Intervista al numero uno degli azzurri sulle tensioni in corso tra il suo partito e la radiotelevisione pubblica. E sul caso che l'ha toccato personalmente Dadò svela alcuni particolari inediti: "Già quest'estate avevo sentito delle maldicenze e, per questo motivo, insieme alla mia compagna avevo incontrato Renato Bernasconi"
Il documentario di Falò sullo scandalo Argo 1 ha, come prevedibile, surriscaldato ulteriormente gli animi. E prima era stato il servizio del Quotidiano sulla cena di Bormio a creare nervosismo tra le parti. Su tutto questo s’innesta ovviamente l’iniziativa No Billag con la votazione in agenda il prossimo 4 marzo. Ne abbiamo parlato con il presidente Fiorenzo Dadò.
Dadò, comincerei dal segnale che lei ha voluto lanciare alla RSI quando, condividendo su Facebook un’intervista del suo presidente nazionale Pfister, ha detto che la riflessione all’interno del PPD sulla proposta di abolizione del canone era ancora in corso. A che punto siete?
“Il dibattito all’interno del PPD non è ancora veramente iniziato. Personalmente ritengo che la SSR sia un valore aggiunto per la Svizzera e la RSI un gioiellino per il nostro Cantone. La radiotelevisione deve però contribuire a creare un’opinione pubblica basata su fatti concreti e accertati in modo onesto. Questo è Servizio pubblico. L’iniziativa, così come posta in votazione, non può essere accettata. Il dibattito, quindi, immagino verterà più che altro su che tipo di servizio pubblico vogliamo sostenere in Ticino”.
Voterà “no” quindi?
“Io sono il presidente del partito e devo attenermi a quello che ci dirà di fare la base del PPD. Quello che rivendico, però, è la possibilità di formulare critiche costruttive sui contenuti e sulla conduzione della RSI per migliorarne l’offerta. L’azienda va sostenuta, ma senza far finta che tutto vada bene. Perché così non è”.
Veniamo alle tensioni “politiche” tra il PPD e la RSI, legate in particolare allo scandalo Argo 1. Cosa può dirci su questo punto?
“Da parte nostra, è innegabile, c’è perplessità per come sono stati presentati alcuni fatti della vicenda. Le faccio un esempio: il servizio di Falò ha citato e filmato una fattura di circa 5000 euro per una vacanza in Sardegna, che inserita in questo modo, faceva evidentemente intendere che fosse collegata ad un funzionario del DSS. Se fosse vero, sarebbe evidentemente un fatto gravissimo. Per lanciare simili illazioni, un giornalista serio e che pretende di essere credibile deve quindi avere prove e nomi. Ma ci sono? Se le hanno che vadano immediatamente dal procuratore e gliele portino, in caso contrario che si degnino almeno di smentire. Detto questo, i giornalisti devono avere la libertà e l’indipendenza per svolgere il loro lavoro di inchiesta, senza subire alcun tipo di interferenza da parte della politica o di altri”.
Lei personalmente è stato protagonista di queste tensioni. Mi riferisco a quando il Quotidiano ha rivelato la notizia della cena di Bormio (150 Euro), pagata da Sansonetti, a lei e alla sua compagna.
“La vicenda di Bormio è stata presentata come un grande scoop, quando in realtà non ha niente a che fare con il mandato Argo e non rappresentava nemmeno una novità".
Ovvero?
“Già questa estate mi era giunta voce che qualcuno raccontava in giro che Argo1 avesse pagato una vacanza a Bormio a me e alla mia compagna. Ho immediatamente voluto capire di cosa si trattasse, essendo pure maldicenze. Di conseguenza la mia compagna ha preso contatto con il suo Funzionario dirigente chiedendogli un incontro al più presto, in presenza, oltre che del sottoscritto, anche della persona che aveva sentito questa storia assurda. Una volta chiarita l’assurdità di queste voce, considerato che la mia compagna è una funzionaria pubblica - che ricordo non è un funzionario dirigente e non ha avuto un ruolo nell’attribuzione del mandato Argo - dopo aver recuperato le fatture, abbiamo nuovamente incontrato il Capo Divisione, per mostrargli che si trattava unicamente di una cena del valore di 150 euro mentre tutto il resto, ossia soggiorno ed extra, era stato interamente offerto da me. Il Capo Divisione ha fatto le sue valutazioni che sono coincise con quelle del Procuratore Generale Noseda, il quale ha emanato qualche mese dopo, un decreto d’abbandono nei suoi confronti. Il Magistrato si esprime testualmente così “la funzionaria non si è infatti mai occupata dei rapporti contrattuali con la ditta Argo (curati direttamente dai suoi superiori Blotti e Scheurer) ma unicamente del collocamento, smistamento e gestione dei richiedenti l’asilo assegnati al Cantone nelle varie strutture. Di conseguenza essa non poteva assolutamente interpretare il dono come tentativo di influenzare i suoi comportamenti nelle attività di propria competenza”.
Perché anche lei ha voluto partecipare all’incontro con il capo divisione Renato Bernasconi? È stata una mossa opportuna?
“Secondo me sì, perché le voci riguardavano anche il sottoscritto e ritenevo ovvio appurare le illazioni che avevo sentito in giro”.
Ha mai parlato con Paolo Beltraminelli dell’incontro avuto con il capo divisione Bernasconi?
“No, non ho mai parlato con lui di questo aspetto”.
Infine, cosa pensa dell’ultimo elemento della vicenda, quello dell’e-mail inviata da Bernasconi a Securitas?
"Per ovvi motivi preferisco non esprimermi su fatti che riguardano la vicenda Argo 1, salvo su ciò che mi tocca personalmente. Mi limito quindi a dire che condivido la posizione espressa ieri dal PLR, in merito all’inopportunità della mail e sul fatto che è ora finirla di creare confusione sulla faccenda e screditare i funzionari. Le verifiche sono in corso e in mano a professionisti; che li si lasci lavorare! In piena trasparenza ci si augura che vengano chiarite in fretta le reali responsabilità in tutta questa penosa vicenda. Per questo, il PPD sosterrà senza alcuna riserva la Commissione parlamentare d’inchiesta”.