L'economista spiega come il Ticno ha ora 181mila posti di lavoro equivalenti a tempo pieno, lo stesso numero di quelli presenti nel 2013. Sui frontalieri: "Possiamo comprendere le necessità del sanitario, non gli aumenti negli altri settori"
BELLINZONA - Il Ticino ha perso 10mila posti di lavoro in un anno, ma nell'ultimo trimestre del 2019 i frontalieri sono aumentati. Una contraddizione? Forse. "Possiamo capire le necessità legate al settore sanitario, di cui tanto abbiamo parlato in questo ultimo anno. Ma mal comprendiamo gli aumenti in tutti gli altri settori", ha commentato l'economista Amalia Mirante sul Corriere del Ticino.
Sottolinea che dei 10mila posti persi 6'300 erano occupati da donne. "In termini di settori l’industria vede sparire mille posti di lavoro, mentre il settore terziario ben 9.000. Sono campanelli d’allarme preoccupanti, anche perché oggi abbiamo 181.000 posti di lavoro in equivalenti a tempo pieno, che sono quelli che avevamo nel 2013. È come se avessimo fatto un passo indietro di sette anni", ha precisato, parlando di 1'500 disoccupati in più nel nostro Cantone.
Tornando al tema frontalieri, oltre a far notare che anche in questo caso sono stati assunti più uomini, Mirante teme tensioni tra i giovani che per trovare lavoro dovranno andare oltre Gottardo e chi invece troverà un posto arrivando da oltre Confine. "Proviamo a evitarlo, anche senza chiudere le frontiere", è il suo appello.