Il regista, raggiunto dalla RTS, parla anche del suo legame con la Svizzera e la cittadina di Gstaad, in cui trascorse il periodo ai domiciliari: “Amo molto la Svizzera e questa regione: ne apprezzo la gente, che è stata sempre molto gentile con me”
PARIGI – “Sono felicissimo di avere l’occasione di andare a scoprire Locarno, un festival che non conosco direttamente, e sono molto grato agli organizzatori per avermi invitato”, con questa frase, pronunciata in italiano, Roman Polanski chiude l’intervista concessa un paio di settimane fa in esclusiva alla RTS salutando il pubblico del Festival.
L’occasione del servizio è stata proprio l’annuncio della sua presenza a Locarno e argomento principale è quindi il cinema e i motivi che l’hanno spinto ad accettare l’invito: “Per noi registi molto dipende sempre dalla nostra disponibilità. C’è stata l’occasione di andare a Locarno e ne sono felice: terrò una masterclass con dei giovani cineasti ed è una cosa che trovo sempre interessante. Ho accettato l’invito perché è uno dei festival più antichi, con una grande storia alle spalle, di cui ho sentito molto parlare, e soprattutto non commerciale come Cannes, ma più culturale e interessante per un cineasta”.
E le migliaia di spettatori in Piazza Grande, chiede il giornalista, anche questo l’ha attirata? “Beh – risponde con una battuta – quello che sarà interessante sarà vedere due attori sullo schermo di fronte a migliaia di persone, quando ai nostri giorni ormai succede spesso il contrario… c’è più gente nel film che nella sala!”
Ma oltre al cinema, affrontato parlando anche del nuovo film in lavorazione del regista, il cui soggetto sarà l’affaire Dreyfus, spazio anche al suo rapporto con la Svizzera e al legame con la cittadina di Gstaad, dove Polanski trascorse gli arresti domiciliari nel suo chalet.
“Gstaad è una storia molto antica per me, sono più di 40anni che la frequento. Quando vi sono andato per la prima volta c’erano molte star che la frequentavano, c’eranocome Peter Sellers, Julie Andrews, Blake Edwards, per ricordarne alcuni. Ora ce ne sono meno, ma in ogni caso fu proprio questo coté internazionale di questo piccolo villaggio che mi attirò all’epoca. Amo molto la Svizzera e soprattutto questa regione: qui ho molti amici e amo molto anche la gente, che è stata sempre molto gentile con me”.
Perciò, chiede il giornalista, nessun risentimento per gli arresti domiciliari? “Quello che mi è rimasto sono state le testimonianze di vicinanza di tutte le persone attorno a me, e soprattutto la gente di Gstaad che veniva a testimoniarmi la sua simpatia e la sua amicizia, portandomi una bottiglia di vino di tanto in tanto anche”.