Il capogruppo del PS: "Ricordiamoci che spesso i beneficiari di permessi B costretti a chiedere aiuti sono cittadine che lavorano sodo. Ho conosciuto famiglie che d’inverno rinunciano al riscaldamento e si nutrono solo quando possono piuttosto che chiedere l’assistenza, rischiare l’espulsione e quindi la separazione dai propri cari"
BELLINZONA - "Sopravvivere in stato di miseria o rinunciare a veder crescere il proprio figlio perché si è chiesto aiuto? Questo è il dilemma!". L'argomento è spinoso: permessi B e aiuti sociali. E su questo tema la posizione che va per la maggiore, anche nella maggioranza di Governo e Parlamento, è quella di osservare piuttosto strettamente ciò che dice la legge: ovvero che gli stranieri titolari di permessi di soggiorno non possano far capo agli aiuti sociali, pena la perdita del permesso.
Ivo Durisch, in un articolo apparso stamane sulla Regione, fornisce un altro sguardo sulla problematica. Uno sguardo racchiuso nella domanda polemica con cui abbiamo aperto l'articolo.
"L’obiettivo del governo negli ultimi due anni – scrive il capogruppo socialista - è stato evidente: ridurre l’accesso alle misure di sostegno familiare e di reinserimento lavorativo riorientando le richieste di aiuti verso l’assistenza. Questo permette al governo da una parte di spendere meno, perché l’assistenza è l’ultimo e meno generoso gradino degli interventi di sostegno sociali, e d’altra parte di mettere sotto pressione i detentori di permessi B, ma sempre di più anche di permessi C, che chiedono aiuto. Per i titolari di permessi B la procedura prevede inizialmente, in caso di richiesta di aiuti sociali, l’avviso da parte delle autorità. Le conseguenze della revoca del permesso possono portare, nel caso di famiglie con figli, alla distruzione del nucleo familiare. Un esito a volte irreparabile, che può coinvolgere anche figli svizzeri".
"Di fronte a queste situazioni – sostiene Durisch - il Consiglio di Stato non può trincerarsi dietro la scusa dell’applicazione della legge, perché in realtà questa è la situazione in cui il governo stesso sta cacciando sempre più cittadini e famiglie. Che questa sia la volontà del governo lo troviamo infatti scritto nero su bianco a pagina 30 del recente messaggio sulla manovra di risparmio del Cantone, dove si motiva l’abolizione dei 120 giorni straordinari di indennità disoccupazione, votati dal parlamento ma mai concretizzati: ‘Non va infine dimenticato che il riconoscimento di indennità straordinarie potrebbe ritardare la procedura di revoca dei permessi B’ ".
"Ricordiamoci – scrive ancora l'esponente PS sul quotidiano bellinzonese - che spesso i beneficiari di permessi B costretti a chiedere aiuti sono cittadine e cittadini che lavorano sodo. Non possiamo infatti negare che nel nostro cantone ci siano stipendi da fame che non solo non permettono di vivere, ma nemmeno di sopravvivere! Persone che lavorano fino a 60 ore alla settimana per stipendi da 2’000 franchi netti al mese. Questi sono, ad esempio, gli stipendi netti pagati nell’agricoltura, retribuiti non a braccianti, ma a persone con famiglia, che il lavoro lo sanno fare. E se uno di questi nuovi oppressi ha moglie e figli piccoli, cosa deve fare? Ho conosciuto famiglie che d’inverno rinunciano al riscaldamento e si nutrono solo quando possono piuttosto che chiedere l’assistenza, rischiare l’espulsione e quindi la separazione dai propri cari".