Il risultato di ieri ci obbliga a riconsiderare le analisi. Chiesa domina. Farinelli non decolla. Regazzi non più outsider. A Gysin serve un miracolo. Mirante variabile impazzita
di Andrea Leoni
Ho sbagliato pronostico: credevo che Alex Farinelli avesse la strada spianata verso il Consiglio degli Stati. Invece è arrivato terzo, a circa a 1’500 voti dall’outsider Fabio Regazzi (ottima prestazione), ma soprattutto a 12’000 preferenze dal primo classificato, Marco Chiesa. Sul senatore uscente nessun errore di previsione, avendolo indicato come favorito per una rielezione, ma il distacco dal competitor PLR è gigantesco. Difficile comprendere le ragioni per le quali la candidatura Farinelli non sia decollata, ma il voto di ieri è un elemento di concretezza ineludibile che ci obbliga a correggere le analisi e a mettere in discussione alcuni capi saldi storici.
Il primo dei quali è che, da decenni, il Ticino elegge agli Stati un rappresentante di centrodestra e uno di centrosinistra. Lo spoglio di ieri ci dice che questa “regola” potrebbe cambiare. Oltre al favoritissimo Chiesa, potrebbe infatti varcare la soglia del Senato un altro uomo di centrodestra, Fabio Regazzi. Fin qui ha condotto una campagna da vero outsider, come quelle squadre che procedono a fari spenti e poi, nelle ultime giornate di campionato, sbucano all'improvviso come contendenti per il titolo. Ora non può più nascondersi: gli elettori gli hanno dato i punti per agguantare la vittoria.
Il suo diretto concorrente sarà Alex Farinelli, che oltre a fare il pieno in casa sua, con la speranza che l’ala destra del suo partito non voti più Regazzi, dovrà effettivamente sfondare nell’area di centrosinistra. Qui vi sono diverse incognite. La prima è che al ballottaggio non ci sarà un candidato del PS e dunque sarà interessante capire quanti socialisti saranno motivati a partecipare al voto. E tra chi sceglierà di partecipare quanti faranno ricorso al voto utile per sbarrare la strada all’ipotesi di due senatori di centrodestra? Tra l’altro c’è un paradosso meraviglioso: chi tifa per l’elezione di Giorgio Fonio (sindacalista di centrosinistra), dovrà votare Fabio Regazzi (imprenditore di centrodestra).
A sbarrare il campo a Farinelli ci sarà in prima battuta Greta Gysin. Nonostante il risultato catastrofico dei Verdi, e un bacino elettorale di partenza assai inferiore al PS, è riuscita a prevalere su Bruno Storni. Risultato non banale. Rispetto a quattro anni fa però, quando venne eletta Marina Carobbio (politica con un curriculum federale straordinario), il vento soffia decisamente in un’altra direzione (l’area rossoverde in Ticino ha lasciato sul campo il 7%, un bagno di sangue). Serve un miracolo per entrare in partita e convogliare dietro di se ogni singolo elettore di centrosinistra, convincendoli a non spendere la seconda crocetta.
Anche perché c’è una quinta incomoda, Amalia Mirante, che porta a casa un risultato strabiliante. Le elezioni federali, sulla carta, non erano per nulla una corsa adatta né per lei né per il suo Movimento Avanti con Ticino e lavoro. Invece, con una campagna poverissima in termini di risorse finanziarie, Mirante ha raccolto 14’000 voti per gli Stati ( il 13%!) e, ancora più sorprendente, la lista di Avanti il 4% al Nazionale. Questo ci dice che il movimento comincia ad avere una base elettorale solida. Politicamente, pur incastonandosi nell’area di centrosinistra, Mirante ha idee decisamente più centriste di Gysin. Ciò emerge con chiarezza sulla politica climatica, ma anche su fiscalità, casse malati, immigrazione.
In tanti le tireranno la giacchetta nei prossimi giorni, in vista del ballottaggio. Lei è la variabile impazzita del secondo turno.