LOCARNO - Le polemiche contro l'invito del Festival di Locarno a Roman Polanski sono sproporzionate. Parola di Michele Fazioli. Il giornalista, volto storico della RSI, firma oggi sul Corriere del Ticino, nella sua rubrica settimanale "Fogli al vento", uno scoppiettante articolo dedicato al caso politico-cinematografico che sta infiammando il Pardo e l'agosto ticinese. "Che barba - esordisce Fazioli - le polemiche sul Festival di Locarno. Che barba l’incanaglimento di un dibattito che potrebbe essere anche acceso ma vivificante: si possono avere idee diverse su film, eventi, ospiti e dirle senza cadere ogni anno in una incupita indignazione oltre misura (il moralismo è nemico della moralità) che porta a veementi difese (la retorica della libertà, a prescindere da tutto il resto). E intanto si perde di vista la complessità dell’offerta culturale intera (con tutti i chiaroscuri, i punti forti e i punti deboli) di una rassegna importante, di qualità, quale è il Festival di Locarno, di risalto internazionale". Fatta la premessa, Fazioli ripercorre in sintesi la vicenda del regista all'origine dello scandalo: "La colpa – grave – di Polanski accadde una volta, 37 anni fa, in un contesto brutto di libertinismo e di droga. Ci fu un rapporto sessuale con una tredicenne, stordita da alcol e droga, come auto-stordito fu lo stesso regista (comunque gravemente colpevole), allora 44.enne (oggi ne ha 81). Polanski fu condannato e scontò una pena di due mesi in un carcere duro per atti sessuali con minorenne, senza accusa di stupro. Successivamente un giudice americano ritenne che egli non avesse pagato abbastanza, riaprì il caso e Polanski lasciò allora gli USA, dove il caso resta pendente. Per le autorità svizzere ed europee, oggi Polanski (che tiene casa nell’Oberland bernese) è un uomo a piede libero, non perseguibile: lavora, partecipa a eventi, nel maggio scorso era ospite al festival di Cannes. Di quella grave colpa lontana Polanski si è detto pubblicamente pentito. La vittima ha dichiarato più volte di essere certa che il regista non volesse farle del male e che comunque lei l’ha perdonato. E allora basta, per favore". "Polanski - argomenta Fazioli sul CdT andando al cuore del discorso - viene a Locarno a ritirare un premio alla carriera (è un grande regista, ha firmato opere memorabili) e a tenere un corso di cinema. Tracciare nessi ossessivi fra la sua presenza e il fenomeno della pedofilia è una forzatura. La presenza di Polanski al festival non indulge assolutamente a un lassismo sulla difesa sacrosanta dei minori dalle molestie e dalle violenze. La sfera del privato (fermo restando che ognuno deve pagare le proprie colpe penali comprovate) non può congelare la valutazione della produzione artistica e in generale della complessità di una esistenza. Se tornasse in vita Pier Paolo Pasolini e venisse invitato a Locarno a parlare di cinema solleveremmo un putiferio perché il regista e scrittore intratteneva commercio sessuale con ragazzi minorenni (e non una volta sola)?". "Si può discutere - conclude il giornalista - se fosse proprio opportuno invitare Polanski a Locarno e premiarlo. L’autorevole critico cinematografico della NZZ, senza aderire alla campagna di accuse, ha sollevato un dubbio in proposito, affermando che Polanski era già stato premiato a Zurigo tre anni fa e che a Locarno viene proiettato solo il suo ultimo film, già in circolazione in tutte le sale della Svizzera. Perché questo premio, ancora? Contro la presenza del regista franco-polacco a Locarno si poteva muovere un appunto critico, sollevare un dubbio di opportunità. Ma invece che lo stiletto si è usato il cannone, si parla di boicottaggio, si pressano gli sponsor del festival, ci si appella allo Stato, ci si stracciano le vesti e si bombarda, per un ospite, tutto l’insieme della ricchezza del festival. Sproporzionato".