CRONACA
La vita di un funzionario pubblico: "Poco valorizzati e sommersi di burocrazia, i tempi sono cambiati"
La granconsigliera di Più Donne Maura Mossi Nembrini esamina le sfaccettature del lavoro presso l'ente pubblico. "La burocrazia, anche se digitalizzata, va processata e rallenta i processi. Non siamo privilegiati, ci sono anche insidie"
TIPRESS

BELLINZONA - Come è la vita di un funzionario pubblico, al di là dei miti e delle frasi fatte, rispetto a quella di un dipendente del settore privato? E come si è evoluta ed è cambiata negli anni? Domande a cui cerca di rispondere in un post social la granconsigliera di Pu Donne Maura Mossi Nembrini, che chiede a chi giudica la vita dei lavoratori del settore pubblico tenendo conto delle difficoltà e in particolare dell'aumento della burocrazia.

"Sono funzionaria pubblica da dieci anni a fronte di altrettanti in cui sono stata nel settore privato da indipendente. So quindi di cosa vado a scrivere. Hanno ragione tutti coloro che affermano che siamo una categoria di privilegiati. Ma dietro ai privilegi, quelli che solitamente vanno per la maggiore, lo stipendio puntuale, i giorni di ferie garantiti ecc. si nascondono anche insidie", inizia il suo lungo e accorato scritto.

E i problemi nascono già a livello di rapporti interpersonali con chi dirige, per come è fatto il sistema. "In realtà si tratta di un contesto in cui non è scontato che il datore sappia apprezzare il collaboratore come bene prezioso per l’azienda. Coloro che lavorano con dedizione e abnegazione non sempre possono rendere conto dei successi del loro lavoro perché gli enti pubblici sono gestiti dalla politica. Questa incapacità di considerare i lavoratori un bene prezioso, persone con ambizione e bisogno di soddisfazioni alla pari di qualsiasi essere umano sovente genera sentimenti di demotivazione e scoraggiamento. Anche qui il collaboratore spesso non è visto come qualcuno di indispensabile, ma come qualcuno che se non c’è, si faccia avanti il prossimo. Un tempo le carriere duravano decenni nello stesso posto fisso. Oggi fateci caso guardando gli annunci, vi è un andirivieni di personale. Non sempre è sinonimo della modernità del lavoro. È il sintomo di un malessere e ci si dovrebbe interrogare, perché questi continui cambiamenti generano perdite di know-how e ritardi".

"Leggo che si vuole limitare il personale nell’amministrazione pubblica. Che sarebbe cresciuto a dismisura. Che deve essere più efficiente e efficace. Che con la digitalizzazione si può risparmiare sul numero di persone. Peccato che si fanno i conti senza l’oste. Sono persone che non hanno capito l’epoca in cui siamo", prosegue, portando alcuni esempi: "Sovente ultracinquantenni. Un tempo se si voleva organizzare una festa era sufficiente annunciarlo a chi conoscevi o allo sportello con due chiacchiere. Oggi si devono riempire paginate di formulari con garanzie per ogni cosa. Un’assistente di cura di una casa anziani oggigiorno passa un terzo del suo tempo ad inserire in un programma informatico parametri degli ospiti, quanto hanno dormito, bevuto, mangiato, ecc. Un tempo un docente scriveva le note e scriveva un breve giudizio. Oggi lo stesso docente scrive paginate di rapporti. Il cittadino se ha una lamentala, una richiesta, deve mandare una mail. Esempi banali, ma ve ne sono a migliaia e anche più complessi, basti pensare alla magistratura".

Dunque, si dovrebbe intervenire sui processi burocratici. "Questa burocrazia va processata da qualcuno anche se digitalizzata. È dettata da innumerevoli ordinanze, regolamenti, leggi, procedure, e dalla necessità di codificare tutti i processi. Ovviamente deve essere visionata da un essere umano perché non siamo ancora al punto tale che abbiamo un’intelligenza artificiale efficace e efficiente che sa rispondere al posto nostro. Soprattutto quando per una risposta talvolta è proprio necessario l’intervento della persona con tutte le ponderazioni e gli interessi del caso. Anzi proprio la digitalizzazione e il poco utilizzo della parola talvolta rallenta i processi. Quante volte avremmo voluto spiegare a voce un problema da risolvere che forse si sarebbe effettivamente risolto, ma no bisogna scrivere due righe e aspettare la risposta".

Da settembre è entrata in vigore la legge sulla protezione dei dati, che per Mossi Nembrini "se non sarà gestita al meglio, sommergerà i funzionari pubblici. Quindi la politica, il datore di lavoro, quando proclama tagli ai propri collaboratori forse dovrebbe farlo sulla base di un confronto serio e verificato con le necessità dei processi odierni (non quelli di cinquant’anni fa)".

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