Galfetti: “La faccenda legata al caso di Cesare Battisti mi ha irritato per l’utilizzo di questa estradizione come una sorta di trofeo di guerra”
LUGANO – La cattura e l’estradizione dell’ex terrorista rosso Cesare Battisti da parte della Bolivia ha riacceso i riflettori sulla posizione di Alvaro Lojacono Baragiola, cittadino italo-svizzero, condannato all’ergastolo in contumacia per aver partecipato alla strage di via Fani, che sfociò nel sequestro e nella successiva uccisione del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro.
La Lega: “La Svizzera consegni Baragiola all’Italia”
Ieri la Lega dei Ticinesi ha chiesto che Baragiola venga consegnato alla giustizia italiana: “La Lega – si legge nella nota – non intende stare a guardare davanti a questa scandalosa latitanza di oltre quarant’anni, oltretutto finanziata con denaro pubblico, e non accetta che la Svizzera continui a macchiarsi del reato di complicità con un terrorista.
La Lega dei Ticinesi esorta quindi il ministro degli Esteri Ignazio Cassis e la ministra di Giustizia e polizia Karin Keller Sutter, ovvero i due Consiglieri federali del PLR, ad attivarsi immediatamente affinché il terrorista Baragiola venga consegnato all’Italia e sia chiamato a scontare integralmente la pena per i crimini commessi, ponendo così fine ad una vergogna che dura da decenni”.
E ancora: “La Lega dei Ticinesi si attiverà in tal senso anche con atti parlamentari a Berna. Non vogliamo essere complici di terroristi!”.
Fiorenzo Dadò: “Vergognoso non aver promosso contro Baragiola l’accusa di assassinio per il caso Moro”
Sul caso interviene anche il presidente del PPD, Fiorenzo Dadò, che qualche anno fa si scagliò contro la presenza a Locarno dell’ex brigatista Giovanni Senzani, ospite del Festival del film.
“In Svizzera – ricorda Dadò in un lungo post su Facebook - il terrorista Lojacono è stato condannato a 17 anni di carcere per l'omicidio del giudice Girolamo Tartaglione, scontandone solo 11 per buona condotta. L'8 giugno 1988 le nostre autorità aprirono una procedura per la possibile partecipazione al sequestro di Aldo Moro, ma questa venne archiviata.
Nel processo Moro la giustizia italiana tuttavia lo condannò all'ergastolo in contumacia per aver bloccato con Alessio Casimirri via Fani, intrappolando l'auto di Moro e della scorta, che venne trucidata.
Tuttavia, udite udite, la giustizia svizzera decise di NON promuovere verso Lojacono l'accusa di assassinio e quindi di non rinviarlo a giudizio.
Dopo il carcere, esce quindi in libertà condizionata a scorrazzare per le nostre strade e godersi il sole.
Nel giugno del 2000 il Lojacono venne nuovamente arrestato in Corsica, su mandato di cattura internazionale della magistratura italiana.
Venne nuovamente scarcerato ed evitò l'estradizione in Italia in quanto il diritto francese non riconosce la condanna in contumacia e il diritto svizzero non prevede l'estradizione per i propri cittadini”.
L’avvocato Galfetti: “Ecco perché Baragiola non può essere estradato”
E già, il diritto elvetico non prevede che un cittadino elvetico possa essere estradato. “L’estradizione non è ammessa – spiega l’avvocato Renzo Galfetti, penalista di lungo corso -, a meno che il cittadino svizzero accusato dalla giustizia di un paese terzo accetti di essere giudicato da un tribunale del medesimo paese. Per contro, la Svizzera può assumere il procedimento penale avviato in un paese terzo nei confronti di un proprio cittadino”.
Nel 2005 il Ministero pubblico ticinese spiegò nel dettaglio il caso. Ecco come
A questo punto dobbiamo fare un passo indietro. Nel marzo del 2005 il Tribunale penale federale di Losanna ha stabilito che spettava al Ministero pubblico ticinese decidere se Baragiola avrebbe dovuto essere processato in Svizzera per l'assassinio di Aldo Moro.
E il Ministero pubblico spiegò la propria posizione in una nota stampa. Premessa: il 29 maggio del 1989 le indagini su Baragiola in Ticino vennero chiuse con decisione di non luogo a procedere a causa "dell'impossibilità di acquisire elementi probatori a suo carico, stante la non disponibilità a deporre dei coindagati italiani innanzi alle autorità elvetiche".
L'accusato fu così giudicato dalla giustizia ticinese e condannato, il 6 aprile 1990, alla pena di 17 anni di reclusione unicamente in relazione all'omicidio del giudice Tartaglione.
"Nel frattempo – si legge nella nota del Ministero pubblico diramata 14 anni fa - le autorità italiane, dopo aver precisato di non chiedere alla Svizzera nessuna assunzione del procedimento nei confronti dell'accusato, lo avevano condannato all'ergastolo in relazione alla strage di Via Fani e all'assassinio Moro con sentenza 3 giugno 1996".
Un giudizio che arrivò all’Ufficio federale di giustizia e polizia il 4 ottobre 1999. Ufficio che chiese all'autorità italiana se intendeva domandare alla Svizzera l'esecuzione della pena, conformemente ai disposti sull'assistenza giudiziaria internazionale.
Andiamo avanti: "Nel contesto degli incontri fra il ministro federale della giustizia e il suo omologo italiano, l'autorità federale, nell'autunno scorso, trasmise al Ministero Pubblico Cantonale la sentenza italiana per quanto di nostra eventuale competenza. Allo stadio attuale l'autorità italiana non si è ancora espressa circa le sue intenzioni di chiedere alla Svizzera il riconoscimento e l'assunzione dell'esecuzione del proprio giudizio".
Il Ministero pubblico ticinese spiegava inoltre che "nell'ambito delle valutazioni attribuite al Ministero Pubblico Cantonale sull'opportunità giudiziaria di un procedimento autonomo, assai oneroso, per fatti risalenti al 1978, che sarebbe solo una ripetizione di quello italiano, occorrerà anche considerare la presa di posizione formale dell'autorità estera sulla richiesta di cui sopra. In ogni caso un'eventuale pena dovrebbe tener conto di quanto già espiato dall'accusato in seguito alla precedente condanna svizzera".
E ancora: "Dal profilo giuridico, avendo l'autorità italiana optato per l'istruzione di un proprio procedimento autonomo, con relativo giudizio definitivo, non può più chiedere l'esecuzione di un processo parallelo, ma semmai il riconoscimento del proprio giudizio".
Insomma, anche volendo, un processo Moro con Baragiola imputato in Ticino non si potrebbe più celebrare.
Galfetti: “Lo scopo della pena è la rieducazione, ed è stato raggiunto”
“Lo scopo della pena – commenta l’avvocato Galfetti - è la rieducazione e il reinserimento, e mi risulta che Baragiola abbia scontato la pena e che sia stato rieducato e reinserito. Nessuna simpatia per il personaggio, ci mancherebbe, ma anche se fosse possibile, che senso avrebbe mettere in piedi un circo processuale oggi, a 41 anni dai fatti? Lo scopo della giustizia penale è già stato raggiunto”.
Tutta la faccenda legata al caso di Cesare Battisti, prosegue il penalista, “mi ha irritato per l’utilizzo di questa estradizione come una sorta di trofeo di guerra. Con i politici che sono andati all’aeroporto a dire che dovrà marcire in galera… Ma non esiste… Certo, l’estradizione di Battisti è chiaramente un successo della polizia, e magari anche della politica e della diplomazia italiana, anche se relativo, perché avviene 30 anni dopo i fatti".
Quello che mi sconvolge di più in tutta la vicenda è però l’atteggiamento della Francia, sotto la cosiddetta ‘Dottrina Mitterand’, e di altri paesi che non hanno concesso negli anni scorsi all’Italia di un cittadino italiano. Che un paese democratico come la Francia abbia coperto questo e altri terroristi è per me inammissibile e vergognoso”.