Lo storico capocurva dei bianconeri parla della difficile situazione che sta vivendo la sua squadra del cuore: "Manca fiducia, la dirigenza faccia di più. Un generale per vincere la guerra deve infondere coraggio alle sue truppe"
LUGANO – Il Lugano Hockey è in piena crisi. Dopo essere stato sconfitto da Davos, Ambrì e Ginevra-Servette la scorsa settimana, il club bianconero è uscito a mani vuote anche dalla trasferta di ieri all’'Hallenstadion, dove la squadra di Greg Ireland ha rimediato la 17esima sconfitta stagionale in 31 partite perdendo per 7-4. Un ruolino di marcia sicuramente sotto le aspettative per i vice-campioni in carica…
Ben pochi tifosi avrebbero potuto anche solo immaginare una situazione simile ai nastri di partenza. Del momento di crisi, di come risollevarsi e delle problematiche in casa Lugano ne abbiamo parlato con Mauro Medolago, storico capocurva dei bianconeri.
Mauro, cosa non funziona. Perché il Lugano è precipitato così in basso?
“Bhè, se sapessi qual è il problema principale proverei a risolverlo. È evidente che manca fiducia. Vedo i ragazzi scarichi: a volte cominciano anche bene, poi si smarriscono oppure alla prima difficoltà non riescono a compattarsi come, per esempio, facevano l’anno scorso. Il problema non è chi gioca o chi non gioca. Si sono spese troppe energie a polemizzare ogni volta sulla questione Klasen. Anche noi tifosi ci siamo focalizzati troppo poco sul sostegno alla squadra e molto su queste sciocchezze. Inoltre, secondo me, uno dei grandi problemi del Lugano è la mancanza di comunicazione della società...”.
Si riferisce a qualcosa di particolare?
“Sì, nei momenti di difficoltà non c’è mai nessuno del Cda che si prenda la briga di parlare. I messaggi arrivano dal direttore sportivo, allenatori e giocatori ma dalla 'stanza dei bottoni' nulla. Non dico che debba essere necessariamente la Vicky (Mantegazza ndr), ma una presa di posizione ufficiale ci vuole nei momenti critici. Ci vuole qualcuno che indichi in che direzione bisogna remare. La società deve fare chiarezza verso i tifosi. I tifosi sconcertati da questa situazione hanno bisogno di “una pacca sulla spalla”.
Ritiene giusta la scelta di continuare con Ireland o andrebbe allontanato?
“Secondo me, un allenatore che otto mesi fa ci ha portati a disputare una finale non è il primo cretino che passa. Un allenatore non deve essere giudicato se fa giocare Klasen o meno. Anche su questo aspetto la società deve lanciare un messaggio forte e chiaro. D’altronde, un generale per vincere la guerra deve infondere coraggio alle proprie truppe. È impossibile che quello che andava bene solo pochi mesi fa ora è tutto da buttare...".
Le annunciate partenze di Hofmann e Merzlikins hanno contribuito a fondere incertezza?
“No, se fosse l’anno prossimo lo capirei. Ma fino ad aprile sono entrambi dei giocatori del Lugano. Questo, per il momento, è un non problema. È evidente che non bisognava lasciare partire Hofmann: bisognava accontentarlo e fargli capire quanto fosse centrale nel progetto bianconero".
Quella attuale è una stagione ormai compromessa o può essere raddrizzata?
“È una stagione comunque compromessa, nel senso che certi rapporti sono ormai incrinati. I rapporti tra la tifoseria e la parte tecnica (Ds) sono ai ferri corti da tempo. Sportivamente, invece, non c’è nulla di compromesso: ci sono ancora 19 partite da giocare. Non è finita finché non è finita, ma bisogna cominciare a vincere per avere più sicurezza nei propri mezzi. Adesso, noi tifosi, dobbiamo solo andare in pista a sostenere, non a criticare e fischiare. E questo già da venerdì".