BELLINZONA - Il presidente del Governo Christian Vitta ha fatto oggi il punto sulla situazione Coronavirus. I lavoratori frontalieri, ha detto, potranno continuare a entrare in Ticino, ma dovranno essere sempre in possesso del permesso di lavoro. Per il resto è vietato l'afflusso di persone dall'Italia. I datori di lavoro e le aziende sono invitate a far rispettare le misure sanitarie indicate dalle autorità. Chiediamo inoltre alle aziende di limitare l'afflusso di lavoratori sul nostro territorio allo stretto necessario, promuovendo il telelavoro".
Quindi, per riassumere:
- Frontiere aperte ma con chiare restrizioni. La confederazione stabilirà le modalità di controllo da parte delle autorità
- Vengono intensificati i presidi e i controlli nelle zone di frontiera da parte delle autorità
- I frontalieri dovranno sempre avere con sé il permesso G
- L’afflusso di persone dall’Italia se non per motivi lavorativi è bloccato
- I datori di lavoro devono far applicare le misure igieniche indicate dalle autorità sanitarie federali
- Le aziende devono limitare l’afflusso di lavoratori: devono prevalere telelavoro e lavoro e a distanza
In questo momento, ha aggiunto Vitta, occorre una diffusa responsabilità sociale. "Il momento è serio e delicato ed è importante adottare le misure necessarie per proteggere le fasce più deboli della comunità".
È poi intervenuto il ministro Raffaele De Rosa: "La situazione cambia continuamente e rapidamente e siamo in un processo continuo. La priorità assoluta è la protezione della popolazione, degli anziani e dei malati, come la tutela e il funzionamento del sistema sanitario. Per questo le misure vanno costantemente aggiornate. Abbiamo deciso i seguenti provvedimenti sul piano ospedaliero: ostetricia e neonatologia sono concentrati provvisoriamente a Bellinzona e Lugano, vengono chiusi i pronti soccorsi di Faido, Acquarossa e dell'Ospedale Italiano per concentrare le risorse sugli ospedali di Bellinzona e Civico. Si tratta di misure temporanee che permetteranno di gestire al meglio le risorse umane e tecniche. Dobbiamo essere consapevoli che ci aspettano settimane e forse mesi molti difficili. Non andare a lavorare, a scuola o in strutture pubbliche se si hanno sintomi".
Il medico cantonale Giorgio Merlani ha parlato infine dell'ipotesi di chiudere le scuole: "Non è chiudendole adesso senza sapere quando riaprirle che risolviamo il problema. Ma se ci sarà un'impennata di casi potremmo decidere la chiusura. Le scuole non sono collegate alla Lombardia, ma se la situazione peggiora potremmo adottare anche questo provvedimento, magari distinguendo tra i diversi ordine scolastici".