CRONACA
Demolizione dell'ex Macello, parla il PG Andrea Pagani
"Dal profilo amministrativo ci sono senza dubbio aspetti che andranno valutati, ma che sfuggono al penale e non sono dunque di mia competenza"
TiPress/Pablo Gianinazzi
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Di Marco Bazzi

LUGANO - Oggi il PG Andrea Pagani ha spiegato punto per punto in un comunicato stampa i motivi della sua decisione di non ravvisare reati penali nel controverso caso che in maggio ha portato alla demolizione dell’ex Macello di Lugano. Il fatto che non ci siano reati accertati chiude, salvo ricorsi, la vicenda dal profilo penale. Restano invece aperti alcuni interrogativi dal profilo amministrativo, che saranno di competenza della Sezione Enti Locali, e politico, in particolare sulla stridente incongruenza tra le versioni della Polizia e dell’autorità politica sul tema della demolizione. In questa intervista abbiamo cercato di ripercorrere i punti essenziali di una vicenda che continuerà a far discutere.

 

Procuratore generale, ieri il Molino in un comunicato stampa ha giudicato la sua decisione un’enorme presa per i fondelli. Lei cosa risponde?

Che quel giudizio lascia il tempo che trova e non merita di essere commentato.

Oggi, però, dopo il suo comunicato stampa l’avvocato degli autogestiti, Costantino Castelli, ha parlato di un’arrampicata sui vetri e di tante incongruenze non chiarite…

All’avvocato Castelli rispondo che non è serio giudicare un lavoro rigoroso ed enorme, durato mesi, sulla base di un comunicato stampa di tre pagine, quando ieri sera gli è stata intimata una decisione di ben 27 pagine. Per il resto, in Svizzera la libertà d’opinione è garantita.

Al di là degli aspetti penali, lei ritiene che ci siano stati nella gestione dello sgombero e della demolizione dell’ex Macello aspetti amministrativi che meritano di essere approfonditi? In altre parole, ci sono gli estremi per una segnalazione alla Sezione Enti Locali?

Gli Enti locali hanno già aperto un dossier sul caso e hanno chiesto l’accesso agli atti, ma hanno sospeso la procedura in attesa della chiusura del procedimento penale. Ci sono senza dubbio aspetti che andranno valutati, ma che sfuggono al penale e non sono dunque di mia competenza.

Una domanda che frulla nella testa di molti è: perché ha deciso di non interrogare i comandanti della Polizia cantonale e Comunale, Matteo Cocchi e Roberto Torrente, e il capo del Dipartimento Norman Gobbi, come aveva chiesto l’avvocato Castelli?

Perché nessuna di queste tre figure ha fatto parte dello Stato Maggiore che ha proposto l’intervento all’ex Macello e nemmeno del Municipio che lo ha autorizzato. È stato accertato che la proposta di demolizione parziale, limitatamente al tetto pericolante dell’edificio, ed eventualmente a una parete, e la successiva decisione politica sono avvenute attraverso una comunicazione telefonica in viva voce tra i capi intervento, quindi il vicecomandante della Cantonale Lorenzo Hutter e l’ufficiale della Comunale Mauro Magiulli, che si trovavano in un ufficio della Centrale comune di allarme di Bellinzona, e la capo dicastero Karin Valenzano Rossi. Ho quindi ritenuto che non sarebbe stato utile ai fini del giudizio sentire persone che non hanno avuto alcun ruolo nel proporre e decidere l’intervento. E questo l’ho scritto nella decisione con cui ho respinto la richiesta dell’avvocato Castelli.

Ma poi l’ex Macello è stato demolito. Nel suo comunicato odierno lei scrive che “per un malinteso dovuto ad un claudicante passaggio di informazioni fra il Capo Impiego del Servizio di mantenimento dell’ordine, dapprima, e un Ufficiale dello Stato Maggiore, poi, operanti da Bellinzona, e chi, sul terreno a Lugano, era addetto a dirigere l’esecuzione degli ordini, lo stabile in discorso è stato interamente distrutto”…

Sì, c’è stata una incredibile improvvisazione comunicativa, e anche un errore professionale non voluto, e visto che il reato di abuso di autorità presuppone il dolo, il reato stesso non sussiste.

Il vicecomandante della Cantonale Hutter è stato prima imputato e poi scagionato, perché?

Perché in questo caso non c’è stato il requisito soggettivo del reato: non si è agito con l’intenzione di recar danno, ma nel quadro dello stato di necessità esimente. Diversa invece la questione del danneggiamento: il reato è stato commesso, oggettivamente e soggettivamente, ma anche qui non si può promuovere l’accusa proprio in virtù dello stato di necessità, dovuto al fatto che si temeva per l’incolumità degli occupanti e delle forze dell’ordine, essendo il tetto dell’edificio pericolante.

Lei scrive però che il 12 marzo la Polizia ipotizzò “approssimativamente” l’abbattimento di tutto lo stabile.

Allora, l’11 marzo il Municipio decise lo sgombero. Quella sera la Polizia costituì lo Stato Maggiore. Il 12 marzo ci furono in effetti alcune mail interne alla polizia di Lugano in cui si diceva che si poteva abbattere uno degli stabili dell’ex Macello perché non era bene protetto, ma ci voleva comunque una licenza edilizia. Poi il 18 il Municipio tornò sui suoi passi e revocò lo sgombero. Quindi l’ipotesi di abbattere l’edificio rimase lì, come una tra le altre. Poi ci fu la famosa riunione del 6 maggio, durante la quale la Polizia disse all’autorità politica che per una questione tattica lo sgombero non si sarebbe potuto fare prima dell’autunno. Nel frattempo venne messa in atto la procedura in vista del futuro sgombero: disdetta dell’accordo del 2002, diffida e decisione di esecuzione, tutti atti che sono stati trasmessi agli autogestiti e affissi sul portone di entrata dell’ex Macello. Compresa la decisione di esecuzione del 14 maggio. Tutte decisioni che potevano essere impugnate di fronte al Consiglio di Stato, cosa che nessuno ha fatto. Ma a quel momento, lo Stato Maggiore non era più in allerta e il Municipio nemmeno.

E poi?

Poi il Molino indice la manifestazione per il 29 maggio e due giorni prima la Polizia, d’intesa con lo Stato Maggiore, sottopone al Municipio un testo corposo con determinate domande, nel quale non vi è traccia dell’ipotesi di abbattimento. La domanda principale è: durante la manifestazione desiderate lo sgombero, e se sì a quali condizioni? La risoluzione municipale del 27 maggio dice: nulla osta allo sgombero se la manifestazione degenera. E quando gli autogestiti occupano lo stabile ex Vanoni lo Stato Maggiore e la maggioranza del Municipio optano per lo sgombero e per la demolizione del tetto, anche perché la Cantonale, come aveva scritto il ministro Gobbi già il 14 aprile, non aveva le risorse per mantenere un picchetto di sorveglianza sine die per impedire la rioccupazione dell’ex Macello.

Però alla fine arrivano le ruspe e tirano giù tutto…

Non è lo Stato Maggiore che ha chiamato l’impresa che ha demolito lo stabile. Lo ha fatto la ditta incaricata di murare porte e finestre, che non disponeva di una pinza per demolire il tetto. Considerate che tutto viene gestito via whatsapp dal fronte dove, appunto, viene capito male quello che era stato deciso: demolire il tetto ed eventualmente una parete per questione statica, mentre chi era a Lugano sul posto ha capito che bisognava demolire lo stabile intero. È l’incredibile errore comunicativo di cui parlavo.

Il Municipio, in particolare l’allora sindaco Marco Borradori e Karin Valenzano Rossi, sostengono che prima di quella sera non avevano mai sentito parlare di demolizione.

Secondo le loro dichiarazioni in effetti è così. La Polizia sostiene invece che nella citata riunione del 6 maggio se ne parlò, ma noi abbiamo un verbale unilaterale della Polizia, che non è stato trasmesso ai due rappresentati del Municipio. Chi ha ragione? Io lascio aperto il quesito, perché comunque penalmente non è rilevante, in quanto l’intervento non era prospettato a breve. Ribadisco: lo sgombero era indicato non prima del tardo autunno.

Non trova potenzialmente improvvido non aver verificato preliminarmente l’eventuale presenza di amianto nella struttura demolita?

Anche qui, è una questione tecnica di diritto: è un reato se c’è una messa in pericolo concreta della salute, ma se il perito, molto reputato, mi dice che non c’è stato pericolo per l’incolumità di chi si trovava sul posto in quel momento e nemmeno nelle adiacenze dello stabile, devo concludere che non c’è reato. Che sia stato improvvido è una valutazione. Io mi attengo ai fatti.

 

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