CRONACA
Il comandante Cocchi sui post razzisti del sergente della Cantonale: "Deluso e arrabbiato. Così si vanifica il nostro lavoro. Mi appello alla responsabilità individuale degli agenti"
"Solo poche settimane fa ho richiamato nuovamente i miei uomini a utilizzare buon senso e prudenza nell’approccio ai social"

BELLINZONA – Rabbia e delusione. Questi sono i suoi sentimenti. Perché questa vicenda getta una brutta luce su tutta la Polizia cantonale e rischia di vanificare il lavoro quotidiano, l’impegno e i successi delle forze dell’ordine.

Il comandante Matteo Cocchi sa che la gravità del caso va al di là del caso stesso. Che rischia di andarci di mezzo l’immagine di tutta la Polizia, e sa anche che questa storia – la storia dei post di tenore razzista, con riferimenti nazifascisti, pubblicati su Facebook dal sergente Edy Imperiali - accenderà i riflettori dei media in tutta la Svizzera.

“Capisco che un caso come questo susciti perplessità e sgomento nei cittadini. Ma il mio invito è a non generalizzare. Si tratta di un solo agente che ha disatteso i comportamenti basilari che ogni poliziotto deve tenere, in servizio e fuori servizio. Comportamenti che devono imperativamente essere esemplari e corretti anche nella vita privata”.

Per questo, dice Cocchi a liberatv, abbiamo reagito immediatamente, aprendo nei confronti del sergente un procedimento disciplinare. Procedimento che sfocerà in sanzioni che per ora è impossibile qualificare. Probabilmente, in questo caso, si andrà oltre il semplice ammonimento. Ma occorrerà prima attendere il risultato dell’inchiesta penale aperta d’ufficio dal procuratore generale John Noseda, e valutare il quadro e la durata delle esternazioni razziste pubblicate sul social.

“I valori che fanno parte del ruolo di poliziotto – aggiunge il comandante – devono confrontarsi, anche nella vita privata di ogni singolo agente, con una società in continuo mutamento, nella quale i social network hanno assunto un ruolo rilevante. Solo poche settimane fa ho richiamato nuovamente i miei uomini a considerare questo aspetto fondamentale, utilizzando buon senso e prudenza nell’approccio ai social network, anche perché l’agire di un singolo può riflettersi negativamente sull’intero corpo. Le stesse cose le dico e le ripeto durante i corsi di etica che tengo alla Scuola di polizia. Dobbiamo insistere, insistere fino alla noia”.

Cocchi conclude appellandosi alla responsabilità individuale, che è fondamentale soprattutto per chi indossa la divisa.

Marco Bazzi

 

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