Monsignor Lazzeri scrive alle parrocchie chiedendo accoglienza. L'arciprete di Chiasso: "Vogliono erigere muri? Loro li sfonderanno. Venerdì porteremo in processione la Croce di Lampedusa"
CHIASSO – Durante l’Angelus in Piazza San Pietro, Papa Francesco ha invitato tutte le comunità religiose, le parrocchie, i monasteri, i santuari, i luoghi di pellegrinaggio, ad accogliere almeno una famiglia di profughi. E ieri il Vescovo di Lugano, Valerio Lazzeri, ha scritto una lettera ai suoi parroci: “L’Autorità cantonale, confrontata con l’emergenza profughi in Ticino, mi ha rivolto un appello, chiedendo la collaborazione della Chiesa perché siano individuate e messe a disposizione strutture di ogni tipo (colonie, stabili vuoti, edifici non occupati, prefabbricati, case o appartamenti) di proprietà delle parrocchie, di istituti religiosi o di enti e associazioni cattolici, che possono essere adibiti alle esigenze immediate dell’accoglienza provvisoria”.
Il Cantone si assumerebbe nei confronti degli enti proprietari gli oneri finanziari relativi alla permanenza dei profughi, in attesa che si trovi per loro una migliore collocazione, ha spiegato il vescovo, aggiungendo: “Il dramma umanitario dei profughi che fuggono dagli orrori della guerra e delle ingiustizie non può e non deve lasciarci indifferenti. Esso scuote profondamente la nostra coscienza e interpella il nostro modo di essere Chiesa, chiamata a chinarsi e prendersi cura delle ferite dell’umanità”.
L’arciprete di Chiasso, don Gianfranco Feliciani, è da sempre molto sensibile al tema dell’accoglienza. Ecco le sue riflessioni.
“È chiaro – dice – che siamo davanti a una catastrofe umanitaria e il Papa ha chiesto un gesto audace e coraggioso. Qualcosa in più, rispetto a quanto le persone, gli Stati e le chiese già fanno”.
Ora, si chiede don Feliciani, per concretizzare questa richiesta, cosa si può fare?
In seguito all’appello, molte diocesi italiane si sono mobilitate ulteriormente. Mentre la chiesa cattolica ungherese ha lasciato intendere di avere le mani legate. Accogliere migranti, “potrebbe essere qualificato come illegale, traffico di esseri umani”, ha dichiarato il cardinale Peter Erdoe, arcivescovo di Esztergom.
La situazione, certo, in Svizzera è ben diversa, ma inizialmente, secondo quanto riportava la Sonntags Zeitung, fra le diocesi interpellate, solo il vescovo di Basilea aveva dato la propria disponibilità ad accogliere le famiglie di migranti.
“Diversamente da quanto avviene in Italia – commenta don Feliciani –, in Svizzera lo Stato è molto presente. Una parrocchia, così come un privato, non può semplicemente decidere di collocare una famiglia. E allora, se vogliamo ascoltare l’invito di Francesco, dobbiamo concertare le azioni con lo Stato. È in questo senso che bisognerà agire, come del resto ha raccomandato il nostro vescovo”.
Quando si parla di parrocchia – prosegue l’arciprete –, “non si intende solo l’appartamento in cui abitano i sacerdoti, o gli stabili di proprietà della curia. La parrocchia è tutta la gente che frequenta la chiesa. Si può allora invitare dal pulpito i fedeli che hanno appartamenti liberi a pensare a questa possibilità e a concertare assieme al proprio Comune il modo di agire”.
In alcuni appartamenti della diocesi, spiega, vivono già ora delle famiglie, che hanno lo statuto di profughi, collocate dal Comune. Ma le azioni intraprese sono anche altre, sottolinea Feliciani. Piccole ma concrete, come la raccolta di indumenti e scarpe, gli spazi dell’oratorio messi a disposizione per la merenda e i corsi di italiano del Comune. O di valenza simbolica, come la fiaccolata prevista per venerdì sera, quando per le vie di Chiasso verrà portata la Croce di Lampedusa.
“Sono tante quindi le strade – aggiunge il sacerdote -. Ogni diocesi prenderà la via più consona alla propria realtà. Le parole del Papa sono infatti un invito ad aprire il cuore di fronte a questa catastrofe”.
Le parole del Papa sono giunte in giorni in cui la pressione migratoria, soprattutto sulla rotta balcanica, è forte e i Paesi si dividono fra chiusura, apertura e costruzione di muri.
“Oggi più che mai, ci piaccia o no, il fenomeno è irreversibile. Vogliono erigere muri? Non servirà, li sfonderanno. L’esortazione del Papa va di pari passo con la consapevolezza sempre più grande, anche da parte degli stessi governi europei, che siamo di fronte a una emergenza umanitaria e il problema non può più essere semplicemente ignorato, ma va accettato e gestito. Merkel e altri leader europei si stanno quindi orientando verso una linea di accoglienza concertata”.
E nel discorso, sottolinea, non vanno dimenticate le nostre responsabilità. “Nelle nostre banche ci sono i miliardi dei dittatori che hanno impoverito il proprio popolo. Come occidente, per anni abbiamo fatto amicizia con uomini come Saddam, fino a che ci faceva comodo. Abbiamo destabilizzato la Libia con la morte di Gheddafi. L’Europa non sempre si è comporta correttamente e si fa sempre più largo la consapevolezza che questo dramma riguarda tutti, responsabili o meno. Non si può più voltare la testa”.
Il problema quindi non è più ormai se respingerli o meno, ma come gestire la situazione nel migliore dei modi. “Al di là dei sentimenti umanitari, il mondo politico sta sempre più mostrando di adottare la strategia del fare di necessità virtù”. Per l’arciprete, infatti, la migrazione può essere positiva: “In una Europa a natalità zero, un’Europa in cui tanti non compiono più determinati lavori, queste persone vengono solo a succhiare o anche a dare qualcosa? Io penso la seconda”.
Alle parole del Papa ci sono state però anche reazioni controverse, come quella di Matteo Salvini. “Chissà se l'appello ad accogliere gli immigrati nelle parrocchie varrà anche per smuovere le coscienze dei benpensanti buonisti per le migliaia di italiani in difficoltà che dormono in auto”, ha commentato a Radio Padania.
“Quando una madre ha molti li figli, sarà quello più malato e bisognoso ad esser maggiormente oggetto delle sue cure, senza che per questo si dimentichi degli altri: li ama tutti. Queste – ribatte Feliciani – sono obbiezioni tipiche di un certo populismo che emotivamente scuotono molte persone. Ma facciamo di necessità virtù: non sono barbari, sono esseri umani e dall’integrazione può nascere qualcosa di bello che aiuterà anche noi. Mi riallaccio proprio ai barbari. Durante le invasioni, che poi erano spostamenti naturali di popoli, Roma pensava di essere arrivata alla fine del mondo. Quelle “invasioni” invece sono state la linfa vitale dei nuovi popoli europei”.
L’umanità, conclude, “sta vivendo una svolta epocale e la paura e il pregiudizio, che nascono dalla non conoscenza, non servono a niente. E poi, francamente, è anche l’ora di essere onesti con noi stessi: pensiamo a tutti i servizi che questi migranti svolgono. Dove sono le badanti ticinesi? A prendersi cura dei nostri anziani sono rumene, albanesi, russe… e pensiamo anche alle nostre ipocrisie: le prostitute nei club e locali, e sono centinaia, sono tutte donne del terzo mondo. Il turismo sessuale degli svizzeri dove si dirige? Le cose vanno dette tutte, poi ci ragioniamo. La paura, i pregiudizi, gli slogan emotivi non aiutano e anzi si rivelano per quello che sono”.
Ilary Bucci