Il direttore del Corriere del Ticino scatenato contro il sistema sanzionatorio che regola la circolazione stradale in Svizzera
LUGANO - Una barbarie. Uno scandalo. Un’ingiustizia. Utilizza definizioni al vetriolo Fabio Pontiggia nell’editoriale odierno dedicato a Via Sicura. Il direttore del Corriere del Ticino torna ad occuparsi del pacchetto sanzionatorio che regola la circolazione stradale in Svizzera, mettendo a confronto due sentenze.
Primo caso: “Il 25 aprile di due anni fa - scrive Pontiggia - un’automobile si era immessa contromano sulla semiautostrada locarnese. Dopo aver incrociato, a fari spenti, di sera, ben 18 veicoli, i cui conducenti erano riusciti ad evitare l’impatto, la vettura aveva finito la sua folle corsa scontrandosi frontalmente con un’altra automobile che viaggiava regolarmente sulla carreggiata. Nel tremendo impatto il conducente di quest’ultima aveva perso la vita. La donna investitrice era ubriaca, con un tasso alcolemico nel sangue tra l’1,6 e il 2,4 per mille. (…) L’automobilista investitrice è stata condannata mercoledì a 18 mesi di detenzione sospesi condizionalmente”.
Secondo caso, questa volta del 2017: un giovane, al volante di un auto sportiva con altre tre persone a bordo, si filma e diffonde sui social, la sua corsa a 218 Km/h sull’autostrada tra Mendrisio e Lugano. Nessun incidente e nessun danno, né materiale né umano. Dopo il processo la stessa pena: 18 mesi.
“Lo abbiamo già scritto più volte- argomenta Pontiggia - però lo ripetiamo: questa non è giustizia. Un Codice penale e un sistema giudiziario che puniscono allo stesso modo due violazioni di legge che hanno conseguenze completamente diverse per gravità non producono giustizia, ma l’esatto contrario. Le norme e i giudici che le applicano (o, per meglio dire, sono in gran parte costretti ad applicare) calpestano infatti due principi fondamentali dello Stato di diritto: la parità di trattamento e la proporzionalità”.
“Nei due processi qui confrontati - scrive ancora il direttore del CdT - o è sproporzionata, per difetto, la pena inflitta all’anziana che ha causato la morte dell’altro automobilista oppure è sproporzionata, per eccesso, quella inflitta al giovane. O l’una o l’altra. (…) Quale sarebbe stata la sanzione all’automobilista anziana se non ci fosse stato lo scontro frontale con quella tragica conseguenza? Certamente più tenue. Se vado a 100 all’ora contromano su una semiautostrada sono meno colpevole di chi va a 210 all’ora correttamente sulla sua carreggiata in autostrada? Quale dei due comportamenti è più rischioso per gli altri? Non ci sono dubbi. Ma la nostra giustizia ragiona alla rovescia”.
Secondo Pontiggia il mostro giuridico nasce dalle intenzioni di chi lo ideato: “Il programma Via sicura - osserva - era stato elaborato per realizzare un’utopia: quella del rischio zero sulle nostre strade. Quando si vuole realizzare un’utopia si diventa integralisti e si fanno sempre disastri, perché la realtà non si lascia piegare a obiettivi che non sono di questo mondo.”.
“Il Tribunale federale - termina il direttore del Corriere - ha timidamente corretto la giurisprudenza in una sentenza del 2016, concedendo ai giudici un certo margine di apprezzamento (per soppesare il grado di intenzionalità da parte dell’automobilista o motociclista che non rispetta i limiti di velocità). Ma è un margine limitatissimo, quasi mai utilizzato, che non modifica di una virgola la sostanza della questione. Alle Camere federali sono state fatte proposte e prese decisioni per correggere la palese ingiustizia di Via sicura. Ma, per ora, la legge resta quella che è. Una legge iniqua, una barbarie giuridica, perché l’unica cosa sicura di Via sicura è l’ingiustizia. Che, con queste norme, continua a correre veloce, molto veloce, sulle nostre strade”.