L’ex senatore PLR torna sul caso che ha infiammato la 67esima edizione del festival: “Un episodio che rientra nelle banalità provinciali, assurte ora a dimensioni internazionali, e che palesa una mentalità intrisa di supponenza e fanatismo”
LUGANO – “Bene; la polemica è chiusa grazie all’intelligenza di Roman Polanski e alla sua lezione di cortesia e di rispetto per le opinioni altrui, anche se non condivise e sgarbate”, comincia così il suo caustico intervento pubblicato oggi sulle pagine de LaRegione l’ex senatore PLR Sergio Salvioni.
Caustico, già. Salvioni chiede infatti spazio per alcuni commenti a riguardo di un episodio che, scrive, “per un lato rientra nelle banalità provinciali, assurte purtroppo ora a dimensioni internazionali e che dall’altro palesa una mentalità intrisa di supponenza e fanatismo”.
Con il ‘caso Polaski’, prosegue l’avvocato in un parallelo con ben altri fanatismi, “siamo purtroppo tornati nel Medioevo”. Insomma, dopo quattro secoli di storia alla conquista della libertà di pensiero e del rispetto dell’essere umano (“anche quando sbaglia”), “oggi assistiamo alle nefandezze degli adepti a religioni o ideologie che non accettano la pluralità delle credenze ma sostengono fanaticamente l’unicità della loro fede”.
Qui, rimarca Salvioni, “i metodi sono diversi, ma il principio è lo stesso: non intendo entrare nel merito della scomunica di Dadò contro la direzione del Festival di Locarno, già se n’è scritto abbastanza (e troppo). Forse qualcuno dovrebbe meditare sulla risposta data a chi chiedeva cosa pensasse dei preti pedofili e omosessuali: «E chi sono io per giudicarli?».”
La stoccata di Salvioni entra quindi nel vivo: ricordando i passi fatti da Papa Francesco sul tema, scrive: “La pedofilia è un crimine, ma la marchiatura con ferro rovente di una persona è un crimine altrettanto grave. Dall’antichità si è cercato, quando per vari motivi non si voleva o poteva giungere alla soppressione fisica, di ottenere la esclusione dei reali o presunti colpevoli dal consorzio umano, che, a quei tempi, significava la morte civile. Per i reati esiste la giustizia penale. Per il resto: chi siamo noi per giudicare?”