Gobbi sulla distribuzione del Corano nelle piazze: "Un fenomeno che per ora non tocca il Ticino. Ma un libro va letto per essere capito. Quello che va proibito è l’estremismo in ogni sua forma". E il ministro condanna le azioni violente "che vengono da si
Il ministro: "Per il Servizio delle attività informative della Confederazione il problema è sì la possibilità di atti terroristici, ma nella pratica, fino ad ora, ciò che ha creato maggior disagio sono state le azioni collaterali di questi gruppi legati agli ambienti estremisti!"
foto: TiPress/Samuel Golay
di Norman Gobbi * (opinione pubblicata sul Mattino della domenica)
La Svizzera è un Paese libero. Ma la Svizzera è anche un Paese sicuro. Sicurezza e libertà: due valori che sono strettamente connessi, che a volte sono messi in contrapposizione, ma che sono entrambi essenziali per il benessere di ogni cittadino. Un equilibrio sul quale mi sono interrogato in questo mio contributo, prendendo spunto dalla discussione in atto sulla distribuzione del Corano nel nostro territorio.
In questi giorni alcuni conoscenti mi hanno chiesto cosa ne pensavo della diffusione del Corano nelle nostre piazze, dopo che questo argomento è stato tematizzato nella risposta a un’interrogazione del Gran Consiglio, nella quale come Consiglio di Stato abbiamo affermato che non è necessario proibirne la distribuzione.
La Legge federale vieta i gruppi estremisti
In Ticino, Città e Comuni possono decidere di non concedere l’autorizzazione all’allestimento di bancarelle e alla distribuzione del Corano allo scopo di proteggere la sicurezza pubblica. La legge lascia questo compito al livello più vicino alla popolazione del nostro sistema federalista, che ha una sensibilità particolare riguardo il proprio territorio. A livello federale invece, tra le misure per la salvaguardia della sicurezza interna, viene definita la possibilità di vietare qualsiasi attività che promuova il terrorismo e l’estremismo violento.
Soprattutto negli ultimi anni, la legge si è adeguata definendo in maniera mirata il divieto di promuovere determinati gruppi che si sono resi noti a livello internazionale con quegli atti di violenza inaudita che purtroppo noi tutti conosciamo. La legge federale vieta già i gruppi estremisti e associazioni a loro riferite, come l’associazione “Lies!”.
Quindi, in caso di reale minaccia sul nostro territorio, gli strumenti ci sono e possono essere utilizzati per proibire la distribuzione del Corano da parte di persone estremiste. Nel nostro Cantone la situazione, che è costantemente monitorata dall’intelligence della Polizia cantonale, al momento non sembra destare timori al riguardo.
Nelle nostre piazze fortunatamente non circola materiale propagandistico che possa mettere in pericolo la sicurezza dei ticinesi. Se fosse il caso, i nostri agenti agirebbero senza timori per risolvere il problema, allontanando chi rappresenta una minaccia per la popolazione, come del resto sono abituati ad agire nel loro lavoro quotidiano a favore della nostra sicurezza.
Questo è, in maniera riassunta, quanto contenuto nella risposta che come Governo abbiamo dato al parlamento ticinese. Proprio questa risposta ha fatto scaturire le domande dei miei conoscenti, che volevano la mia risposta personale alla questione. Per farlo, ho voluto affrontare la questione da un lato meno “operativo” o “legislativo”, riallacciandomi al delicato equilibrio tra libertà e sicurezza.
La mia risposta è stata semplice e chiara: condivido la posizione che come Governo abbiamo deciso, poiché credo che un libro vada letto per essere capito. Quello che va invece proibito è l’estremismo in ogni sua forma, che - è vero - in alcuni casi può venire da un’interpretazione distorta di un libro. Questo non va tollerato.
Ma aggiungo: non deve essere tollerato in nessuna circostanza e in nessun ambito, poiché distrugge in un solo attimo sia la libertà, sia la sicurezza sulla quale si costruisce il nostro Paese.
Terrorismo e cyberattacchi
Proprio negli scorsi giorni stavo leggendo il rapporto sulla sicurezza della Svizzera, pubblicato dal Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC). In primo piano c’erano chiaramente il terrorismo jihadista e i cyberattacchi, che sono il centro della politica della sicurezza ormai in tutti paesi dell’Europa.
Scorrendo il resto del rapporto, leggevo di come i flussi migratori possano incidere sulla questione della sicurezza legata al terrorismo, siccome gli attentatori possono sfruttare questa situazione per giungere in Europa. Continuando a leggere, mi è saltato però all’occhio questo paragrafo: “Se in Svizzera, a differenza di altri Paesi in Europa, gli ambienti di estrema destra non hanno sinora fatto ricorso alla violenza contro i richiedenti l’asilo o contro infrastrutture e fornitori che operano nell’ambito dell’asilo, le cerchie di estrema sinistra hanno incluso la migrazione tra i loro temi fondamentali, agendo anche in modo violento.”
Per il SIC quindi il problema è sì della possibilità di atti terroristici, ma nella pratica, fino ad ora, ciò che ha creato maggior disagio sono state le azioni collaterali di questi gruppi legati agli ambienti estremisti!
Un estremismo che viene da sinistra e che si manifesta in maniera violenta, e al quale l’anno scorso, nel periodo più caldo dell’estate, abbiamo dovuto far fronte anche nel nostro Cantone. Un estremismo che rovina infrastrutture, imbratta edifici privati o pubblici, offende agenti che ogni giorno si adoperano a favore della collettività. Un estremismo… che preoccupa la Confederazione quasi più della minaccia terroristica in sé, poiché è una questione con la quale siamo confrontati già oggi nella pratica!
Mi dovranno scusare coloro che mi hanno fatto la domanda specifica sulla distribuzione del Corano: ma ho voluto cogliere lo spunto per poter discutere con voi di ciò che veramente è il fulcro della questione. Una problematica reale che intacca il benessere dei cittadini, che confonde la libertà di espressione con l’arroganza di imporsi, distruggendo tutto ciò che direttamente e indirettamente entra nel radar del proprio odio. Senza accorgersi che, in fin dei conti, queste azioni si ripercuotono sulla libertà e la sicurezza della collettività per la quale questi gruppi affermano di lottare.
Come ministro della sicurezza del nostro Cantone sono quindi sicuro che sia l’estremismo di ogni genere a dover essere il centro del nostro lavoro, indipendentemente da come si manifesti: tramite propaganda nelle piazze o tramite atti violenti nelle manifestazioni.
La Svizzera è un Paese libero. Ma è anche un Paese sicuro. Ed è per questo che lo Stato deve lottare: per la libertà e la sicurezza che sono alla base del benessere di ognuno di noi!
* direttore Dipartimento istituzioni