Lo scrittore Massimo Fini commenta con il suo stile graffiante e provocatorio lo scandalo che ha travolto Hollywood: "Si batte sempre e solo il tasto del potere di ricatto maschile sul luogo di lavoro. Che c’è, naturalmente, ma è più limitato, se non altro perché può essere esercitato solo dall’alto in basso ed è verificabile, mentre il Fi...Power è diretto a tutto campo e praticamente indimostrabile"
L’intellettuale milanese, in un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano, ha espresso il suo punto di vista sulla vicenda del produttore cinematografico fondatore della Miramax. Ma il caso a luci rosse hollywoodiano è solo lo spunto del ragionamento articolato nel pezzo apparso sul quotidiano italiano diretto da Marco Travaglio.
“Quello di Weinstein - scrive Fini - è un caso tipico di abuso di potere, ma una donna maggiorenne, adulta, sa, o dovrebbe sapere, cosa fa quando concede i propri favori sessuali, magari controvoglia, in cambio di promesse, mantenute o no, di carriera: si prostituisce. Non ci sarebbero corruttori, nel sesso come in politica, se non ci fosse chi è disposto a farsi corrompere”.
Fatta la premessa lo scrittore va dritto al nocciolo: “Qui si innesta un’altra questione, che è generale e va ben oltre lo strampalato e apparentemente dorato mondo di Hollywood: quella che nel mio Di(zion)ario erotico ho chiamato –e spero che i lettori mi passino la crudezza del termine- il Fica Power. Com’è fuori discussione che ci sono uomini di potere che ne abusano per portarsi a letto delle belle ragazze sostanzialmente, anche se subdolamente, ricattandole, è altrettanto fuori discussione che ci sono parecchie donne che utilizzano il proprio sesso per avere scorciatoie di carriera, all’interno delle aziende e altrove”.
“Invece di indignarsi - argomenta ancora Fini - quando si parla di "Fi...Power" le femministe o comunque i tanti teorici delle pari opportunità dovrebbero prestare a questo aspetto qualche attenzione, perché questo atteggiamento lede innanzitutto i diritti e le aspettative di quelle donne che sul posto di lavoro si comportano con correttezza. E’ la mortificazione della tanto decantata meritocrazia. Ma questo non si può dire. E’ tabù. Viene considerata un’intollerabile offesa all’immagine della donna che è ridiventata, come nell’Ottocento ma per motivi diversi, un essere angelicato, depurato di ogni bruttura morale. Si batte quindi sempre e solo il tasto del potere di ricatto maschile sul luogo di lavoro. Che c’è, naturalmente, ma è più limitato, se non altro perché può essere esercitato solo dall’alto in basso ed è verificabile, mentre il "Fi...Power" è diretto a tutto campo e praticamente indimostrabile”.
“Inoltre - chiosa lo scrittore - se è vero che l’uomo di potere può facilmente usarlo per ricattare è anche vero che può essere altrettanto facilmente ricattabile e fare la fine dell’incolpevole Strauss-Khan. Un banchiere americano ha confessato che piuttosto che salire in ascensore con una donna sola (in cento piani può accadere di tutto) preferisce aspettare il giro successivo. L’alternativa è la verbalizzazione. Possibilmente scritta e certificata. Negli Stati Uniti circolano moduli in cui i due mettono nero su bianco la loro intenzione di fare sesso e la donna, a scanso di equivoci, dichiara anche fino a che punto è disposta a spingersi. Se andiamo avanti di questo passo i rapporti fra i sessi, già difficili in una società solo in apparenza libera, in realtà sessuofobica, puritana, sempre più simile al matriarcato americano, diventeranno impossibili. Se bisogna verbalizzare, certificare, sottoscrivere, beh allora è meglio soddisfarsi da soli dietro una siepe.