Una pubblicazione racconta la vicenda chiassese di un complesso abitativo davvero speciale che resiste ancora oggi. A distanza di settant'anni
di Giuseppe Valli*
Ricordate quella canzone di Gino Paoli, eravamo quattro amici al bar, di cui tutti abbiamo canticchiato almeno i versi iniziali. Il libro nasce un po’ così. A essere schietti non eravamo nemmeno amici in senso stretto, ma ci capitava di tanto in tanto, casualmente, di trovarci al caffè in piazza Boffalora a Chiasso e si scambiavano quattro chiacchiere. Niente di che. Poi sarà perché eravamo intorno a quota sessanta, ma forse soprattutto perché non c’erano progetti comuni che riguardassero il nostro futuro, fatto sta che il discorso tornava un po’ stancamente su episodi del passato che ci avevano uniti. E ciò che ci univa era il fatto di essere nati in un quartiere ben definito di Chiasso, i Domus.
Tre palazzi identici, 12 appartamenti ciascuno di 3 e 4 locali, ognuno dei quali dotato di balcone ampio, cucina e bagno con finestra per cui luminosità garantita in tutta la casa. Come se non bastasse un parco interno di dimensioni ragguardevoli protetto dai rumori esterni e soprattutto un orto per ogni nucleo familiare. Erano nati da una cooperativa, sorta grazie ai sussidi della confederazione e alla caparbietà di 37 soci fondatori che meriterebbero oggi una targa omaggio con i loro nomi. Era il 14 gennaio 1949, le prime famiglie arrivarono nel dicembre 1950 quando c’era ancora il tram Dolceverde tra Chiasso e Mendrisio.
Più di settant’anni dopo i Domus sono ancora lì in ottima salute. Certo, le facciate sono un po’ avvizzite e necessiterebbero di un lifting, ma gli appartamenti, occupati dalle nuove generazioni che hanno sostituito quella dei nostri genitori e regolarmente rinnovati, non se la passano affatto male. Tutto appare ben curato. Basta guardare come sono tenuti gli orti: non ve ne è uno trascurato e sono il miglior biglietto da visita di case felici. In ogni momento dell’anno trasmettono infatti l’idea di spazio comunitario in cui tutti si sentono coinvolti. Un successo che non si ferma: ancor oggi, in tempi di sfitto, un appartamento libero lo resta per poco, si accasa subito.
Già, il libro. Chiacchierando al bar nasce l’idea di ritrovarsi a mezzo secolo di distanza nel caffè dove da bambini passavamo per un gelato o una gazzosa, lo Stand, ritrovo di ferrovieri in pausa, il più prossimo alle nostre case. Eravamo una cinquantina di già giovani Domus in una serata memorabile quel 7 dicembre 2016. Quando la prossima? Era la domanda che circolava al momento del commiato. No, non ci sarebbe stato alcun seguito. Impossibile pensare di uguagliare quell’emozione. Piuttosto che ognuno si impegnasse a scrivere un breve testo: sarebbe stato simpatico raccogliere tutti i contributi in una piccola pubblicazione. Questo è quanto ho proposto ai presenti a quell’evento memorabile allo Stand.
Ci siamo lasciati con questo compito e auspicio. Ma poi inevitabilmente l’entusiasmo è svanito, scrivere costa fatica e i testi, tranne meritevoli eccezioni, non arrivavano in numero congruo. Progetto finito nella lista, ahimè lunga, delle buone intenzioni che restano tali. Poi a distanza di qualche anno, si sono succeduti due eventi luttuosi all’interno di quel gruppo che aveva festeggiato. Così mi sono sentito in dovere di spingere di nuovo tutti alla scrittura. Era un modo per ricordare chi ci aveva lasciato. I contributi, questa volta sono arrivati, grazie anche a Leonilde, una delle decane, che nel giro di pochi giorni ha inoltrato il suo ricordo scritto diligentemente a mano in bella calligrafia. Nessuno ha più voluto restare indietro! E i contributi esterni sono giunti puntualissimi, come nella migliore tradizione FFS!
Come sempre quando si scrive si sa da dove si comincia ma non come si finisce. La pubblicazione è stata una cosa viva. Ci sono molti ricordi di un’epoca felice, col lattaio che conquistava noi bambini quando arrivava con il suo motofurgone, le partite di pallone interminabili, i tornei di volano sulla tra i genitori, la stalla del Giuvanin che era proprio accanto alle nostre case, la passione per le aiuole fiorite cui la signora Riamonda si è dedicata per decenni. Quindi tante piccole grandi storie. Era il progetto iniziale. Che è cresciuto autonomamente.
Raccogliendo gli scritti è nata pure una riflessione sull’abitare, sul valore di uno spazio collettivo, sull’importanza del verde come valore aggregante, sull’aspetto sociale per cui la gestione degli immobili viene pilotata da chi ci abita. Valori che meritano di essere riconsiderati. C’è un altro modo di costruire: dopo il palazzo in cui si affitta l’appartamento ad una società, dopo la casa unifamiliare, ecco ritornare un’idea antica: la cooperativa.
Quella dei Domus, nata settant’anni fa, può essere d’esempio e merita, pensiamo, di essere conosciuta. Al punto che nel volume vi è un contributo di Martin Tschirren, direttore dell’Ufficio federale dell’abitazione che ci ha particolarmente rallegrato. “La società cooperativa Domus è un buon esempio dell’energia positiva che può essere generata da una cooperativa di abitazione.”
Noi che abbiamo abitato i Domus da bambini davamo per scontato che le case fossero così per tutti. Non era vero. Siamo stati straordinariamente privilegiati e dobbiamo essere grati ai nostri genitori che ci hanno offerto questa opportunità, ai 37 soci che hanno fondato la cooperativa e all’architetto Augusto Jäggli, uno dei maestri dell’architettura ticinese, che ha progettato gli stabili, che ci hanno reso felici, con la collaborazione di Cino Chiesa. Una pagina pubblicitaria riprodotta nel volume saluta la nascita dei tre palazzi che, altra singolarità, erano stati costruiti in contemporanea da tre imprese distinte. Su Jäggli vi è una monografia pubblicata da Casagrande nel 2003. Ma i Domus non sono menzionati. Ci piace pensare che grazie a questo libro le sue tre case di via Lucchini a Chiasso ritrovino un posto al sole!
*curatore, con Jolanda Moser, del progetto editoriale
Domus è pubblicato da Progetto Stampa di Chiasso ed è distribuito al momento in tutte le librerie della regione. Ma chissà che la rete non possa ulteriormente allargarsi. Sono 115 pagine, arricchite da alcune foto d’epoca al costo di 18 franchi. È suddiviso in cinque capitoli: il primo, Quattro decane Domus è un omaggio a chi da sempre vi abita e ne è tuttora la memoria storica, il secondo Noi già giovani Domus, ospita i ricordi di chi vi ha trascorso infanzia e giovinezza ed è la parte più consistente del libro. Inizialmente si pensava di chiudere qui. Invece la pubblicazione si è ulteriormente arricchita in modo insperato. Nella terza parte Extra Domus cinque contributi di chi nel quartiere non ha abitato e quindi lo ha visto dall’esterno con una visione periferica. Tra passato e futuro è il quarto capitolo che si prefigge di collocare questa esperienza in un contesto più ampio con contributi giornalistici. Il volume si chiude con la quinta e ultima parte con documentazione originale tratta dall’archivio Domus: potrebbe essere tema per una successiva ricerca storica. Ma questo non è più nostro compito.