Si parlava dei metodi utilizzati da due agenti nel 2008 ai danni di un uomo accusato di reati di natura sessuale. La Corte di appello e revisione penali li ha assolti e il Comando della Polizia cantonale esprime soddisfazione
BELLINZONA - Il Comando della Polizia cantonale ha preso atto con soddisfazione della sentenza con cui la Corte di appello e revisione penale ha recentemente prosciolto da ogni accusa due suoi agenti, un commissario capo e un commissario. Si parlava dei metodi usati da due agenti nel 2008 ai danni di un uomo accusato di reati di natura sessuale.
Come già avvenuto in primo grado (il 23 gennaio 2019 di fronte al giudice della Pretura penale), sono dunque venute a cadere tutte le contestazioni avanzate nelle varie sedi giudiziarie dall'accusatore privato, che metteva in particolar modo in discussione le modalità con cui si era svolto un suo interrogatorio.
La Corte presieduta dalla giudice Giovanna Roggero-Will ha ritenuto che l'agire degli agenti non ha in alcun modo configurato i reati di abuso di autorità e di sequestro di persona e rapimento. In particolare è stato ritenuto che la libertà personale dell'accusatore privato "è stata limitata in modo adeguato e proporzionale alle necessità dell'interrogatorio per cui era stata disposta la traduzione forzata e che anche le modalità messe in atto per tale restrizione erano, non solo adeguate allo scopo, ma anche proporzionate". Queste conclusioni pongono ora fine a un procedimento penale durato svariati anni, dal momento che contro la sentenza della Corte d'appello non è stato interposto alcun ricorso.
Si conferma dunque ancora una volta la totale infondatezza dei rimproveri sull'operato dei due agenti: funzionari di polizia che per anni hanno svolto con senso del dovere, dedizione e impegno la loro professione, contribuendo in modo determinante al difficile compito di garantire il rispetto della legge e la tutela della sicurezza collettiva.