CRONACA
Pesenti e i bisogni del mondo industriale: "Chi sarà eletto dovrà pensare a..."
Il presidente di AITI in un lungo intervento ha riassunto la situazione vissuta delle aziende ticinese, tra il difficile ricambio generazionale, le necessità di una formazione più tecnica e l'innovazione tecnologica

di Oliviero Pesenti, direttore AITI

Fra un mese le cittadine e i cittadini votanti faranno le proprie scelte ed eleggeranno il nuovo Governo cantonale e il nuovo Parlamento per la legislatura 2023-2027. Queste elezioni cantonali giungono in una fase particolarmente importante. Da un lato lo Stato si trova in una situazione finanziaria difficile ed è confrontato alla necessità nei prossimi anni di risanare i conti pubblici.

Negli ultimi dieci-quindici anni i disavanzi pubblici sono stati superiori agli avanzi di esercizio e ciò dimostra il fatto che ci troviamo davanti a un problema strutturale, che va evidentemente risolto. Dall’altro lato, siamo entrati in un periodo di trasformazioni  economiche, tecnologiche e sociali che rendono necessarie delle scelte di fondo anche da parte della politica: invecchiamento della popolazione, adattamento della formazione ai nuovi paradigmi, implementazione delle tecnologie nelle aziende di ogni ordine e dimensione, il mutato atteggiamento delle nuove generazioni nei confronti del lavoro e della famiglia, il futuro approvvigionamento in energia e la tutela del clima e dell’ambiente, ecc. Questi trend del cambiamento sono già iniziati e sta a tutti noi, l’economia, lo Stato, i
cittadini, assumersi le proprie responsabilità e fare, appunto delle scelte.

Perché insisto tanto sulla questione di fare delle scelte? Il documento strategico per lo sviluppo economico del cantone Ticino che AITI ha elaborato e che la nostra Assemblea dei soci ha approvato lo scorso 17 ottobre, lo abbiamo denominato “Ticino 2032”. Pensiamo che in questi prossimi dieci anni si decide parte o buona parte dello sviluppo economico e sociale del nostro Cantone e il risultato positivo o meno positivo per tutti noi dipende proprio dalle scelte o mancate scelte che faremo.

Pensiamo solo al fatto che nei prossimi anni decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori usciranno dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età e che già ora sappiamo che non saremo in grado di sostituirli completamente. Rischiamo seriamente di perdere attività economiche per mancanza di personale, che si potrebbero sommare a quelle attività economiche già perdiamo ogni anno perché le aziende non hanno un successore che le porti avanti. Questo scenario era già noto da anni – i dati sulla demografia sono pubblici – ma non è stato finora seriamente affrontato. Nel caso in questione non potremo fare altro che aumentare l’automazione nelle imprese, chiedere a un gruppo di lavoratrici e lavoratori di fermarsi a lavorare in azienda oltre l’età canonica del pensionamento, aumentare sensibilmente il numero delle donne che entra e resta nel mercato del lavoro e se necessario aumentare pure la quota degli stranieri lavoratori. E per concretizzare tutto ciò occorreranno degli investimenti pubblici e privati, ad esempio servizi rafforzati per la conciliabilità lavoro-famiglia.

Le scelte di fondo sono ugualmente urgenti anche in altri ambiti, ad iniziare dalle tecnologie e dalla tecnica. L’avvento dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie digitali nelle aziende pone delle sfide ma anche delle opportunità.

Come ripetiamo spesso noi di AITI, non possiamo fare astrazione dal fatto che il 90 % delle aziende e società attive in Ticino ha meno di dieci dipendenti. L’economia è dunque composta in gran parte da aziende molto piccole, ma ciò non vuol dire che anche questo genere di imprese possa evitare di confrontarsi con i cambiamenti in corso. Noi come organizzazione mantello del settore industriale rappresentiamo tutti i rami economici di questo settore, composti in buona parte dalle aziende di maggiori dimensioni, particolarmente quelle che hanno oltre i 50 – 100 dipendenti. Si tratta per lo più di aziende esportatrici confrontate al vento della concorrenza internazionale. Ma che si tratti di piccole aziende o di aziende di medie e grandi dimensioni, la questione dell’innovazione non cambia molto: tutte le aziende sono confrontate alla necessità di innovare, solo che
l’innovazione e le tecnologie costano molto e tante aziende non sono più in grado di permettersi gli investimenti necessari.

Ecco che anche in questo ambito si impongono delle scelte da parte dello Stato: come sostenere l’innovazione nelle imprese e come aiutare le aziende a transitare nella sfera dell’intelligenza artificiale, della digitalizzazione e dell’utilizzo dei nuovi materiali? Diversi altri Cantoni svizzeri hanno scelto di investire ingenti risorse nella promozione dell’innovazione, abbinando ad essa un rafforzamento della formazione ai diversi livelli. Sono state fatte delle scelte sia politiche sia aziendali. Noi non diciamo che il Ticino non stia facendo nulla, madiciamo che la velocità di crociera e gli importi per investimenti da mettere in campo devono ora aumentare considerevolmente, anche perché gli altri Cantoni stanno facendo questo. Bene, dunque, che il cantone Ticino investa nel futuro Parco dell’innovazione e dunque in settori innovativi e ad alto valore aggiunto, ma non dimentichiamo che la maggior parte delle attività e dei posti di lavoro rimarrà ancorata alle attività commerciali, artigianali, amministrative, industriali che già esistono. Dunque, il messaggio rivolto alla politica è anche quello di sostenere le aziende già esistenti, perché anche per queste ultime è diventato difficile, a causa anche dei costi crescenti, trovare le risorse sufficienti per investire in innovazione.

Nel Piano strategico di AITI “Ticino 2032”, che dopo la sua approvazione assembleare è ora entrato in una fase di approfondimento, abbiamo fatto delle scelte tematiche, sei per la precisione, su cui chiediamo anche alla politica di puntare, anche se siamo consapevoli che vi sono pure altri temi da affrontare, ad esempio la pianificazione e la tutela del territorio e l’approvvigionamento in energia. I sei settori tematici da noi scelti sono: la cura del capitale umano e l’adeguamento della formazione scolastica, professionale e accademica; la creazione e lo sviluppo di un ecosistema dell’innovazione; la diffusione sul territorio della cultura d’impresa e del fare l’imprenditore; la fiscalità competitiva e l’adeguamento delle condizioni quadro per fare impresa; la responsabilità sociale e ambientale delle imprese e l’inclusione; i cambiamenti del mercato del lavoro e gli adeguamenti necessari.

Abbiamo già avuto modo di presentare negli scorsi mesi i contenuti delle nostre proposte, che hanno già destato una certa attenzione, ragione per cui non entrerò più qui nei dettagli. Vi invito comunque a consultare il documento nella versione aggiornata sul nostro sito internet www.aiti.ch. Mi preme tuttavia sottolineare alcuni elementi cardine sui quali ci attendiamo un forte impulso anche da parte dei decisori istituzionali e politici:

- Mantenere una solida base produttiva in Ticino è una carta vincente.

- Interrogarsi su quale tipo di industria/economia vogliamo e possiamo permetterci alla luce dei diversi cambiamenti economici e sociali in atto (pandemia, nuove tecnologie e
modalità di lavoro, transizione energetica, cambiamento demografico, approvvigionamento di energia, cambiamenti geopolitici, rapporti di cambio, …).

- Elevare/Migliorare/Perfezionare la formazione scolastica, professionale e accademica.

- Aumentare gli investimenti pubblici a sostegno dell’innovazione, favorendo quelli privati.

- Necessario migliorare (tutte) le condizioni quadro del territorio per fare impresa.

- Diffondere i valori della cultura d’impresa, l’essere imprenditore e il fare impresa.

- Aziende socialmente responsabili, inserite in un mercato del lavoro flessibile che sa garantire protezione sociale, laddove tuttavia esistono anche doveri e non solo diritti.

La formazione scolastica, professionale e accademica è certamente uno dei tasselli fondamentali dello sviluppo economico e sociale del nostro Cantone, collegato in particolare ai temi del mercato del lavoro e dell’innovazione. Noi di AITI chiediamo di mettere un focus importante sulla scuola obbligatoria perché i tassi di insuccesso nei percorsi formativi successivi dell’apprendistato e della scuola superiore sono abbastanza elevati. Per questa ragione insistiamo particolarmente sul rafforzamento dello studio delle lingue tedesco e inglese, ma anche  sul fatto di insegnare agli allievi della scuola obbligatoria anche alcuni elementi base delle principali materie tecniche, cioè meccanica, elettronica e informatica, perché queste nozioni sono utili e ci servono nella vita di tutti i giorni. Non chiediamo di aggiungere delle materie vere e proprie nel calendario già carico della scuola media, ma un’introduzione di base sì.

Naturalmente chiediamo anche alla politica di chinarsi sull’offerta scolastica attuale del Cantone e ragionare insieme a noi sulla necessità o meno di aumentare il numero delle scuole a carattere tecnico, visto che attualmente quelle di tipo commerciale e amministrativo sono chiaramente prevalenti. 

Non da ultimo, sottolineiamo la sempre maggiore importanza di focalizzarsi sulle competenze personali dei giovani: sviluppare il senso di responsabilità e disciplina, prendersi delle responsabilità, essere capaci a lavorare in team e su progetto, sviluppare spirito critico, ecc. Crediamo che un buon sviluppo e allenamento di questi elementi aiuterebbe i nostri giovani a trovare più facilmente la loro strada nel mondo del lavoro.
Per inciso, il settore industriale ha aumentato il numero dei posti di apprendistato negli ultimi anni, siamo in questo momento a oltre 500 posti di lavoro, ma bisogna anche dire che in alcuni rami di attività i posti di apprendistato sono ancora liberi (settore della plastica ad esempio).

Per concludere mi soffermo brevemente sulle condizioni quadro del territorio. Sappiamo bene che su alcuni elementi il Ticino non è competitivo e sta perdendo ulteriormente terreno. Se vogliamo creare sviluppo economico dobbiamo rendere il territorio attrattivo per gli imprenditori e oggi lo siamo solo parzialmente. Bisogna per questo limitare la burocrazia, lavorare sulla formazione e l’attrattività del mercato del lavoro, ma anche e finalmente abbandonare gli ultimi posti della classifica della competitività fiscale intercantonale. Siamo molto attenti alle persone con redditi modesti, c ncediamo in Svizzera le deduzioni fiscali più generose per chi ha figli, abbiamo un sistema di assegni familiari che non ha eguali nel resto della Svizzera, ma, girando la medaglia, puniamo fiscalmente i redditi più alti, cioè quella minoranza di cittadini che pagano la maggior parte delle imposte. Se vogliamo attrarre attività economiche a valore aggiunto e posti di lavoro, non potremo evitare di mettere mano alla riforma della legge tributaria perché oltre a nuove attività sul territorio ci servono anche imprenditori e manager di azienda, che oggi ritengono più conveniente domiciliarsi nei Grigioni, a Svitto o in molti altri Cantoni
perché sono meno vessatori. Respingiamo anche con fermezza il tentativo in particolare della sinistra di sabotare la riforma fiscale cantonale in vigore dal 2020, che prevede nel 2025 la riduzione dell’aliquota sugli utili delle persone giuridiche dall’attuale 8 % al 5,5 %.

Un atto dovuto che ci permetterà di rientrare perlomeno nella media svizzera, abbandonando il fondo classifica. Insomma, noi crediamo nella collaborazione fra l’economia e lo Stato e dunque auspichiamo che anche fra l’economia e la politica vi sia un dialogo costante a partire dalla prossima legislatura. 

Come AITI ci stiamo già adoperando per fare questo. Noi alcune scelte e proposte le abbiamo fatte nel nostro piano strategico “Ticino 2032”; non pretendiamo di avere ragione ma crediamo che ora sia veramente giunto il momento di definire un patto di paese nell’interesse di tutti. Dobbiamo evitare una deindustrializzazione del cantone Ticino a seguito dell’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime e a causa del progressivo degrado delle condizioni quadro per fare impresa. Un Ticino con poca industria è un Ticino senza futuro.

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