“Loro temono i risultati della Commissione parlamentare d’inchiesta. Per questo hanno fatto questo comunicato per provare ad anticipare il colpo"
BERNA/LUGANO - La FINMA ha agito correttamente nel caso Credit Suisse e ha fatto tutto ciò che era in suo potere. Ma le basi legali su cui fonda il suo operato hanno mostrato i loro limiti: occorre quindi ampliare le competenze dell’autorità di sorveglianza sui mercati finanziari. È quanto emerge, in estrema sintesi, dal rapporto sul tracollo del colosso bancario pubblicato ieri dalla stessa FINMA. Dal 2012 in poi, si legge nel rapporto, sono stati svolti 43 accertamenti preliminari nei confronti della banca, pronunciati nove ammonimenti, sporte 16 denunce penali e conclusi undici procedimenti di enforcement nei confronti dell'istituto e tre contro persone fisiche.
"Il caso di Credit Suisse mostra sia le possibilità sia i limiti della vigilanza – ha detto la presidente del Consiglio di amministrazione della Finma Marlene Amstad -. È chiaro che lo stato della piazza finanziaria svizzera fra cinque o dieci anni sarà in larga misura determinato dalla decisione di rafforzare o no le basi legali della vigilanza”.
Abbiamo chiesto un giudizio sulla presa di posizione della FINMA al giornalista Alfonso Tuor.
Alfonso, cosa ne pensi?
“Penso che siano solo scuse non giustificate dai fatti. Non è vero che hanno fatto tutto il possibile per salvare il Credit Suisse. Potevano intervenire sul CdA, sui dirigenti e questo non è avvenuto. Hanno sempre detto che i requisiti di capitale erano corretti e invece anche questo non era vero. Questo comunicato è una somma di scuse alle quali non si può credere”.
Ma l’organismo di controllo si giustifica con l’assenza di una base legale in grado di fornire poteri per interventi più incisivi.
“Ma non è vero! Ripeto: sono scuse. Loro avrebbero potuto intervenire anche con la Banca Nazionale e con il Consiglio Federale. Lo sapevano tutti che il Credit Suisse stava accumulando perdite. Bastava leggere i giornali, non è che servissero grandi inchieste interne. La verità è che non hanno fatto nulla, anzi, peggio: all’inizio di novembre dell’anno scorso vi è stata una riunione tra l’allora ministro delle finanze Maurer, Jordan della BNS e il direttore della FINMA, nel frattempo dimessosi, nella quale è stato deciso che non era necessario alcun intervento. E invece era proprio quello il momento di intervenire! Non hanno capito che la banca sarebbe stata confrontata con un problema di liquidità, a causa delle numerose notizie negative uscite sui media che avrebbero spinto i clienti danarosi e i fondi d’investimento a ritirare i soldi dati in gestione al CS. Cosa puntualmente avvenuta”.
Come ti spieghi questa mossa della FINMA?
“Loro temono i risultati della Commissione parlamentare d’inchiesta. Per questo hanno fatto questo comunicato per provare ad anticipare il colpo. Non dimentichiamoci che il direttore della FINMA si è dimesso e non a causa di limiti d’età….”.
Ma al di là delle scuse, secondo te la FINMA dovrebbe avere più poteri?
“Sicuramente sì, ma la verità è che questo problema era stato già sollevato anni fa con il caso UBS. E non è che allora la FINMA avesse fatto delle proposte veramente incisive per un rafforzamento dei propri poteri. Rafforzamento che, in ogni caso, la politica non ha voluto”.
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