforme ai disposti di legge, hanno fatto sì che l’organizzazione di abituasse a un “pressapochismo di gestione”.
Rimane da capire “come mai per anni si è operato al di fuori delle regole di funzionamento minime per strutture di questa natura. Il degrado è stato importante, per cui al primo tentativo di riassetto non sono mancate le reazioni”.
Il ruolo della Direzione
Chi ha dunque avuto il compito di fare ordine (in primis il Direttore istituti sociali) si è dunque trovato in una situazione di conflitto, “tra l’altro abilmente sostenuta e alimentata da chi non voleva il cambiamento, e da sindacati con evidenti e palesi interessi di categoria”.
“L’inesperienza di direzione ha giocato un ruolo importante a livello di comunicazione e di gestione dell’informazione e del gruppo”, si legge ancora nell’audit: “Andavano cercate forme di coinvolgimento e di dialogo maggiormente costruttive e propositive”.
“L’intervento della Direzione, corretto e condivisibile nella sostanza, è stato fatto con uno stile e un modo di comunicare non sempre appropriati”.
Il ruolo dei sindacati
Duro il giudizio sul ruolo dei sindacati: “È inammissibile il fatto che rappresentanti sindacali abbiano potuto avere libero accesso alla casa, senza autorizzazioni puntuali, e lavorare così alla messa in evidenza dei problemi, piuttosto che alla ricerca di soluzioni. Un sindacato, o qualsiasi altro estraneo, può accedere alla Casa solo se autorizzato dalla Direzione: è una questione di correttezza, che soggiace a qualsiasi lavoro di costruzione collettiva”.
La gestione dei turni di lavoro
Sul piano dei turni di lavoro (sempre delicato in una casa per anziani), “un passo avanti anche contro le abitudini consolidate andava fatto. Piaccia o non piaccia agli interessati, soprattutto a chi si è dato nel tempo abitudini consolidate. Evidentemente il fatto di aver imposto soluzioni e utilizzato un numero rilevante di ipotesi di turni ha creato ostacoli e alimentato tensioni”.
Numerose assenze per malattia del personale nell’estate 2015 hanno inoltre creato stress e aumento di tensione.
“Richiami e richieste della Direzione, volte a chiedere il rientro del personale in vacanza, turnistica per forze di cose rivista e modificata a più riprese in modo autoritario, hanno contribuito a creare nuove tensioni. Nel frattempo il personale di staff è rimasto ancorato, legato ai propri compiti, senza rendersi disponibile ad un aiuto sul campo a chi era in difficoltà”.
La mancanza di leadership
“Non c’è un leader unico, visibile e autorevole, che dirige la Casa, e ognuno cerca di far da sé, senza fare squadra”.
“Stiamo parlando di una struttura importante, che coinvolge circa 250 persone tra addetti ai lavori e ospiti”. In un simile contesto un leader è irrinunciabile.
L’incontro con il “gruppo di riflessione”
I consulenti hanno svolto diversi incontri, a livello di gruppo e a livello individuale.
Il cosiddetto “gruppo di riflessione”, composto da una ventina di dipendenti, è stato, secondo loro “abilmente pilotato, condotto e anche manipolato, in particolare dal sindacalista della VPOD. La maggior parte delle problematiche emerse concernono aspetti amministrativi o gestionali che si sarebbero potuti risolvere con un minimo di ascolto, partecipazione, flessibilità, organizzazione aziendale”.
“L’aspetto principale emerso in modo evidente dall’incontro (con il gruppo di riflessione, ndr) è che oggi non c’è più fiducia nella Direzione”.
“Analogo segnale viene dai colloqui individuali. Il personale vuole una Direzione competente, disponibile, che ascolta, professionale, che non fa preferenze (nelle assunzioni, nei turni, nell’ascolto, nell’assegnazione dei compiti) e che sia da esempio per tutti”.
L’incontro con il “gruppo sicurezza”
“La discussione ha evidenziato due fatti importanti: a distanza di due anni (un Audit è stato fatto nel febbraio 2014) la sicurezza oggi non è garantita, così come la manutenzione della Casa accusa ritardi incomprensibili. Come sempre in questi casi si gioca allo scarica-barile, tra addetti, Direzione, Ufficio tecnico comunale”.
I colloqui individuali: fino alle lacrime
L’istituto San Carlo, che impiega circa 120 persone e conta 120 ospiti “ha bisogno di una leadership riconosciuta che goda della fiducia del personale”, di “punti di riferimento sicuri e autorevoli”. Oggi questa fiducia non c’è più.
“Il disagio c’è ed è forte (…). Parecchie persone risentono fortemente gli effetti di un clima di lavoro degradato, al punto di sentirsi psicologicamente in crisi, molti propensi alle lacrime”.
“La Direzione decide d’autorità anche quando potrebbe cogliere l’occasione per coinvolgere e dialogare. Gli esempi si sprecano: dai turni ai mansionari modificati senza discussione, al recupero delle vacanze o delle ore supplementari, ai criteri di scelta per i corsi di formazione”.
Minacce e sottili ricatti
Un altro grave elemento, anche se difficile da verificare, ma segnalato da numerose testimonianze, viene sollevato “con molta prudenza, ma con profonda preoccupazione”: “Minacce più o meno velate, sottili ricatti, privilegi assegnati a persone vicine o mancate adesioni a richieste giustificate”.
“Le lacune e gli errori si sommano, e questo vale dal livello di Direzione, alla Responsabile della struttura, ai capi-reparto, alla Responsabile del settore alberghiero”.
Durante gli incontri con il Direttore e la Responsabile di sede “non abbiamo mai avuto l’impressione di avere di fronte persone autoritarie. Anzi. Lo stress o la sensazione di essere in pericolo hanno probabilmente scatenato comportamenti o atteggiamenti di difesa che si traducono sostanzialmente in poco ascolto e scarso dialogo”.
A causa di questi atteggiamenti “si è rotto il rapporto di fiducia e di stima reciproca”. L’audit parla di “atteggiamenti freddi e autoritari da parte della Responsabile”, di “momenti d’ira del Direttore, esternazioni non sempre felici…”.
I riflessi sugli ospiti e la qualità delle cure
“L’anziano percepisce e risente – in modi e con sensibilità diversi – degli effetti di un clima di lavoro non ideale”, scrivono i consulenti.
E segnalano “lacune importanti nell’organizzazione delle cure. Questa situazione potrebbe essere in parte tollerata se si disponesse almeno di una cartella clinica informatizzata, sempre puntualmente aggiornata. Il che non è il caso oggi. Il settore cure – condotto da quattro persone con formazione infermieristica – non risponde alle aspettative”.
A detta di molti operatori nel tempo si è verificato un calo di qualità significativo” nelle cure. Inoltre, “le norme di igiene non sono sempre rispettata da tutti, anche se i piani di igiene sono allestiti e codificati”.
La presenza di frontalieri
“La presenza di frontalieri è importante, come in tutto il sistema sanitario e sociale del Cantone (…).
Come sempre però è un problema di misura e di attenzione: spesso la tendenza di chi occupa posti chiave con un presente o un passato di non residente è di far ricorso ad amici e conoscenti, il che crea inevitabilmente malcontento, spesso anche quando le persone sono qualificate. Riteniamo sia importante che il Municipio vigili con particolare attenzione e sensibilità su questa problematica, che di fatto è molto sensibile e fonte di animosità e tensioni. Alcune assunzioni e scelte gestionali fatte nel recente passato sono oggettivamente sorprendenti e fori luogo”.
I dipendenti in cura psichiatrica
I consulenti segnalano anche un altro serio problema. “Quattro persone attive in ambito sanitario sono in cura psichiatrica, e leggendo i certificati medici, ma anche secondo il comune buon senso, qualche perplessità importante emerge (…). Siamo certi che non ci siano anche impatti negativi sugli ospiti o potenziali pericoli? Chi ha firmato i certificati medici come valuta la situazione?”.
“Lavorare in una casa anziani, a fronte di situazioni individuali che richiedono competenza, attenzione, disponibilità all’ascolto, capacità di intervento, presuppone tranquillità emotiva e buone condizioni di salute. Accettare che vi operino persone non a posto da questo punto di vista significa correre dei rischi”.
L’audit proponeva tre soluzioni, dalla più soft alla più drastica: azzerare i vertici di Casa San Carlo. Il Municipio nelle scorse settimane ha optato per quest’ultima.