POLITICA E POTERE
"Il mio "no" alla...No Billag". Marco Chiesa in campo contro l'iniziativa: "È troppo radicale: se approvata metterà in ginocchio il servizio pubblico, l’azienda RSI e molte famiglie. Io non me la sento di appoggiarla"
Intervista al Consigliere Nazionale UDC che si schiera contro la proposta di abolizione del canone promossa anche da una parte del suo partito: "Se passerà avremo un enorme problema economico e sociale nel nostro cantone. Un conto è voler testimoniare la propria insoddisfazione verso la RSI, un’altro è annichilire l'azienda"
Ti Press
di Andrea Leoni

COMANO - Nel solco della migliore tradizione della nostra democrazia diretta, l’iniziativa popolare No Billag rimescola, almeno un pochino, le carte del quadro politico. In questo modo, accanto ai due blocchi, che voteranno in osservanza delle rispettive convinzioni politiche, avremo anche alcuni cittadini che faranno l’opposto.
e gente di destra che dirà di “no”. Lo stresso succederà tra gli elettori di centro. E poi, tra gli apartitici, che sono molti, e se andranno a votare saranno l’ago della bilancia.

 

A sostegno di questa tesi, nelle scorse settimane, abbiamo pubblicato un'intervista a Renzo Galfetti, uomo di centrodestra, che si oppone alla No Billag. Sulla stessa posizione c’è anche Marco Chiesa. Il Consigliere Nazionale UDC, ha già bocciato in Parlamento la proposta, pur appoggiando la riduzione del canone a 200 franchi, idea a sua volta cassata dalla maggioranza del Nazionale.

 

Marco Chiesa, ci spieghi innanzitutto le ragioni del suo “no”.

"Secondo me è un’iniziativa troppo radicale. Il canone non viene abbassato a 200 franchi, come sarebbe giusto, ma passa a zero. E questo, è bene sottolinearlo, praticamente da un giorno all’altro. Qualora venisse accolta, una simile proposta metterebbe senza dubbio in ginocchio il servizio pubblico, l’azienda e molte famiglie. Io non me la sento. Al Nazionale ho votato a favore del taglio del canone perché, a mio modo di vedere, ci sono gli spazi per una razionalizzazione in grado di rendere l’azienda più efficiente e meglio dimensionata ai tempi in cui viviamo. Ma questa giusta richiesta deve trovare risposta tramite una riorganizzazione della SSR e della RSI e non attraverso la sua chiusura”.

 

Lei però i sostenitori dell’iniziativa ce li ha in casa: a cominciare dal vicepresidente dell’UDC ticinese Alain Bülher che è anche nel comitato promotore della No Billag. Come convivono queste due posizioni opposte su un tema così delicato all’interno dello stresso partito?

“Io credo che una buona parte di queste persone che sostengono l’iniziativa, siano estremamente deluse da quella che è stata la lottizzazione partitica all'interno della RSI e soprattutto da una linea editoriale troppo sbilanciata a sinistra. Quindi comprendo, da un certo punto di vista, lo scontro ideologico che hanno innescato. Ma, ripeto, la soluzione deve essere trovata all’interno dell’azienda e non con l’abolizione del servizio. Noi faremo un dibattito all’interno della sezione ticinese dell'UDC e questo non potrà che essere salutare per la nostra democrazia interna. Anche al Nazionale l’iniziativa non è stata sostenuta dalla parte latina della frazione democentrista. E io sono pienamente convinto di quello che ho votato”.

 


“In generale credo che No Billag venga percepito come un passo troppo lungo anche in buona parte del centrodestra. In questa battaglia solo la RSI può fare del male a se stessa . Se si muovono facendosi percepire come una casta, perderanno molte simpatie tra gli indecisi. Attualmente percepisco da parte di Comano troppo nervosismo. E questo nervosismo non deve assolutamente trascendere nell’isteria. Se gli elettori dovessero intravvedere nell’opposizione all’iniziativa una difesa dei privilegi, questo danneggerà molto la causa. Bisogna sforzarsi di rimanere sui temi concreti con serenità”.

 

Focalizziamo allora questi temi concreti.


“Sappiamo ad esempio che noi siamo dei beneficiari fortunati nella ripartizione del canone: riceviamo molto di più quello che diamo. Una battaglia che facciamo continuamente a Berna è quella per il rispetto della Costituzione e quindi in favore della Svizzera italiana e dell’italianità del nostro Paese. Questi soldi, se ben impiegati, sono una risposta importante e concreta rispetto all’obbiettivo della coesione nazionale. Poi, per quel che mi riguarda, un tema cruciale è quello della difesa dei posti di lavoro. È un ambito che mi sta particolarmente a cuore e non posso difendere questa mia convinzione a geometria variabile. Infine, se posso aggiungere, c’è un aspetto economico che non può che stare a cuore a chi milita nel centrodestra”.

 

Prego…

“Se passerà la No Billag (qui il nostro dossier con tutti gli articoli, ndr.) avremo un enorme problema economico e sociale nel nostro cantone. Sia legato al sostengo per chi perderà il lavoro, sia per quanto riguarda l’indotto generato dalla SSR e dalla RSI nell'economia privata. Ribadisco il concetto: un conto è voler testimoniare la propria insoddisfazione verso la RSI, un’altro è annichilire l'azienda. È evidente che a Comano devono lavorare di più sull’imparzialità dell’informazione. Ma è altrettanto vero che ci sono giornalisti all’interno della radiotelevisione pubblica che fanno bene e con correttezza il lavoro. E questo vale anche per Teleticino, di cui si parla poco ma che sarebbe altrettanto penalizzata se dovesse essere approvata l’iniziativa”.

 

Ha osservato dei miglioramenti sulle critiche che, anche in questa intervista, ha mosso nei confronti dell’azienda?


“Guardi, gliela dico tutta. In passato questa avversione politica della RSI verso il centrodestra, l’ho provata sulla mia pelle. Tanto che ho sottoscritto diverse lettere di reclamo dell’ombudsman. E mi sono anche incontrato con i vertici dell’azienda per discutere di questi problemi. Devo dire che, per quella che è stata la mia esperienza personale, al di là di alcune situazioni puntuali che ancora oggi si verificano, il clima è molto migliorato. Forse, sorridendo, posso pensare che queste iniziativa abbia aiutato a correggere un pochino questa situazione. Sono convinto che la RSI debba essere patrimonio di tutti e contribuire a formare l’opinione pubblica in maniera equidistante e indipendente. E, considerato che la nostra società è composta da varie correnti di pensiero, tutti devono sentirsi a casa nella radiotelevisione pubblica. In passato, come le dicevo, si è invece avuta l’impressione che la RSI fosse la casa solo di una parte. E su questo punto ci sono ancora margini di miglioramento”.

 

Ha qualcosa da aggiungere in conclusione?
“Alla fine la situazione è semplice: le critiche verso la RSI sono sufficienti per arrivare addirittura a chiuderla? Secondo me no. Questa iniziativa non permette di colpire con proporzionalità i problemi che pure esistono. O si vota a favore, e allora si chiude, o si vota contro e ci si continua ad impegnare affinché questa branchia fondamentale del servizio pubblico, continui a migliorare sotto ogni punto di vista: dagli sprechi alla linea politica fino al costo per gli utenti”.

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