Il sindaco di Locarno: "Siamo obbligati ad avere speranza e vogliamo averla. Offriamo soluzioni chiare e non i soliti 'vedremo'"
*Di Alain Scherrer
Le notizie delle ultime settimane non sono né belle né rassicuranti. L’anno comincia con il peso di tutte le tristezze che ci seguono, come un corteo funebre. Ma non ci si può fermare a delle considerazioni che caricano le spalle di un peso insopportabile! I lamenti non sono mai serviti a niente. Dobbiamo guardare al di là di questa plumbea cortina che ci impedisce di percepire un futuro un po’ più limpido. E, indubbiamente, abbiamo dei doveri. È inutile tergiversare: è nostro dovere seguire le regole dettate dall’amministrazione sanitaria. I piccoli gesti che ci danno noia, le distanze, la mascherina, il disinfettarsi le mani, sono efficaci e sono il contributo che ogni persona responsabile deve rispettare non solo per sé stessa, ma anche per gli altri. Sono le famose gocce che creano il mare. E sono alla portata di tutti.
Più delicata la questione della vaccinazione. In nome della libertà, di problemi di salute, di scelte personali operate in passato e che richiedono la coerenza, è difficile pretendere che tutti si sottopongano a queste vaccinazioni. Si potrebbe forse tornare ai tempi antichi, per esempio a quelle tragedie greche che mettono in risalto il sacrificio personale per il bene della città. Un sacrificio, a volte immenso, di rinuncia a sé stessi, all’incolumità della propria famiglia, per la salvaguardia della maggioranza. Forse è un pensiero che non ha più valore oggi, un po’ fuori strada. Ma provate a pensarci, almeno un istante. Dovrebbe dare slancio civico a chi esita ancora. Un ambito in cui si comunica la speranza è la scuola. Si fa in modo che i bambini continuino ad aprire gli occhi sulle meraviglie del mondo, meraviglie che sussistono malgrado le crisi di ogni tipo.
Ma questo lavoro di continua rinascita deve essere continuato nelle famiglie: incombe ai genitori impegnarsi affinché i figli, soprattutto i figli adolescenti, giovani, giovani adulti non siano lasciati soli a gestire questi periodi difficili. Bisogna lavorare di fantasia per trovare attività che diano speranza, che creino contatti, che facciano sorridere e ridere. Bisogna lavorare con umiltà per riconoscere che si è un po’ inatti a questi compiti e, quindi, per cercare collaborazioni con vicini e conoscenti, parenti e amici, per arrivare a risultati sani.
È un impegno da non poco, ma è un’arma solida per dissipare malumore, silenzi pesanti e accusatori, depressioni pericolose. Però non sempre e dappertutto è attuabile questo modo di fare. Se i problemi finanziari sono assillanti, non si ha la testa per pensare ad altro, non si ha la calma per inventare soluzioni, non si hanno quei soldi che permetterebbero di dare speranza.
Il nostro Comune deve essere attento in modo particolare a queste situazioni difficili che si sono moltiplicate con il moltiplicarsi dei virus. È anche compito delle autorità comunali tessere stretti contatti con tutte le organizzazioni sociali e caritatevoli che operano praticamente e quotidianamente per sostenere chi non può più sperare. È dovere di chi è stato eletto dal popolo farsi vicino a quel popolo che si trova confrontato a problemi improvvisi e opprimenti. Audacemente, senza opposizioni di idee politiche, offriamo soluzioni chiare, non promesse fatue. Adesso e oggi: senza i soliti “vedremo”.
Il nuovo Anno comincia con questa promessa, pratica, pressante, primaria. Siamo obbligati ad avere speranza. Vogliamo avere speranza. E allora, Buon Anno a tutti. Un forte abbraccio.
*Sindaco di Locarno