LUGANO – Non cadiamo nel tranello dell'Isis. È il monito lanciato stamani dalla colonne della Regione da Dick Marty. L'ex senatore analizza cause ed effetti della strage di Parigi in un lungo articolo pubblicato sulla Regione. Marty è di certo uno tra i maggiori esperti di terrorismo islamico, basti ricordare il suo rapporto per il Consiglio d'Europa che accertò i voli segreti organizzati dalla CIA in cui venivano trasportate e torturate persone ritenute affiliate al mondo jihadista. "La strategia dei criminali dello Stato Islamico – scrive Marty - è chiara e, purtroppo, tragicamente coerente. Il tranello teso è perverso, perché non facile da evitare. Il primo scopo perseguito è conseguire la massima presenza mediatica possibile. Risultato ottenuto. Soprattutto vogliono incutere terrore, suscitare una risposta repressiva e dimostrare così la non praticabilità della democrazia e l’inadeguatezza dei principi liberali e laici".L'ex senatore ripercorre quindi le tappe recenti della storia: dall'11 settembre alle guerre in Afghanistan e Iraq, fino ai bombardamenti in Libia. Un'instabilità che ha permesso allo Stato Islamico, scrive Marty, di "assicurarsi un territorio e dare il via alla creazione del califfato. E non è finita: l’ambiguità della politica degli Occidentali"."Tragedie quali quella di Parigi – annota ancora l'ex senatore sulla Regione - capitano quotidianamente in Siria e in Iraq. Come stupirsi che la gente fugga? Non sono forse esseri umani che meritano la stessa compassione delle vittime innocenti di Parigi? Tardivamente Obama ha finalmente capito che occorreva parlare con gli Iraniani, avversari irriducibili dello Stato Islamico (e senza i quali non ci sarà mai pace in quella parte del mondo) e ora, pur timidamente, anche con i Russi (che hanno dimostrato in questa vicenda maggiore perspicacia e abilità)". Dick Marty sposta a questo punto il ragionamento sul futuro. Vale a dire come combattere efficacemente l'Isis. Innanzitutto fissa un punto di metodo: "Non riconosciamo (ai membri dell'Isis, ndr.) lo statuto di combattenti; sono criminali. Ritengo sbagliato parlare di guerra: la guerra ha delle regole, stabilite dalle Convenzioni di Ginevra, ciò che conferirebbe loro dei diritti, ad esempio la legittimità di uccidere i soldati degli Stati che partecipano ai bombardamenti. Reagiamo con intelligenza e secondo criteri di efficacia". Marty diffida delle misure speciali quali la chiusura della frontiere, l'invasione della privacy di tutti i cittadini, poteri speciali per giustizia e polizia, limitazioni della democrazia. Tutte misure inefficaci, a suo dire, per combattere il terrorismo. Secondo l'ex Consigliere di Stato occorrono invece "più poliziotti e più intelligence, più in numero e soprattutto più in qualità. In questi anni sono stati privilegiati soprattutto le riforme legislative e l’impiego di mezzi tecnologici; in parte era necessario, temo tuttavia che il fattore umano sia stato assai trascurato. Quanti agenti sanno parlare l’arabo, quanti conoscono bene la cultura e la realtà mediorientale, quanti sono in grado di infiltrarsi in queste organizzazioni? La Svizzera è in ogni caso costretta ad appoggiarsi sulla cooperazione con altri Paesi (altro che Alleingang!). La collaborazione tra le varie polizie e i servizi segreti è tuttavia ancora carente, spesso poco efficiente all’interno dello stesso Stato. E ancora: cosa si fa contro il traffico di armi? Poco o nulla. Perché?".Marty ricorda come i terroristi della strage di Parigi siano nati e cresciuti in Europa. E che oltre alla repressione occorre un'opera di prevenzione. Occorre lavorare sulle periferie trascurate dalle istituzioni che, scrive Marty, sono il luogo dove attechiscono le parole dei predicatori dell'odio. Odio alimentato "anche dalle ingiustizie commesse nei confronti del mondo arabo e dalla tragedia palestinese tuttora irrisolta, non senza responsabilità occidentali. Questo non giustifica niente, sia ben chiaro, ma dovrebbe almeno indurci a riflettere per definire risposte più adeguate". Infine, l'ex senatore, ricorda come sia indispensabile un'alleanza con l'Islam moderato: "La stragrande maggioranza dei musulmani – conclude - non si riconosce per niente in questi criminali. La reazione a questo terrorismo deve fondarsi pertanto su di un’alleanza con il mondo musulmano".