Parla la psicoterapeuta: "Chi fa del male agli animali ha alle spalle situazioni di violenza vissute in famiglia. Sfogare la rabbia, la frustrazione su una specie diversa è più facile. Spesso il cane è un tramite"
ARZO - “I proprietari di queste creature tenevano molto ai loro amici a quattro zampe. Dietro alla morte di questi ultimi ci sono cuori umani che battono e che soffrono: bambini, anziani e adulti tutti piangono di fronte a queste morti insensate, causate dal comportamento malvagio di persone arrabbiate e frustrate”. Sono parole tratte da una lettera degli allievi della 5B di Arzo, che si riferiscono all'aumento dei casi di avvelenamenti di cani.
Ultimamente, sono molte le segnalazioni di bocconi avvelenati: polpette con all'interno veleno per topi, wuerstel con dentro spilli, tanto per fare qualche esempio. Strumenti capaci di causare una morte orribile per gli animali che li ingeriscono . “Questi fatti ci hanno resi molto tristi; tutte le volte che noi accarezziamo un animale, lui ci trasmette amore e felicità. I cani e i gatti amano di più noi esseri umani che loro stessi. Anche noi dovremmo comportarci così”, scrivono i bambini di Arzo. “Sono orribili atti crudeli. Il nostro desiderio è che tutto questo finisca ovunque nel mondo”. Quanto condividiamo il loro pensiero!
Del tema si è occupato anche il Mattino, intervistando la psicoterapeuta Eleonora Brecht per cercare di capire cosa passi nella mente di chi prepara trappole mortali per gli animali. A suo avviso, il cane potrebbe essere un tramite. "Chi agisce lo fa per una sorta di vendetta trasversale. L’obiettivo finale è spostato: si vuole fare del male non all'animale in quanto tale ma al suo umano di riferimento", spiega Brecht.
Oppure potrebbe entrare in gioco la tematica della sporcizia causata dai cani (anche se ovviamente la colpa in questo caso è dei padroni che non puliscono: ma nulla giustifica atti terribili come uccidere gli animali): “Chi prepara il veleno, ipotizza un pensiero di questo tipo: elimino i cani perché faccio del bene alla società, ci sono io che risolvo il problema alla radice”.
Si tratta, comunque, di soggetti con un nucleo psicotico attivo che porta "o a un comportamento antisociale nel caso di vendetta trasversale o di ossessione delirante”. Ma cosa fare, dunque? Serve, secondo l'esperta, un percorso psicoterapeutico.
"Chi fa del male agli animali ha alle spalle situazioni di violenza vissute in famiglia. Non c’è un cluster diagnostico di riferimento che spieghi ma ci sono delle predisposizioni: infanzia e adolescenza sono periodi in cui il maltrattamento sugli animali avviene maggiormente da parte di soggetti che hanno vissuto in ambienti in cui o hanno assistito a violenza su persone e animali o l’hanno subita”, prosegue. "Sfogare la rabbia, la frustrazione su una specie diversa è più facile. Si tratta di individui indifesi e anche dal punto di vista legislativo questo tipo di reati spesso rimangono impuniti”, conclude.