Presentato il rapporto della Commissione parlamentare d'inchiesta sul collasso della storica banca, poi acquisita da UBS. Ecco il comunicato stampa
BERNA - La Commissione parlamentare d’inchiesta (CPI) ritiene che gli anni di malagestione da parte di Credit Suisse (CS) siano all’origine della crisi. Valuta però criticamente anche le agevolazioni sui fondi propri concesse dalla FINMA e deplora altresì la sua attività di vigilanza in parte inefficace. La Commissione critica inoltre l’esitazione nell’ulteriore sviluppo della legislazione too big to fail (TBTF) e il flusso d’informazioni talvolta insufficiente tra le autorità. La CPI non ravvede tuttavia alcuna mancanza imputabile alle autorità nella crisi di CS e constata che nel marzo 2023 esse hanno impedito una crisi finanziaria globale. La CPI chiede comunque una serie di miglioramenti, in particolare una regolamentazione TBTF orientata agli standard internazionali, disposizioni più efficaci per le banche di rilevanza sistemica e regole più chiare per la collaborazione tra le autorità preposte alla stabilità finanziaria in Svizzera.
Istituita l’8 giugno 2023, la CPI è stata incaricata di far luce sulla gestione operata dalle autorità nel contesto della fusione d’urgenza di CS. L’inchiesta si è estesa anche all’operato di CS nella misura in cui era necessario per valutare l’attività delle autorità. La responsabilità della perdita di fiducia in CS e della difficile situazione in cui è venuto a trovarsi l’istituto, a tal punto da metterne a repentaglio l’esistenza nel marzo 2023, è imputabile al consiglio di amministrazione e al consiglio direttivo di CS degli ultimi anni. Questi ultimi si sono mostrati renitenti nei confronti dei numerosi interventi della FINMA. Nel suo rapporto finale la CPI non ha potuto constatare alcuna mancanza imputabile alle autorità.
Nella sua ultima seduta del 17 dicembre 2024 la CPI ha adottato all’unanimità il suo rapporto, che pubblica in data odierna unitamente ai nove rapporti commissionati a esperti.
L’inchiesta della CPI si è incentrata sul collegio del Consiglio federale e sulle parti firmatarie del Memorandum of Understanding (MoU) in materia di stabilità finanziaria, ossia il Dipartimento federale delle finanze (DFF) con gli uffici specializzati competenti, l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) e la Banca nazionale svizzera (BNS), oltre che sull’Autorità federale di sorveglianza dei revisori (ASR). La CPI ha fissato come punto di partenza della sua inchiesta il 2015. Si distinguono quattro fasi: la prima dal 2015 all’estate 2022, la seconda dall’autunno 2022 a metà marzo 2023, la terza corrispondente alla fase acuta dal 15 al 19 marzo 2023 e la quarta che coincide con l’attuazione della fusione. La CPI si è concentrata in particolare sulle prime tre fasi.
Fase antecedente alla crisi: assenza di un PLB ed eccessive agevolazioni sui fondi propri
Nella fase antecedente alla crisi, la CPI ha esaminato in particolare l’ulteriore sviluppo della regolamentazione TBTF. Al riguardo ha constatato che il Consiglio federale e il Parlamento hanno attribuito eccessiva importanza, soprattutto dal 2015, alle esigenze degli istituti bancari di rilevanza sistemica nell’attuazione degli standard internazionali (Basilea III, principi del BCBS e del FSB). Il Consiglio federale ha quindi ripetutamente accordato a queste banche termini transitori più lunghi per gli ulteriori sviluppi legislativi oppure ha tardato a proporre l’adozione di standard internazionali. La CPI reputa che il Consiglio federale sia stato troppo titubante in particolare nell’introduzione di un public liquidity backstop (PLB).
La Commissione ha inoltre rivolto un’attenzione particolare alla gestione da parte della FINMA. Per quanto assidua, la sua attività di vigilanza è tuttavia risultata solo limitatamente efficace: nonostante i numerosi procedimenti di enforcement e i relativi segnali di allerta da parte della FINMA, su CS si è abbattuto uno scandalo dopo l’altro. La CPI deplora che la FINMA non abbia revocato la garanzia di irreprensibilità in quel momento.
La CPI non comprende i motivi per cui, nel 2017, la FINMA abbia accordato a CS ampie agevolazioni sui fondi propri sotto forma di un filtro prudenziale, che ha consentito alla banca di affrontare la transizione contabile dalla valutazione globale alla valutazione singola delle partecipazioni senza una sostanziale e immediata costituzione di capitale. Nonostante la legalità del filtro, la CPI ne mette fondamentalmente in discussione l’adeguatezza. Il suo impatto è stato molto più incisivo del previsto e, senza la sua applicazione, le prescrizioni prudenziali in materia di fondi propri non sarebbero state adempiute da CS in modo lieve già dal 2021 e in modo netto dal 2022. Secondo la CPI, è necessario intervenire urgentemente in merito alla concessione di agevolazioni alle banche di rilevanza sistemica.
Limitato margine di manovra nell’autunno 2022
I diversi indicatori della situazione economica di CS sono notevolmente peggiorati nel corso del 2022. All’inizio di ottobre e alla fine di dicembre CS ha subito massicci deflussi di liquidità che l’hanno condotto sull’orlo dell’insolvenza. Le autorità hanno attivato i loro organi di coordinamento in caso di crisi a partire da agosto e, in ottobre, sono passate alla modalità di crisi.
Gli scenari di uscita dalla crisi elaborati sin dagli esordi contemplavano sia le opzioni previste dal regime TBTF (liquidazione [resolution]; ELA) sia nuove misure (TPO; ELA+; acquisizione). La CPI reputa che siano stati analizzati i principali scenari possibili. Deplora tuttavia che, in questa fase, non tutte le autorità coinvolte avessero lo stesso livello di informazione, il che potrebbe avere impedito di intervenire prima in modo deciso. In particolare erano carenti le informazioni di cui il Consiglio federale disponeva nell’autunno 2022. Inoltre la CPI ritiene in parte inadeguati gli incontri informali avviati in autunno su iniziativa dell’allora capo del DFF e del presidente della BNS, in quanto non sufficientemente coordinati con le ordinarie strutture di crisi. Se fosse stata già disposta una base legale per il PLB, le autorità sarebbero potute intervenire già in autunno senza ricorrere al diritto di necessità, il che avrebbe contribuito a ristabilire la fiducia. Il margine di manovra era ulteriormente limitato a causa del filtro prudenziale concesso nel 2017.
Intensa ricerca di una soluzione in condizioni difficili nel marzo 2023
A metà marzo 2023 le autorità federali sono state sorprese dalla crisi delle banche regionali negli Stati Uniti e dalle ripercussioni immediate su CS. In quel momento esse non avevano ancora concluso i loro accertamenti sui diversi scenari. Tuttavia, grazie ai vasti lavori preliminari svolti dall’autunno 2022, sono state in grado di mantenere solvibile CS dallo scoppio della crisi acuta mercoledì 15 marzo 2023 sino al fine settimana e di evitare così una crisi finanziaria internazionale. Una fusione con UBS risultava la variante preferita da tutte le autorità coinvolte al più tardi dall’inizio della crisi acuta.
Considerando l’esito incerto delle laboriose trattative tra UBS e CS, nei giorni di marzo le autorità hanno perseguito parallelamente diverse opzioni, più precisamente il risanamento, la nazionalizzazione temporanea e, quale ultima ratio, una fusione forzata. Non è chiaro quale soluzione sarebbe stata attuata nel caso in cui la fusione d’urgenza non fosse andata a buon fine.
Nella ricerca di una soluzione le autorità si sono adoperate per conciliare in qualche modo gli interessi di CS e UBS, prestando attenzione anche alle ripercussioni finanziarie per la Confederazione. L’applicazione del diritto di necessità ha ottemperato al criterio della legalità. La CPI comprende che, nella fase acuta della crisi, una soluzione alternativa con una banca estera non fosse più attuabile in quel momento, anche se sarebbe stata più favorevole nel lungo periodo per la situazione della concorrenza in Svizzera. La CPI ritiene peraltro che la soluzione scelta abbia evidenziato chiaramente alcune lacune della regolamentazione TBTF esistente.
Inadeguatezza della regolamentazione TBTF nel far fronte a una crisi di fiducia e altre conclusioni
La CPI riconosce il lavoro svolto nel marzo 2023 dalle autorità, che sono riuscite a impedire una crisi finanziaria globale, nondimeno reputa indispensabile trarre insegnamenti dalla crisi di CS, tanto più che è già la seconda volta che lo Stato deve intervenire per impedire la liquidazione (resolution) di una banca di rilevanza sistemica e la Svizzera ha ormai un’unica banca di rilevanza sistemica globale (G-SIB).
La CPI ravvede la necessità di miglioramenti a livello legislativo ed esecutivo. Nel suo rapporto rivolge quindi venti raccomandazioni al Consiglio federale e presenta sei postulati, quattro mozioni e un’iniziativa parlamentare. La Commissione è giunta alla conclusione che la legislazione TBTF è eccessivamente incentrata sulla Svizzera, in particolare nella pianificazione d’emergenza, e che il piano di liquidazione (resolution plan) di una G-SIB operante dalla Svizzera a livello internazionale deve necessariamente considerare le interrelazioni internazionali. Inoltre, la regolamentazione TBTF non è concepita per far fronte a una crisi di fiducia e trascura importanti indicatori di mercato. In futuro, anche le agevolazioni in materia di fondi propri e liquidità dovranno essere limitate. La CPI ritiene necessario intervenire anche sull’attuale disciplinamento della sorveglianza dei revisori.
Sono emerse lacune anche nel coordinamento tra le autorità e nel coinvolgimento del collegio del Consiglio federale, pertanto occorre migliorare soprattutto lo scambio di informazioni. Inoltre, devono essere migliorate la gestione dei rischi e l’individuazione tempestiva delle situazioni di crisi.
UBS, l’unica G-SIB rimasta in Svizzera, ha dimensioni di gran lunga superiori a quelle di altri istituti finanziari esteri in rapporto al rispettivo PIL nazionale. La CPI ritiene indispensabile che questo aspetto sia adeguatamente considerato nella regolamentazione.
Presieduta da Isabelle Chassot (Il Centro, FR), la CPI ha tenuto nell’ultimo anno e mezzo 45 sedute, durante le quali ha svolto 79 audizioni e analizzato più di 30 000 pagine. Su tale base ha redatto il presente rapporto all’attenzione delle Camere federali. In estate e in autunno la CPI ha consultato le autorità e gli uffici coinvolti nonché tutti i consiglieri federali in merito a diverse parti del rapporto. Il 16 dicembre 2024, conformemente all’articolo 167 capoverso 2 della legge sul Parlamento, ha inoltre sentito una delegazione del Consiglio federale in merito alla bozza del rapporto completo. Il Consiglio federale ha ora tempo fino alla prossima sessione parlamentare per redigere una sua presa di posizione sulla base del rapporto finale. Le deliberazioni in Parlamento sono previste nella sessione primaverile 2025.